“LA FINE DELLA STORIA” LE ATTUALISSIME TEORIE DI FUKUYAMA
Non lo conoscevo, lo ammetto. Ma ho percorso in questi giorni “The end of History and the Last Man”(“La fine della Storia e l’Ultimo Uomo”) pubblicato dal politologo Francis Fukuyama nel 1992. Purtroppo sembra profetico.
Secondo il professore, il processo di evoluzione socio-economico-politico dell’Uomo ha raggiunto il suo apice nel XX secolo, poi, con il fallimento delle principali idiologie, è cominciata la fine della storia universale dell’umanità in quanto tale, quella storia di supremazia e unità dello spirito ipotizzata da Hegel.
E’ iniziato cioè un tempo molto triste che Fukuyama riassume più o meno così:
il mondo diventerà un gigantesco consorzio mercantile dove si è smarrito il senso della sfida, l’eccitazione dell’imprevisto, la febbrile ansia dello scontro e del rinnovamento. Costretto a confrontarsi con il culto della giovinezza, il vilipendio della vecchiaia, con l’alterazione del senso del tempo, la fanatica valorizzazione del successo, in preda alla difficoltà di credere, comunicare e condividere una qualche fede o un ideale, perso nell’oblio di ogni tensione morale e culturale, l’individuo sprofonderà nell’apatia.
La mia mentore e amica, la rimpianta saggista Serena Foglia, arrivò a parlare di accidia, come peccato fondamentale nella nostra società, intesa come svogliatezza cronica, tiepidezza verso il bene, angoscia mondana, una sosta perenne.
Di fatto per Fukuyama – nipote peraltro di un uomo scappato negli Stati Uniti dalla guerra russo-giapponese del 1905 e internato dallo stesso Paese in quanto giapponese nella seconda guerra mondiale (quanta storia in un solo uomo!) – non è più possibile un’evoluzione in quanto umanità, un corso della storia intelligente, foriero di traguardi estesi a tutti. Il progresso tecnologico e industriale ha determinato la disgregazione dell’ordine sociale, delle forme aggregate di comunità così come le conoscevamo, basate su vincoli di conoscenza personale. Di qui una perniciosa elasticità delle norme di vita e una sorta di mercato biologico, ossia selezione e sopravvivenza delle specie (la rivoluzione eugenetica)
Cosa ci rimane? Il ritorno nostalgico alle tradizioni, la calda coperta della pigrizia mentale e fisica.
Triste conforto, per quanto mi riguarda. Perchè, come scriveva con la sua ineguagliabile vena umoristica, Jerome K. Jerome “Non è divertente far nulla quando non si ha nulla da fare”
” L’ozio, come i baci, per essere dolce deve essere rubato”