QUELLO CHE LE PIANTE CI DICONO: DISPONIBILE ON-LINE

Magnifica accoglienza venerdi’ 11 settembre scorso per il mio primo incontro dedicato al mondo delle piante presso Harmonia Mundi a Roma.
Nel ringraziare Marina e Paolo, le due colonne portanti di questo centro olistico speciale, a due passi dal Colosseo, e il pubblico straordinariamente sensibile alla vastità dell’argomento trattato, desidero condividere il video della serata a disposizione da oggi nel canale You Tube di Harmonia Mundi.

Era un primo assaggio, in vista di un seminario interattivo di life strategies e percorso spirituale, una sorta di degustazione per comprendere l’immenso beneficio che possiamo trarre dal mondo delle piante, in termini di conoscenza, benessere, energia e spiritualità.
“Loro sanno…” come dico sempre, “…e cio’ che sanno è a nostra disposizione, è li’ per aiutarci ad affrontare i tempi difficili che stiamo vivendo, per permetterci di vivere in armonia con noi stessi e gli altri”

Per vedere il video, clicca qui :

 

Dal Messico: A SAN JUAN de CHAMULA (Chapas) LA POLIZIA NON ENTRA

Oscar, l’autista, mi raccomanda di far sparire il cellulare, la macchina foto e di farmi piccola quando entriamo nella chiesa di S.Juan.

Una parola! In mezzo a gente alta un metro e cinquanta, capelli corvini e pelle color tabacco! Ma in realtà a me nessuno farà caso (e infatti qualche fotina l’ho scattata per voi he he…)

 

Questa follia è autentica e tutta loro: di una comunità che parla ancora un dialetto di derivazione Maya, figlia di gente che all’arrivo dei Conquistadores spagnoli, preferì il suicidio di massa.

L’interno della chiesa, priva d’altare ma consacrata cattolica a modo suo – un prete ogni tanto viene portato da San Cristobal a dir Messa per poi tornarsene via a far finta d’ignorare ciò che qui accade – è colorato e kitsch come un quadro di Frida Khalo: ai lati della navata centrale, una sfilza di statue di Santi e Sante rigorosamente separati, con altari e altarini pieni di fiori e festoni.

Ovunque candele in vetro e per terra, a steli lunghi e sottili consumate nei riti degli Shamani. Si cammina su un tappeto di aghi di pino continuamente raccolti e rinnovati, e tutto questo ammorba l’aria fumosa d’incenso, di profumo dolciastro di Natura che appassisce. 

La gente s’accalca ovunque, vestita in modo tradizionale: lunghe sottane nere per le donne e scialli ricamati a fiori sgargianti; gli uomini, col cappello da cowboy indossano cappotti e gilet di lana, pelosa come una pelliccia di fattura grezza, stretti da alte cinture. 

È così tutti i giorni. Intere famiglie s’accucciano per terra attorno al brujo. Sono venuti con il necessario, candele, uova, fiori, un gallo o una gallina.

 

Mi sistemo in un angolo alle spalle di una vecchia shamana. Da poco sono state ammesse anche le donne, ma è l’unica soddisfazione che avrò: in questo paese di 58000 abitanti, la donna deve servire l’uomo, camminargli un passo dietro.

A 13 anni è già sposa.

Vedo madri poco più che adolescenti, con bimbo stretto in una fascia sul ventre.

 

Il rito della bruja comincia.

Bisbiglierà orazioni per due ore, accendendo le candele in fila fino a consumazione. Sulla pozza liquida che si formerà, getterà Posh (un alcool a 60 gradi  che si passano anche per farsi un goccetto!) e Coca-Cola ( chissà perché).

La famiglia ha affidato la sua richiesta alla shamana, queste le prime offerte. Poi la vedo strofinare l’uovo su una donna che le sta accanto, forse malata, infine invoca l’aiuto divino agitandole addosso il gallo…È un attimo, con destrezza spezza il collo all’animale che non emette gemito. Apparentemente il rito è finito.

Oscar mi sussurra che ora andranno al fiume dove la malata, volgendo le spalle all’acqua, getterà il cadavere nella corrente. “Si porterà via il male”.

