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NIENTE AUGURI, MOLTO DI PIU’

Una preghiera e non un augurio; un proposito e non un desiderio; un’intenzione e non una promessa. In questa fine d’anno…

A TE, con affetto e gratitudine

– Che il bavaglio rafforzi il tuo pensiero, affinché raggiunga le cime degli alberi;
– Che il tuo silenzio sia più potente di ogni replica;
– Che ai tuoi piedi spuntino le ali della tua anima e tu possa raggiungere i confini estremi della tua vita;
– Che il mondo nuovo entri in empatia con te, perché tu non odi più nessuno, nemmeno te stesso;
– Che chi ti vuol male capisca che è inutile, tu sei inarrivabile, come la sorgente del sole;
– Che chi ti ama davvero, sappia, che ogni tua cellula ne avrà memoria, per sempre;
– Che il coraggio ti aiuti a colmare le lacune della vita e ti renda libero dal gioco subdolo dell’ombra;
– Che il sonno depuri la tua anima, quand’è stanca, e sciolga per te i dubbi amari;
– Che tu comprenda che i conti tornano sempre, ma la matematica dell’Universo esige cuori addestrati;
– Che la leggerezza e la gioia scendano su di te, come pioggia di stelle, perché se brillerai, il cielo, tutto, ne sarà inebriato e avrai fatto ciò che dovevi, in questa dimensione e nell’altra.

L’inifinito ti chiama, per andare sempre più lontano…scegli! L’anno non conta.

TUTTI I SEGRETI DI ANNE…

LE MIE PIANTE E IL SEGRETO PIU’ GRANDE  La recensione del Prof. Giovanni Incorvati

prof. di Filosofia del Diritto alla Sapienza di Roma, docente di Bioetica Univ. di Camerino

Il nuovo romanzo di Francesca, prosecuzione del suo precedente Cosa fanno le mie piante quando non ci sono, si presenta esattamente all’altezza delle promesse. La risposta al titolo della prima opera è al fondo del titolo della seconda. La figura centrale di Anne e quelle delle sue piante (tra cui le care Giò e Maria Juana, nel frattempo “defunte”) mantengono la loro posizione nel titolo, con in più l’arrivo tra di loro di due new entry. Ma nell’espressione “le mie piante” ci sono diverse interpretazioni dell’aggettivo “mie”, tra cui occorre distinguere: piante di chi esattamente? Nell’appartamento di Parigi esse continuano tutte a convivere insieme con il lascito di Julien, l’amato artista, compagno di Anne, scomparso tragicamente un anno prima. Dipinti da lui, alle pareti ci sono evidentemente i ritratti di Anne nelle sembianze di ciascuna di loro, e sia gli uni che le altre presenziano, come “testimoni oculari” o “immaginari”, alle nuove notti di Anne, quando la memoria di Julien vorrebbe colmare quei vuoti che continuamente si riaprono in lei.
Le potenzialità di una simile assemblea in miniatura rispetto a questo senso acuto della mancanza sono anche più profonde. Sotto il profilo formale della scrittura, vi corrisponde un’invenzione originalissima. Il cosiddetto “io narrante” non appare più singolare e compatto nella sua apparente identità con l’“io narrato”, come vorrebbe un’affermata consuetudine letteraria, ma tende a identificarsi con un soggetto collettivo a cui fa da portavoce. D’altra parte, l’“io narrato” di Anne impara a conoscere il proprio “sdoppiamento” e l’esistenza di un “terzo occhio”, di un “noi” più vasto, che ha, sì, il compito di prendere con le pinze le idee e i comportamenti di Anne, ma non si limita solo a questo.
In effetti, l’identificazione è non solo con le piante di appartamento, ma anche con gli alberi del mondo: sia con alcuni di quelli tra i più comuni nel paesaggio europeo, sia con altri assai diffusi in America Latina. Ad essi. nel titolo di ciascun capitolo, si accompagnano specie diverse di sensazioni. Al termine del viaggio dentro di sé, alla fine del primo capitolo dal titolo “Sentirsi il noce”, Anne abbraccia questo albero in segno di congedo. Ma, al suo ritorno dal viaggio nel Messico, dopo un lungo trascorrere dal frassino al bambù, al banano e alla palma, l’assemblea narrante la mette di fronte, come recita il titolo dell’ultimo capitolo, al “sentirsi la quercia” e a qualcosa di molto nuovo, al “sogno di costruire”, di abbracciare in grande.
Il climax è raggiunto esattamente al centro del viaggio in Messico e del romanzo stesso, con l’innesto, all’interno del racconto di quel paese e delle sue meraviglie, di un pezzo di realismo documentario à la Flaubert. È il reportage fedele, in parte già apparso sul blog dell’autrice, di un incontro avuto effettivamente da lei diversi mesi prima, che provoca un fulminante corto circuito con l’io narrante e con quello di Anne. Il racconto della visita a Gudelia, la curandera, esperta professionista del prendersi cura di sé e del mondo esterno attraverso antichissime strutture che li interconnettono, annulla immediatamente ogni distanza. All’improvviso i diversi segreti disseminati qua e là sul percorso del romanzo sembrano riunirsi in un punto in cui credi di riconoscere il segreto più grande. La scossa della scoperta ti raggiunge immediata e ti lascia lì, “strabiliato”.
Il flusso di corrente alternata si ristabilirà subito dopo, al rinnovarsi delle esperienze sentimentali di Anne, il cui quadro complessivo, secondo la diagnosi di Gudelia, “era un disastro”. L’abbraccio che conclude l’incontro con lei, con la prognosi dell’importanza crescente della segunda vista, del terzo occhio, avrà ricadute definitive anche in questo campo. La fugace figura messicana di Arnulfo, accompagnatore che è una sorta di “cavaliere inesistente”, farà eco alle persistenti, ma caduche controfigure parigine, quella di Jean, aduso a stringerla con mani “di ghiaccio”, e quella di Marc, evanescente manager in ars amatoria, di cui è solo un praticone. Questo preteso Apollo, sempre pronto a “passare” da Dafne” per strimpellare anche lui qualcosa sulle sue corde, e sempre “senza domande, senza risposte”, si rivela totalmente incapace di recarsela in braccio con vero desiderio. Lei infine si libera, si libra. Ha diritto al futuro.

