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PERCHE’ CI FACCIAMO DEL MALE

Lo scrittore Amitav Ghosh parla dell’attuale crisi culturale della nostra società come di crisi della capacità di credere. Io direi che la faccenda è ancora più seria: sembriamo affetti da autolesionismo collettivo, sensibili all’ebbrezza di una fine che sentiamo avvicinarsi. Un po’ come l’attrazione del baratro per chi soffre di vertigini.

L’Istituto Pio XII sul lago di Misurina (Auronzo) di proprietà della distratta curia di Parma, un’eccellenza italiana nella cura dell’asma, minaccia di chiudere a fine anno per mancanza di pazienti/fondi regionali/buco di bilancio a sei zeri, secondo il solito balletto di notizie poco verificabili dal comune cittadino.

L’indignazione è stata corale, anche grazie all’intervento dello scrittore Mauro Corona e al piccolo contributo del Comitato Save Misurina (http://www.save-misurina.com/ (visita pagina FB) ma la vera domanda è: si farà qualcosa? Riusciremo ad evitare l’ennesimo, assurdo autogol italiano?

Nel nostro Paese, 1 bambino su 10 soffre d’asma. Viste le condizioni climatiche e d’inquinamento del Pianeta si prevede che l’asma sarà una malattia infantile in costante crescita. Centri come Misurina e Davos in Svizzera saranno preziosi. Sempre di più.

Invece, ancora una volta, lo scempio ci viene presentato come una triste fatalità: nessuna responsabilità di amministratori, preti, autorità. Il solito rimbalzo di accuse, promesse e… si vedrà.

Posto che i messaggi di suicidio si dovrebbero scrivere una volta sola, se non altro per un fatto d’educazione e di logica, non potremmo evitare di annunciare la sistematica distruzione, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, di quel poco di buono che ancora resiste e si batte in questo Paese, sia pure depresso, moribondo, barcollante sul ciglio del burrone?


Una petizione on line (disponibile anche su pag. Fb save Misurina), un tentativo di scrivere al Papa… appelli al Governatore… La gente, quella vera, vuole tentarle tutte prima di gettare la spugna. Perché qualcuno ci sta suicidando, con brevi, reiterati messaggi di cordoglio.

IL CAMMINO DI VITA DI CIASCUNO DI NOI

Qualcuno forse ricorderà il titolo di uno dei più bei libri di Bruce Chatwin “Che ci faccio qui?”. Sul filo delle rimembranze, ho seguito quel grido spontaneo e nitido fino all’approdo di una piccola conclusione: forse ogni romanzo in definitiva, in ogni tempo e in ogni parte del mondo, pone lo stesso interrogativo.

Al di là di tutti i temi trattati nella trama del mio “Il problema del mese di aprile”Il Problema del Mese di Aprile (Nuova Edizione 2019) da poco riedito con Amazon, in fondo la questione che già ponevo quindici anni fa era propria questa: “Qual è il nostro percorso?” e soprattutto “Cosa siamo chiamati a fare per allinearci a questo cammino?”

Jacky, la protagonista del mio romanzo, giornalista-scrittrice inglese, ha un’idea precisa del tipo di sacrifici che deve compiere per essere una buona madre, una madre perfetta che all’occasione fa anche da padre al suo bambino (perchè il padre vero è tornato nella nativa Spagna con una nuova compagna). Jacky diventa la casa di suo figlio in una Venezia meravigliosa, a misura di bambino. Pensa che scrivere un libro le basterà per viaggiare da ferma, pensa che sarà felice perchè William, suo figlio, sarà felice. E invece una serie di imprevisti banali la incanalano in vicissitudini che la porteranno a interrogarsi sull’essenza della propria vita.

“Era davvero questa la mia strada?” Quanti di noi se lo sono chiesto, giunti a una certa maturità? Come sarebbe stato se…”
C’è una parte di noi che crescendo ci diventa sempre meno sconosciuta, che si esprime attraverso il corpo e i suoi malesseri, i sogni e i voli della mente. Questa parte – la nostra anima per chi ci crede – rivendica ed esige che amiamo e rispettiamo noi stessi prima di poter amare il nostro prossimo, nostro figlio, nostra madre, nostro padre, nostro marito, nostra moglie. Dice il Buddha nel Samyuita Nikaya “Nell’attimo in cui capite quanto sia importante amare voi stessi, smettete di far soffrire gli altri”. Ho incontrato molte persone “illuminate” in giro per il mondo e mi ha sempre colpito molto il fatto che tutti individuassero nell’amore per se stessi, e poi per gli altri, gli animali, le piante, i minerali, l’Universo, il vero scopo della vita.

Per se stessi, appunto. Sembra facile – ho sempre obiettato – non lo è affatto. Perchè ovvio non si tratta di egoismo, per amarsi sono necessarie comprensione e consapevolezza: tutto ciò che alla protagonista del mio romanzo fa difetto, troppo occupata a piegare la propria natura curiosa e nomade, a sedare i moti dell’anima, a negarsi il diritto alle proprie aspirazioni. Il risultato è un sacrificio poco utile, un regalo d’amore monco, privo di autentica gioia perchè la volontà di amare non basta, non è ancora amore.

C’è un famoso monaco vietnamita che vive in Francia Thich Nhat Hanh che ha toccato forse il punto fondamentale di tutta la faccenda “Conoscere se stessi – dice – è la principale pratica d’amore”
La Jacky del mio romanzo finirà con l’imparare la lezione a duro prezzo, scontrandosi con le proprie illusioni. Noi forse possiamo abbreviarci il cammino, “albergando in noi stessi” al di là d’ogni dolore e paura, osservandoci e accettandoci per ciò che siamo, perchè in questo nostro modo d’essere risiede la traccia del nostro personale itinerario di vita.