 

 

 

 

 

 

Mi sento in un posto molto lontano e senza tempo. Fuori, gli uomini “pelosi” mi guardano con arroganza un poco ostile. La mia amica Lucia mi raggiunge un po’ preoccupata:

“Vieni via, qui la polizia non ci prova neanche ad entrare”. “Ah! – lancio una seconda occhiata agli uomini di Neandertal – e se uno ha bisogno d’aiuto, chi chiama? Zorro???”

 

Dal Messico: IL BENE, IL MALE, LA CURA dell’ESPANTO

C’è una curiosa incongruità fra la semplicità genuina e un poco caciarona della gente nei paesi, il continuo Carnevale delle piazze e la profondità del pensiero che regge tutta la medicina tradizionale (precolombiana!). L’idea di armonia mente/anima/corpo per stare bene e la cura dei mali invisibili che ci portiamo dentro.

L’espanto, lo spavento ad esempio, può minare la salute di un individuo e frammentarne persino l’anima.

“Non lo curate in Europa?”. Gudelia è allibita, roba da terzo mondo!

Apparentemente io ne avevo molto bisogno. Nella cera rappresa del rito, la curandera ha letto una serie di traumi secondo lei ancora impressi nel mio subconscio e nel mio corpo cellulare. Alcuni non posso ricordarli, ma me li raccontò mia madre: ad esempio quando a un anno, per la distrazione della tata, caddi dal tavolo della cucina. “Fu più che altro un gran spavento per mia madre – precisai – e per la tata, conoscendo mia mamma deve aver passato un brutto quarto d’ora!”.

Gudelia scuote la testa: “È stato un espanto per te”. Mentre la guardo, ripenso al racconto di mia madre, alla sua paura perché per qualche minuto, come assente, non avevo neanche pianto.

 

Di traumi, ce n’è una serie, alcuni li avrei scritti anch’io in una mia ipotetica lista, altri per me erano minori. Superati.
“No, hanno condizionato la tua vita y el amor también”
“Anche l’amore?”
Gudelia sembra perfettamente al corrente del mio excursus sentimentale.
“Con la cura andrà meglio anche quello” afferma con la sicurezza di un cardiochirurgo.
“Ah sì? Meno male!” rispondo sollevata, mentre mi sdoppio per godermi la scena assurda di me, a diciassette ore di volo da casa, in un buco di villaggio sperduto nello Stato di Oaxaxa, intenta a discutere animosamente dei miei amori con una donna che li commenta senza sconti, come una zia.

 

 

“Ma ora i traumi sono risolti definitivamente Gudelia?”
È sempre il cardiochirurgo a rispondermi: “Si, terminado”

 

Per la prima volta mi sorride e io capisco perché in paese la chiamano segretamente la chimuela (la sdentata), ma guai a dirglielo -m’ha raccomandato il mio amico taxista- sennò s’offende!

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Alla prossima, dal Mexico!

Vuoi leggere altre storie dal messico? Dai un’occhiata ai miei articoli precedenti 🙂

Dal Messico: A TU PER TU CON LA CURANDERA

Gudelia è un personaggio da romanzo. Per quali complicate, misteriose vie del destino mi è stato dato il privilegio d’incontrarla, lo racconterò probabilmente nel prossimo libro. Resta nella mia mente, il piglio deciso e la calma monumentale di questa donna d’estrema povertà, alta una spanna e leggera come un giunco, che sa a malapena scrivere il suo nome, e quel modo di guardarti apparentemente senza intensità, mentre ti dice tutto di te. Tutto ciò che le interessa dirti… La sua storia è semplice e bella. Una nonna curandera dalla quale per 50 anni ha imparato tutto senza farci caso. Poi il grande dolore: la perdita del suo bambino di sette mesi e la “rivelazione” mentre pregava nella chiesa di Xoxocotlan:

“Devi aiutare gli altri, usare il dono per vivere, non per arricchirti” .    

Pero no soy bruja (shamana) soy curandera, practico las plantas y las flores “. Per “la limpia” il famoso rito di purificazione dai mali fisici e spirituali, usa un mix d’erbe che brucia ai tuoi piedi e uova crude, strumenti vivi che assorbono il male. Gudelia mi spiega, mi cura, non tenta di convincermi di nulla. La cosa sembra non interessarla affatto.