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IL SEGRETO PIU’ GRANDE DI ANNE

Non sarà mai un Natale come gli altri, questo Natale, ma perché non trasformarlo in una nuova esperienza, a contatto con le piante delle nostre case addobbate a festa?

Se cominciassimo davvero a comunicare con loro, gli alberi e le piante ci farebbero capire quanto questo periodo dell’anno sia prezioso per la Natura, una sorta di laboratorio attivo per prepararsi alla stagione dei nuovi inizi.

L’invisibile energia della Madre Terra veglia su di noi ed è là, a nostra disposizione, in ogni momento della vita, come scopre Anne, la protagonista del mio nuovo romanzo, alle prese con nuove peripezie e scoperte sul mondo delle piante e della loro spiritualità.

E’ con l’augurio di un bellissimo viaggio iniziatico nella dolcezza della Natura, che invito tutte le mie lettrici e i miei lettori a visitarmi in Amazon.it per leggere la scheda del mio nuovo romanzo. Chi ha conosciuto Anne in “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” potrà seguirla nel nuovo e nei nuovi capitoli della sua vita,  fra nuovi amori e passioni, nelle terre di Francia, Italia e Messico. Per il link diretto clicca qui :

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Per un Natale di viaggi, anche solo con la fantasia…

Vi abbraccio! E aprite le ali!!!

BASTAA….COVID! PARLIAMO D’ALTRO

Non ho voglia, mi viene il mal di pancia appena accendo la Tv, apro i giornali on-line, incrocio gente che ansima sotto la mascherina commentando i dati appena sentiti, dando i numeri quindi…

perché di questo si tratta, di gente che dà i numeri, senza nemmeno aver fatto una semplice operazione, perché il numero dei contagiati varia con il numero dei tamponi effettuati, e soprattutto, senza ricordare che in Italia siamo in 60 MILIONI 317MILA con 371000 nuovi casi di cancro solo nel 2019!

Allora, per favore parliamo d’altro!

– Dei neuroni funzionanti in quel cervello vetrificato dall’eruzione del Vesuvio. Idee???
– Dei 59 sarcofagi lignei perfettamente rinvenuti nei pressi della piramide di Saqquara (la più antica!) 2600 anni e i corpi sembrano imbalsamati ieri! Urge aggiornamento dei chirurghi estetici nell’Antico Egitto!!
– Del film “Un divano a Tunisi” con la partecipazione straordinaria di Sigmund Freud! Adorabile…
– Del mio prossimo seminario a Roma “Entriamo nella magia delle piante” ma venite con una piantina, per favore, le dobbiamo fare delle domande urgenti!!!
– Della Mostra di Van Gogh a Padova! Si’ quello dell’orecchio mutilato…per gli amanti della cronaca nera…
Del nostro AMORE col quale faremo un bellissimo viaggio… su uno dei 7 pianeti abitabili, fratelli della Terra, dove ci si potrà baciare finalmente all’aperto!
– Del fatto che il mondo gridi al miracolo perché il Premio Nobel per la Chimica del 2020 è andato a DUE donne!!! Ma…è sicura la datazione della news??? O è il Premio Nobel del 202 d.C.??

OK basta. Ci siamo distratti anche troppo, ricevero’ una multa, “per mancato distanziamento di pensieri, senza maschera!” E già, non possiamo abbassare la guardia!

PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO DI UN’ECOLOGIA COMPLETAMENTE NUOVA

C’è chi protesterà e porterà esempi virtuosi. Ma la verità è che la Terra è al collasso.

Ci sono inquinamenti definitivi di fiumi, aree del mondo invivibili; abbiamo creato un intero, nuovo continente di plastica; bruciamo foreste che non hanno il tempo di ricrescere; sfruttiamo risorse minerarie a un ritmo tale che le stiamo esaurendo; lo spreco dell’acqua non accenna a diminuire.

Eppure il messaggio ecologico non è recente. Movimenti di tutti i tipi sono nati già dagli anni settanta, Il Partito Verde d’Europa o Unione dei Partiti verdi europei è stato fondato nel 2004.

Se una sorta di disneyana sensibilizzazione è stata sparsa nel mondo, poco o nulla è stato fatto nella concretezza. A fronte di una tecnologia ormai da anni in grado di sostituire la plastica con similprodotti naturali e innocui, di riciclare l’acqua, di desalinizzare il mare dove necessario, di fornire energia pulita, di creare barriere vegetali alla progressiva desertificazione, al livello globale non si è cambiato senso di marcia. A riprova, oggi stiamo coprendo la Terra di mascherine non biodegradabili per salvarci la pellaccia dal Covid.

Allora, mi chiedo, cosa non ha funzionato? La risposta che constato nei miei seminari è sempre la stessa: il messaggio ecologico, contaminato dalla politica (perchè non si tratta d’essere di destra o di sinistra) non ha integrato la vera essenza del discorso, il segreto della vita.

Il 70% del nostro DNA è lo stesso di piante e animali, bruciare un bosco dovrebbe farci l’effetto di danneggiarci un rene. La sacralità della vita è la stessa, la sorgente della vita è la medesima. La Terra Madre si comporta come un organismo vivente costituito da materia, energia e spirito, le stesse componenti del corpo umano. La vita di una cellula, di qualsiasi cellula, è compromessa dall’inquinamento e tutte le forme di vita sono collegate. Il nostro sistema immunitario sta diminuendo d’efficacia. Inseguiamo vaccini, perché conosciamo la nostra debolezza, perché i nostri bambini non crescono più a contatto con la Natura, perché abbiamo perso sapienze antiche che trovavano rimedi nelle piante.

Qualcosa nella coscienza collettiva si sta smuovendo. È tardi, ma molto si può ancora salvare per almeno una buona fetta di future generazioni. Cosa aspettiamo? Ogni cambiamento comincia da se stessi, nei comportamenti individuali.

Irrisorio? No, l’effetto moltiplicatore è la chiave del cambiamento. Come dico sempre, se ognuno tenesse una piccola pianta sul balcone, domani, l’Italia, avrebbe un polmone verde in più, 60 milioni di piante nuove a filtrare l’aria che respiriamo.

SEI PRONTO PER IL MONDO NUOVO?

Potrei dividere la gente che incontro in due grandi gruppi: quelli che si augurano che presto tutto torni come prima del Covid, perché non sanno immaginare niente di diverso; e quelli che sperano che il mondo rifletta e cambi, gli idealisti.

Per me il problema si pone diversamente, anzi, non si pone affatto. Non siamo di fronte ad alternative, il mondo è già cambiato, il portale è già stato varcato. La Natura si è già mossa, ha dato allarmi di tutti i tipi; in certe zone del mondo, in certi fiumi, l’inquinamento è irreversibile. Intere specie di piante e animali si stanno spostando, cercando nuovi habitat (sì anche le piante si spostano!) altre soccombono irrimediabilmente.

Courtesy of Victoria Schaal

Nei rapporti umani, durante il lockdown, abbiamo toccato con mano le nostre verità. Spesso amare, talvolta sorprendenti, ma sempre dolorosa necessità di fare il punto sulla nostra vita.

Parlo spesso con giovani di tutte le età, mi piace ascoltare le riflessioni degli adolescenti e dei più grandi, di quelli già entrati nel mondo del lavoro, un lavoro magari già anche perso, per effetto del Covid. Li trovo molto preoccupati, amareggiati e spaventati dal futuro. Tanti dicono di non volere figli, di non avere sogni. Li scopro molto sensibili ai temi legati all’ecologia, ma anche, purtroppo, persuasi che sia tutto inutile, che sia troppo tardi. Li sento interrogarsi sulla direzione da prendere nella loro vita: grandi certezze universitarie sono cadute, i luoghi “culto” della carriera non garantiscono più il futuro né la felicità.

Già la felicità, perché di questo si tratta nel nuovo mondo: osare, trovare la libertà di riformulare – ognuno di noi, a tutte le età – la nostra personale definizione della felicità. Tutte le ricette dei nostri genitori sembrano vetuste, sorpassate da una realtà cambiata per sempre. Ma è proprio in questo vuoto, che bisogna cercare. Ogni distruzione offre spazi di ricostruzione.

E questa volta, ragazzi, sarà una costruzione libera! Niente più obblighi morali di ripercorrere i passi di chi ci ha preceduto, se non ci sentiamo davvero chiamati a farlo, niente più pregiudizi fra lavoro manuale e intellettuale, il nuovo può rivisitare l’antico e assaporarlo con occhi diversi e competenze più alte. I soldi non saranno più il solo criterio per le nostre scelte.

Nella Torah si dice: Tutto in Natura nasce da un atto di rottura. Allora davvero, scegliendo di vibrare in modo diverso, possiamo cambiare il corso dell’umanità, di quella fetta d’umanità, perlomeno, disposta a reinventarsi con generosità, a cedere il passo ai giovani più capaci, a riscoprire l’autenticità, il rispetto per l’Ambiente, la gioia d’appartenere ad una comunità che possieda le nostre stesse vibrazioni alte.
Ce la faremo? Dipende da noi. Il primo passo è crederci. Perché per quanto possa sembrare improbabile o presuntuoso, come il mio Maestro mi ripete sempre: “Tutto ciò che fai, è per tutta l’umanità”

SHINRIN-YOKU o BAGNO DI FORESTA: UN PRIMO ESERCIZIO FACILE DA FARE

Il Forest Bathing sta diventando di moda, e questo in genere mi preoccupa, perché la mediatizzazione spesso rima con banalizzazione. Ma il fondamento della scoperta giapponese è serio: la pianta è benefica a livello elettromagnetico per la salute dell’uomo.

Una passeggiata nella foresta per 3/4 ore è in grado di modificare i parametri principali del nostro organismo e abbassa lo stress, con effetti misurabili sul sistema ormonale. Tre giorni nel bosco con 10-12 ore di cammino alternato a stazionamento regalano un rafforzamento del sistema immunitario del 50% per un mese.

Questo perché gli alberi emettono campi elettromagnetici (più o meno potenti a seconda della grandezza del tronco) biologicamente affini a quelli umani, che quindi interagiscono con il nostro. Ogni pianta sembrerebbe avere una sua specificità e influire particolarmente su certi nostri organi. Il faggio per esempio è molto benefico per sistema nervoso, linfatico, ovaie e prostata.