Ai miei tanti “perché ” risponde spesso:

“Non lo so, ma ha sempre funzionato”.

E in quel “sempre” io non ho difficoltà a immaginare le curandere delle antiche civiltà zapoteche lassù sulle montagne della Sierra che anche oggi si stagliano all’orizzonte sul cielo di un turchese invincibile.       

 

Ci diamo appuntamento per l’indomani mattina. Mi dirà tanto di più. “E tu mi scriverai il tuo nome per intero – mi dice – perché io continui la tua cura, pregando”.

Il quaderno che mi mostra è a pezzi, tutto sgualcito, perde le pagine. Leggo Paul S. Washington d.c. numero di telefono; Jane W. Ucla CaliforniaTerry S. Huston Texas… Il mio viso è tutta una sorpresa. “Si, sì vengono, mi chiamano anche al telefono!” “Come? Come fanno a conoscerti, Gudelia?” “Non so – risponde calma – ma funziona”.

INVOCAZIONE MAYA PER TUTTI

Cari amici di blog,
In quest’inizio d’anno tutto nuovo, spinta dal vivo interesse suscitato dal mio libro “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” m’accingo a dedicarmi a nuove ricerche. Se le più recenti scoperte scientifiche stanno ottenendo grandi risultati sulla conoscenza del mondo vegetale, non ho mai ignorato infatti, avendolo riscontrato in molti Paesi in Africa, Asia, Centr’America, che popoli molto antichi possedevano già saperi, intuizioni, tradizioni, spiritualità e cosmogonie, capaci di penetrare i segreti più profondi della Natura.

È con questa sete di conoscenza che parto per il Messico, negli stati del Chiapas, di Tabasco e dello Yucatan (culle della civiltà Maya-Tolteca) per apprendere da alcuni dei superstiti depositari di quei saperi qualcosa del senso profondo del nostro esistere in seno alla Pachamama, la Madre Terra. Per questi popoli, oggi come allora, per i curanderos e le curanderas (i guaritori e le guaritrici), gli Yerberos (gli erboristi), gli Hueseros (gli aggiusta-ossa), gli Hechiceros (gli spiritisti) noi tutti siamo parte della più ampia comunità della Natura. E soltanto con le piante, i minerali, gli animali, nella comunicazione con tutti questi elementi è possibile raggiungere quell’armonia necessaria al nostro benessere anche fisico.

Ognuno di noi rappresenta un filo nel grande tessuto della vita. Corpo, mente, energia, spirito dell’uomo sono intimamente connessi alla Terra, perché anch’essa è un organismo vivente cosciente, intelligente, fatto di materia, energia e spirito, capace di autoregolarsi. Le piante sono creature protette, significative, indispensabili, a loro volta nostre guide e nostre guaritrici.

La profondità di queste filosofie risiede tutta nella loro tradizione pratica, nell’educazione all’esperienza della percezione e nella serenità che esprimono anche questi pochi versi che riporto qui sotto, come augurio di semplicità felice per il nuovo anno a tutti noi….

 

 

INVOCAZIONE MAYA

In verità, due volte grazie, tre volte grazie!
Perché fummo creati, perché ci vennero date le bocche e i volti.
Parliamo, ascoltiamo, meditiamo e ci muoviamo.
Sentiamo molto bene, conosciamo ciò che è lontano e ciò che è vicino.
Così abbiamo visto ciò che è grande e ciò che è piccolo sotto il Cielo
e sopra la Terra.
Grazie a voi siamo stati creati, costruiti, formati, originati.
Nostro nonno! Nostra nonna*! ”

*Nella Cosmogonia Maya, Nonni e Nonne sono i grandi antenati, i Creatori-Formatori, il maschile e femminile della Creazione.

Pubblicare indipendente oggi in Italia…che idea!?

La domanda è d’obbligo. E allora perché non affrontarla nell’articolo d’esordio di questo blog? Immagino la diffidenza, la curiosità e la perplessità di molti. Perché pubblicare indipendente oggi in Italia?