Ma attenzione! Dal come si va nel bosco, dipende molto l’efficacia dello shinrin-yoku. Lasciamo a casa la musica per favore, la radiolina con le partite di pallone, le discussioni di famiglia. La disposizione d’animo di chi va nella foresta, dev’essere quella di un ospite rispettoso.

Ecco un esercizio facile e iniziale da fare, meglio se da soli, allontanandosi un po’ gli uni dagli altri:

Trova un luogo, uno spiazzo, una cima…scegli un albero, d’istinto. Non per forza il più bello, il più maestoso. Fai due o tre respirazioni profonde, in silenzio, ad occhi chiusi. Poi aprili e scegli il tuo albero. Avvicinati, osservalo, sulle fronde, l’ampiezza delle radici, le chiome. Lasciati osservare da lui. Siediti, poggiando la schiena sul suo tronco. Resta. In meditazione, se puoi, o in completo riposo. Lasciati venire tutti i pensieri, piano piano sentirai che rallentano.
Quando ti senti pronto, alzati. Poggia le mani sul tronco dell’albero. Chiudi gli occhi. Preparati al passo successivo: abbracciarlo con tutto te stesso. E’ un atto coraggioso, non sarà facile. Ti sentirai ridicolo, avrai il timore d’essere giudicato da possibili testimoni, ma se vinci la prima ritrosia, accadrà qualcosa di bello. Abbraccia il tronco dell’albero e chiudi gli occhi. Ti sentirai accolto – ad alcuni sembra di riabbracciare un padre o una madre o un essere caro che non c’è più, ad altri di riappacificarsi con qualcuno – poco a poco le tue barriere di difesa cadranno, ti lascerai andare alla pace o a un’emozione che ti opprimeva il cuore. Se vuoi, puoi affidare un pensiero, un dolore, una preoccupazione al tuo albero. Gli Aborigeni lo facevano durante tutta la vita. Avevano un loro albero e al momento della morte lo raggiungevano, quando era possibile venivano sepolti ai suoi piedi. Quando ti senti pronto a tornare alla tua vita, congedati, ringraziandolo.

Tu non lo sai, ma hai assorbito il campo magnetico del tuo albero e gli hai dato il tuo. Una piccola parte della sua pace e armonia è dentro di te. Fanne buon uso.

TUTTI PAZZI PER LORO! LA BIOFILIA

Sembrerà relativo e minuscolo nella situazione mondiale che stiamo vivendo, di fronte a prospettive future sempre più catastrofiche, eppure sono certa che ha un peso. La percezione della realtà, sta cambiando. Eduard Wilson parla di biofilia sempre più diffusa, perché l’amore per la vita e la Natura è un’ esigenza neurologica dell’uomo.

Di recente, a una cena, un signore che conoscevo per la prima volta, mi ha raccontato che dovendosi assentare per due mesi, aveva affidato la sua pianta – appartenuta alla madre che non c’è più – a un amico, vicino di casa. Al suo ritorno, l’amico in questione tergiversava, cercando di persuaderlo a lasciargliela: “Guarda come sta bene qui!” diceva. Per il mio commensale pero’ quella pianta aveva un valore affettivo. Allora era andato a comprarne un’altra della stessa specie per il vicino e tutto contento, si era riportato a casa la sua. “Dalle un nome” mi ero limitata a consigliargli, pensando un secondo dopo che tutto questo, solo qualche anno fa, sarebbe stato impensabile.

Mia figlia in Martinica ha una grande kenzia che ha chiamato in mio onore Francesca. Appena comprata, era già molto bella, ma a distanza di sei, sette mesi è diventata magnifica. Tanto che un giorno, una signora in visita, se n’era talmente innamorata da chiederle se gliela voleva vendere. Mia figlia aveva risposto: “No, non la venderò mai! La prova, la chiamo per nome, Francesca” La signora, per nulla scandalizzata, aveva reagito perfettamente in linea con lei: “Capisco benissimo, la mia si chiama Monique”

In Asia, non avendo molto a disposizione, mi hanno insegnato a nutrire e riparare la mia pelle dal sole, con il gel ottenuto da una foglia di aloe vera. Molti dunque si tengono una di queste piante a casa. Oggi a Venezia, ALOA, la mia aloe vera, mi consente di fare una buona maschera per viso e capelli appena ne ho bisogno (bisogna prendere la foglia più esterna, quando ne spunta una piccola e nuova, al centro). La pelle è rigenerata, compatta e i capelli, specie le punte, hanno più consistenza.

Il riavvicinamento alla Natura, all’attività fisica è un fenomeno largamente riscontrato. Una nuova spiritualità, come esigenza di prestare attenzione a sé, agli altri esseri viventi – siano animali, piante, persone – si sta diffondendo silenziosamente.

Molte sono state le circostanze, in questi ultimi due anni, in cui gente “insospettabile” mi ha chiesto di provare a fare meditazione: spesso, senza accorgersi che già la fanno, in tanti modi, camminando nel parco, correndo, dipingendo, giardinando, nuotando e facendo yoga.

Sta cambiando il modo di nutrirsi, per lo meno cominciamo a porci le giuste domande e a usare nuovi vocaboli, per abbracciare un concetto più ampio di comunicazione. Soprattutto, forse, cominciamo a comprendere ciò che Leonardo da Vinci andava ripetendo: “Scruta la Natura, là c’è il tuo futuro”
Ancora poco, si dirà, ma avanziamo. Avanti tutta!

UN NUOVO MODO DI LEGGERE AL TEMPO DEL CORONA VIRUS

So già che molti lettori, quelli veri come me che divorano anche cinque/sei libri in un mese, avranno da obiettare. Il libro è un incontro anche tattile: la grammatura della carta, l’odore, la copertina (un tempo, anche per noi scrittori era un vanto averne una rigida!) e poi la possibilità di sottolineare, scribacchiarci a latere… in un rapporto quasi intimo. Un libro ti accompagna, per un po’ diventa quasi un diario. Una cosa tua.
Poi i tempi sono cambiati.

Abbiamo cominciato a viaggiare con bagagli microscopici. Nei voli law cost, come tanti, ho elaborato tecniche da spia per evitare di metterli nella valigina che ospita già a malapena un cambio e due mutande. Misteriose tasche interne che ti fanno assomigliare all’omino Michelin, volumi incastonati sotto le ascelle mentre passi il check in, false buste duty free con rivista esplicativa di come fare una tovaglia all’uncinetto mi hanno permesso il trasporto clandestino di una piccola scorta di libri in ogni parte del mondo. Ma ora il virus… cosi’ abile da insinuarsi anche fra le pieghe di un pacco postale, sembra averci momentaneamente fregati tutti.

È per questo che ho ceduto anch’io. Ho pensato di aprirmi all’e-book, sia come fruitore che come scrittore. In un istante lo compri ed è tuo, in tablet/cellulare/computer. E per dimostrare che comprendo che non è la stessa cosa, ho voluto offrire il mio romanzo a soli 2.99 Euro !!!

Mi piace pensare che nessuno rischierà la vita per recapitarlo e riceverlo; mi piace pensare che accompagnerà le giornate tutte uguali di qualcuno in questa quarantena sempre più lunga; mi piace pensare che forse la mia storia arriverà alla persona che senza saperlo l’attende, perché come scrive Gabrielle Zevin “Bisogna incontrare le storie al momento giusto (…) Questo è vero nei libri e anche nella vita”; mi piace pensare che un racconto d’amore, di piante e Natura possa distrarre dai bollettini plumbei dei tg e trasportarci già a domani, a quando vivremo tutto di persona e ancora meglio, meglio e di più… molto di più…

Buona lettura e buona vita !

QUELLO CHE LE PIANTE CI DICONO… Roma 6 Marzo

Francesca Schaal Zucchiatti
QUELLO CHE LE PIANTE CI DICONO…
Workshop interattivo e meditazione dell’albero
ROMA 6 marzo 2020 ore 19.00 – 21.00
LIBRERIA HARMONIA MUNDI

via dei Santi Quattro,26A http://www.harmonia-mundi.it

Prenotazione obbligatoria – in regalo ad ogni partecipante il romanzo
“Cosa fanno le mie piante quando non ci sono”

“Se solo potessero parlare, chissà cosa ci racconterebbero” sento spesso dire, ma non è esatto. Le piante ci parlano già, comunicano già con noi e fra di loro, prendono continue decisioni per il bene comune, soffrono e gioiscono, partecipano alle nostre gioie e alle nostre pene e ci possono insegnare come vivere…

Attraverso mille curiosità scientifiche e non, visitando il racconto di cosmogonie antiche legate alla Madre Terra, esploreremo alcune delle 12 Regole di vita delle piante, insegnamenti saggi, pervasi di spiritualità ma applicabili anche alle nostre scelte di vita quotidiana. Riconoscendo ed affidandoci al nostro “personale albero” impareremo a comprendere il legame straordinario e profondo che ci lega al mondo vegetale, a quello dei boschi e delle foreste, ma anche a quello più comune che vive con noi tutti i giorni, nelle nostre case, nelle nostre città.

E sarà più facile allora, eseguire la meditazione dell’albero ( https://www.youtube.com/watch?v=TMyofTe3U1g ) in modo collettivo, lasciando che il nostro respiro accolga, nel rallentamento, la serenità delle piante, liberandoci dalle emozioni e dall’aggressività che dominano il nostro Ego e inaugurando così un modo consapevole di vivere – in coscienza piena – con gli esseri viventi più antichi e saggi del Pianeta.
Vi lascio con una sura del Corano che mi ha fatto molto riflettere. Attraverso la bocca del Profeta così recita:

Noi abbiamo proposto il nostro segreto al cielo,
alla terra e alle montagne;
tutti hanno rifiutato di farsene carico; hanno tremato all’idea di riceverlo.
L’Uomo l’ha accettato. È un incosciente e un violento. (33,72)

 

 

https://www.harmonia-mundi.it/eventi/quello-che-le-piante-ci-dicono_2020-03-06%20prenotazione%20obbligatoria

A VENEZIA È LA SPERANZA CHE RISCHIA DI AFFONDARE!

In questi giorni, la grande cassa di risonanza mediatica del dopo alluvione del 12 novembre, ricomposta in una sbadata partecipazione alle recenti, parziali prove del Mose, ha salutato l’esito del Referendum sull’autonomia di Venezia – peraltro ignorato e boicottato – con un’asciutta presa d’atto che le cose sono andate come matematicamente previsto: la città resta legata mani e piedi a Mestre e alla Terraferma.

Pochi – si dirà – i Veneziani “di VeneziaVenezia” che hanno votato e giù a dire che ce la cerchiamo la decadenza della nostra città! Ma ai miei cari lettori che non sanno com’è viverci e a quelli che lo sanno fin troppo bene, io dico che invece li capisco, eccome!

Abitando Venezia da decenni, pur non essendoci nata, sento profondamente il senso di sfiducia e di abbattimento dei miei concittadini.