Cominciamo a scorporare il quesito: perché innanzitutto aprirsi al self publishing?

Premetto che ho conosciuto più o meno tutto: il premio letterario, la conseguente pubblicazione con un grande gruppo; i Saloni del libro; i piccoli editori; le rassegne letterarie di nicchia; gli incontri con l’autore in provincia e nella grande città, l’horror vacui di fronte ad una platea di tre persone (compreso l’impiegato comunale che ha le chiavi della sala! ) e il folto pubblico delle manifestazioni con radio, tv e valletta abbronzata.

Mi sono fidata e affidata. Ringrazio tutti quelli con cui ho lavorato BENE, BENINO e MENO BENE. Il punto però è un altro: il mondo è cambiato. I lettori sono ovunque, si spostano, viaggiano, si trasferiscono. Chi legge oggi è spesso come me, itinerante, plurilingue, s’informa on-line, appartiene contemporaneamente a più mondi, più comunità, ha figli, fidanzati all’estero, amici lontani.  Che lo voglia o meno, è connesso costantemente a differenti realtà. Le sue curiosità nascono e muoiono in fretta per i più svariati motivi, tali e tante sono le opportunità di conoscenza che lo bombardano quotidianamente.

Di fronte ad una società globalizzata e frenetica, liquida per dirla alla Bauman, l’editoria invece tende a muoversi ancora entro i soliti binari dei media e di distribuzione del passato, privilegiando i territori letterari conosciuti piuttosto che la scoperta di nuove voci. Il povero libraio non è in condizione di seguire tutto “il pubblicato”, né riesce a dare il giusto spazio di tempo e di vetrina ai libri che continuamente vedono la luce (i tempi delle rese agli editori si sono ristretti per non rischiare l’onere dell’invenduto). I giornali tendono a reiterare le recensioni dei best sellers. I premi letterari minori cercano nel nome dei vincitori un’occasione di pubblicità (quando dovrebbe essere il contrario! ). I riconoscimenti più importanti sono contesi (specie in Italia ) dai grossi editori ridotti ad un numero talmente esiguo da sfiorare l’oligopolio.

Pur essendo anch’io romanticamente legata all’idea del volume da sfogliare fra le quattro mura della mia libreria di fiducia (luogo che peraltro ho già perso nelle mie città di riferimento per lasciar posto a negozi di souvenir e rivenditori di telefoni ) valuto positivamente l’opportunità che ci è data oggi dai social media: la vetrina virtuale ci avvicina al mondo dei libri – di tutti i libri, senza esclusione né limiti di tempo! – e consente ponti e opportunità facilmente intuibili da chiunque.

So che gli Italiani sono più riluttanti di altri popoli ad affidarsi agli acquisti on-line e proprio per questo motivo, volevo essere fra i primi autori che aprono questa nuova strada fatta di libertà e pari opportunità per tutti.

Perché questo è l’altro punto nodale della questione, la seconda parte della nostra domanda iniziale:  perché pubblicare indipendente, in Italia?

Finalmente un autore oggi può esprimersi e confrontarsi direttamente con il pubblico: sarà lui e soltanto lui a decretare il buon esito del suo lavoro. E ciò a prescindere dal fatto d’essere un genio della letteratura, d’avere fortuna o un agente che lavora al proprio fianco, o conoscenze nel mondo dei media e della politica, di possedere privilegi di varia natura o d’appartenere a quel certo giro d’intellettuali e professionisti della scrittura che spesso s’onorano reciprocamente di recensioni e ospitate televisive. Certo la competizione resta impari, siamo dei Davide di fronte ai Golia dell’editoria tradizionale, ma la via è aperta. Nulla sarà più come prima.

E più d’ogni altra cosa, confido che forme di collaborazione e passa-parola on-line consentiranno di veicolare, al di là del titolo di un libro, anche tematiche d’interesse globale. Che il mio “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” possa stimolare ad esempio, l’interesse dei miei lettori anche per saggi scientifici e più ostici  sul mondo segreto delle piante e la loro intelligenza, sarebbe per me, fonte di grande soddisfazione. Il lato romantico e pasionario di un mondo descritto sempre come l’arida e gretta palestra di colossi finanziari.