Spossati da quindici giorni consecutivi di acqua alta durante i quali hanno pulito senza sosta dopo ogni allagamento e subìto l’ennesima ondata e ripulito – perché il tempo incalza e i turisti di Natale arrivano e il salso si radica su tutto e il suo tanfo pure – dopo le promesse, la sfilata dei politici con gli stivali, i selfie divertiti di gente che non sa neppure quali monumenti visita, i Veneziani non ne possono più, non credono più, non sanno più cosa sperare, chi ascoltare. È questo l’affondamento più pericoloso della città!

Lo svilimento che ti prende in quest’arrabattarsi delle istituzioni, del grottesco corteo dei profeti di sventura, dei cosiddetti esperti “del senno del poi”, degli stranieri con le soluzioni di altri Paesi ben lontani dalla nostra laguna, è diventato parte della vita quotidiana di calli e campielli, un chiacchiericcio lontano, sussurrato, come una nebbia che ogni tanto si dirada.
Che fare? Se non resistere, riparare i danni, vivere, aiutarsi, commuoversi ogni volta che succede…


La speranza, l’utopia, sarebbe togliere Venezia all’inerzia e all’ipocrisia tutta italiana delle soluzioni univoche e miopi, ai “soliti” con le mani in pasta, trasformandola in un luogo protetto, super partes, con uno statuto speciale, internazionale che ne faccia un gioiello e una responsabilità di tutti… ma forse, questo, lo auspicavano anche gli abitanti di Atlantide.

LA VOCE DEGLI ALBERI E I BAMBINI

Domenica 29 settembre ho avuto il privilegio di animare un workshop con una nidiata di bambini ( Health Academy for Kids dai 6 agli 8/9 anni) al Parco Naturale delle Risorgive di Codroipo. Si trattava di scegliere in ultima analisi il proprio albero amico. E come fra esseri umani, per farlo, bisogna conoscersi, confrontarsi, piacersi.

Sì perché – come spiegavo – gli alberi hanno una loro personalità, frutto della loro stessa fisicità, delle abitudini, modo di vivere e persino della loro storia.

Il frassino si porta sulle spalle una reputazione simbolica pesante che lo vede asse dell’Universo che lega Terra, Cielo e mondo sotterraneo; l’edera, accusata d’essere una parassita “scroccona” è al contrario, un’amica fedele di tutti, perché fiorendo tardi, offre polline alle api prima dell’inverno, agisce contro l’inquinamento, e protegge la corteccia degli alberi da gelo, fuoco, animali, eccesso d’umidità; e che dire del pratico, chiacchierone pioppo che, per la tradizione, tiene lontani i ladri e le dicerie… Il salice è stato adottato da qualche bambina dolce perché è malinconico, lunatico e tende a buttarsi giù. Nessun effetto traumatico nei bambini, nell’apprendere che il ciliegio era scelto per fare harakiri dai Samurai.

Imperturbabili, i piccoli non hanno pregiudizi né grande compassione. Sono come noi, ma senza filtri, senza ipocrisie e atteggiamenti di circostanza.
La magia, in giovanissima età, è assoluta normalità e la realtà è magica.

La meraviglia dei genitori era superiore alla loro, quando toccando Plaguita, la piantina di mimosa pudica, questa ha ritratto immediatamente le foglie per proteggersi. Dopo un OHHHH con le bocche a cuore, i bambini erano già pronti a tentare di fermare le rapide acque di un ruscello con semplici rami.

La forza creatrice del pensiero è una qualità innata nell’uomo, “vedere e immaginare” sono due doni limitrofi, in un sistema di vasi comunicanti che purtroppo tendiamo a perdere crescendo.

Ricordarci come eravamo può aiutarci a integrare quelle parti di noi ancora disposte a credere nei sogni e nella poesia, ad essere genitori meno apprensivi e più magici, ad accettare la personalità dei nostri figli così com’è, pur insegnando loro educazione e rispetto degli altri.

E se non funziona, possiamo sempre chiedere aiuto agli alberi! Un rametto di ontano in casa allontanerà l’ansia, la salvia scaccerà gli incubi, e se avete un bulbo d’asfodelo piantatelo davanti casa, vi proteggerà dai sortilegi maligni!

“Solo i bambini sanno quello che cercano” Le Petit Prince (Antoine de Saint-Exupery)

AMBIENTE=NATURA+SPIRITO

Si parla spesso di crisi di valori, disamore per la vita, abbandono delle grandi religioni monoteiste, tramonto delle idologie, degrado delle relazioni umane, materialismo…tutto vero, sebbene non siano sempre condivisibili le analisi che ne individuano le cause. Tutto fisiologico anche, in una società che corre, evolve, procede, inciampa, facendo i suoi sbagli.

Ciò che sorprende però è l’assoluta, sostanziale cecità dei potenti di fronte ai problemi ambientali. Un’ottusità, non soltanto figlia dell’avidità, della sete di potere, ma anche frutto di profonda ignoranza, quasi un non rendersi conto che, oltre all’oggettivo rischio d’estinzione della nostra civiltà, sono i bisogni intimi dei singoli individui ad essere cambiati.

Ci sono voluti i mega incendi di quest’estate perché il Papa invocasse il rispetto della Natura (peraltro con enfasi diversa a seconda che si tratti di fuochi di Bolsonaro o di Maduro!) appellandosi tuttavia a un Dio Creatore sempre posto in alto, da qualche parte, a guardarci da spettatore. Dall’altra parte i giovani di tutto il mondo scendono in piazza “contro i cambiamenti climatici” come fossero la scelta di qualcuno.

Io non sono totalmente d’accordo: i cambiamenti climatici sono anche parte dell’evoluzione della Terra, un organismo vivo, pulsante, cosciente (“respira come un essere umano, dicono i miei amici sciamani, e segue il proprio ciclo di vita”) messo a dura prova, certo, dall’azione scellerata dell’uomo.

E il problema è proprio questo: non riconosciamo più alla Terra Madre la valenza spirituale che tutte le grandi civiltà del passato le accordavano. Se non ripartiamo dalla sacralità della Natura nel suo complesso e nelle sue singole componenti – piante, animali, pietre – ciascuna con un proprio spirito come affermava Gustavo Rol, nessun movimento ambientalista, per quanto agguerrito e ben nutrito dalla paura, riuscirà davvero a cambiare il nostro modo di vivere sul Pianeta.


Se non riconosciamo nel singolo albero la manifestazione piena della matrice stessa dell’Universo, non scatterà la molla dell’Amore, il vero motore di questa rivoluzione. Ma ciò significa tornare anche a un modello di spiritualità individuale, libera, sganciata da dogmi, filtri e gerarchie ecclesiastiche, una religione del cuore che rispetti e ponga sullo stesso piano, corpo, mente, energia, spirito.

Accedere a un livello di coscienza superiore, questo ci riallineerà al movimento del cuore della Terra e modificherà davvero il nostro modo di vivere.

LA NATURA…NON AMATELA GRAZIE, RISPETTATELA

L’estate che sta finendo è stata terribile per la Terra. Il fuoco imperversa ancora in tutti i Continenti (eccetto l’Antartide, i cui ghiacci stanno peraltro fondendo) in Amazzonia, in Siberia, a Giava, a Sumatra, in Congo, in Angola etc.

Flames burning wood in the night on blue (byVictoria Schaal)

Intanto le nostre comode vite continuano a girare: Di Caprio offre 5 milioni di dollari per l’Amazzonia e riprende a svolazzare nel suo inquinante jet privato. Come biasimarlo? Siamo tutti in contraddizione, siamo tutti “impegnati a metà”: adoriamo i nostri animali e buttiamo la cicca della sigaretta per terra; vogliamo mari puliti per nuotarci d’estate e compriamo detersivi sempre più potenti da riversarvi dentro; aderiamo alla moda dei “bagni di foresta”, ma beninteso ci andiamo in suv!

Amiamo la Natura. Ne siamo convinti tutti. Ma la realtà è che l’amiamo a pezzi, a episodi, a zona (come la famosa dieta!) identificandola di volta in volta con un’emozione precisa, definita. Solo per noi, naturalmente!
ERRORE! La Natura, né buona né cattiva, ci rispetta. Non ci ama, non ci odia, semplicemente vive. E preservando se stessa, ci aiuta. O meglio, ci aiutava! Perchè ora qualcosa è cambiato: la Terra si sta trasformando energeticamente (la risonanza Schuman registra un nuovo picco, con ennesimo indebolimento dei campi magnetici e conseguenze climatiche gravi).


Poco le importa se non abbiamo capito e continuamo a non capire. Soccomberemo se non sapremo trovare un equilibrio, una coerenza seria, una maturità nuova nella gestione della nostra vita.
No, Niente amore, per favore! Il rispetto autentico, umile e costante sarebbe già un grande risultato!

IL CONTAPASSI,LO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE E DEI GHIACCIAI

Ieri una signora seduta su una panchina contava tutta fiera i passi che aveva “coraggiosamente” compiuto intorno al Lago di Misurina. Io stavo leggendo dello scioglimento delle Camere e dei ghiacci, dell’Amazzonia, il polmone del mondo, drammaticamente in fiamme, scuotendo la testa disperata. La scena mi sembrava surreale.

courtesy by Victoria Schaal

Hill with trees about to burn in red, orange wildfire (V.Schaal)

Io non voglio contare i passi. È terribile tener conto dell’avanzare. Specie quando è illusorio. Quale malefica forza ci spinge a tenere la contabilità di tutto ciò che facciamo, diamo, riceviamo?

Signora, l’energia va spesa, il corpo usato, il cervello impiegato, il cuore donato, l’anima coltivata. Il tempo rielabora e comunque divora, allora perchè contare?

La combustione triste dei nostri giorni (contati, quelli Sì!) sembra la foresta amazzonica che brucia. Nessuno ci restituirà quei passi, ma non vanno nemmeno contati, sono stati un piccolo viaggio. Memorizziamo quello, invece della cifra delle calorie spese, delle scarpe consumate. Impariamo invece a distinguere la gravità irrimediabile di ciò che ci accade intorno.

 

Signora, conti le stelle, conti i governi “del cambiamento” che si susseguono senza una minima visione di futuro, conti gli alberi che non ci sono più, l’ossigeno che diminuisce, conti i ghiacciai che scompaiono, che i nostri figli e nipoti non vedranno mai, conti il tempo che ha perso a contare… e a far finta che è una bella giornata soltanto perchè lei ha bruciato le calorie di una fetta di torta.

FORZE DIVERSE PER COMBATTERE IL FUOCO DI SIBERIA

È notizia di poco tempo fa: gli sciamani di Siberia si sono riuniti per mettersi in contatto con la Madre Terra e con le energie dell’Universo e invocare il loro aiuto in modo da fermare l’apocalittico incendio che sta divorando le foreste.

Anche i Buddisti hanno annunciato di voler pregare le forze della Natura, chiedendo a tutti d’inviare le coordinate geografiche delle centinaia di focolai che si sono scatenati in pochi giorni.

Un pezzo di Siberia, grande quanto il Portogallo è già andato in fumo. Il grido di dolore degli alberi è avvertito da tutte le forze spirituali del Pianeta, mischiato al solito drammatico balletto di notizie che denuncia la fusione dei ghiacciai del Polo Nord, le contaminazioni nucleari nel mar del Giappone e in Russia, le ondate di caldo record nel mondo, il super tifone in Cina, l’aumento della presenza di tonnellate di plastica nei mari, l’epidemie di malattie negli alberi. Insomma l’Apocalisse delle Sacre Scritture.

Ai più scettici può sembrare un’ingenuità, personalmente sono fra quanti si rallegrano di constatare una certa evoluzione da parte dell’Umanità. Parlo di evoluzione perchè finalmente l’uomo comincia a capire che può/deve riappropriarsi delle proprie capacità ancestrali.

“Tutti i problemi nascono dalla perdita di frammenti d’anima, anima intimamente connessa con le forze della Natura” mi hanno spesso detto gli sciamani di mezzo mondo. La causa di questa perdita è sempre la paura, la conseguente arroganza del controllo, la volontà di dominio. La nostra società nella sua totalità ha perso il contatto con la propria parte invisibile, divina, spirituale. La preghiera, la pratica dei mantra, la meditazione individuale e collettiva, altro non sono che un’attivazione di energie “alte” proprie a tutti noi.

“Le nostre certezze mentali in verità sono le nostre più grandi bugie” sosteneva F. Nietzsche. Ed è sulla base di queste certezze che deprediamo e avveleniamo il Pianeta.

È interessante notare come in questi riti ci sia sempre una nozione di purificazione. Gli sciamani aiutano a cacciare gli spiriti malvagi cioè le idee negative. Potentissime, perchè (come le positive) “creatrici della realtà che viviamo”. Queste idee non sono nostre, sono ciò che già la tradizione greca antica cosiderava “Idola” forze spirituali, il Male.

Nell’attuale visione sciamanica del mondo, queste energie negative e basse hanno preso il sopravvento perchè abbiamo tradito il patto con la Natura, abbiamo interrotto la pratica di tradizioni ancestrali e dimenticato l’umiltà (di qui il ruolo delle offerte simboliche alla Madre Terra).

Ora la buona notizia è che una sempre maggior fetta di popolazione sta riaprendo le porte di un invisibile che è già dentro di noi, connesso al cosmo, causa-effetto assieme, perchè privo del dualismo che permea il mondo materiale e mentale. Basterà a fermare la corsa alla catastrofe? Di sicuro c’è la certezza che ognuno di noi può e deve fare la sua parte. Sì ciascuno, con le proprie forze e capacità. Come insegna la Natura in ogni sua minima, perfetta manifestazione.

ORRORE NAZISTA E POESIA: L’ALBERO DI GOETHE

Avete presente il campo di concentramento di Buchenwald in Thuringia? Qualcuno forse, come me, lo avrà visitato con la scuola, di certo in molti lo hanno visto in film e documentari…

Si trovava sul fianco di una collina brulla, sferzata dal vento che d’inverno era glaciale. Ovunque filo spinato elettrificato. Le baracche allineate in un tetro ordine da avenue si mescolavano a caseggiati più grandi: quello della sala delle docce per la disinfestazione e l’ampio edificio del cosiddetto “servizio di patologia” con l’infermeria e i laboratori. Su tutto svettava il forno crematorio.

In mezzo a questo inferno, pochi sanno che vicino alle cucine, c’era un albero, un grande faggio. Fu pietosamente conservato perchè Goethe era solito venire a passeggiare da queste parti, nei dintorni di Weimar, per pensare e scrivere.

E’ difficile immaginare due momenti della storia tanto lontani e inconciliabili. Eppure quell’albero è stato testimone di atrocità e orrori quanto della più alta forma di creatività dell’uomo.

La morte per genocidio e l’immortalità dell’arte hanno alimentato il silenzio interiore di quel faggio e sarebbe bello potergli chiedere, a questo punto: “Qual è il significato della vita?” Probabilmente risponderebbe come il monaco buddhista Mumon Yamada “La vita non ha nessun significato e nessun non-significato, bisogna viverla!”

P.S Fino al 30 giugno “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” è in offerta a soli 8 euro. Per comprarlo clicca qui: https://amzn.to/2XCJ48Q

LA VERITA’? L’ECOLOGIA NON AVANZA

Parliamoci chiaro, tutto è utile. Va bene tutto per sensibilizzare: l’ex sindaco di Londra che tira lo sciaquone una volta sì e l’altra no; la pallida Gretina con le trecce che salta la scuola il venerdì (o è il giovedì?); le borse biodegradabili del supermercato che ti si bucano prima di arrivare a casa (e chi vive fra i ponti veneziani come me, si diverte un sacco!).

Ma diciamoci la verità, a livello internazionale, ragionando in termini di politiche e grandi numeri, non si sta facendo nulla. Al contrario, la situazione peggiora.

I Conservatori in Autralia hanno vinto le lezioni grazie ai voti del Queensland, terra dei più grandi giacimenti di carbone al mondo, alla quale si è garantita la piena attività lavorativa e inquinante.

Gli accordi di Parigi del 2015 che prevedevano la riduzione di emissioni di gas serra sono stati disattesi da Trump e dal Brasile di Jair Bolsonaro e di fatto da molti altri Paesi, i cui governi, secondo i generici accordi, avrebbero dovuto tradurli in effettive azioni per ridurre i gas serra e limitare il consumo energetico.

A dispetto di tutte le effettive scoperte di alternative possibili biodegradabili e naturali, l’Europa è il secondo produttore di plastica al mondo dopo la Cina. Il 95% dei rifiuti del Mediterraneo è composto da plastica. La bella notizia s’aggiunge alle famose 5 isole flottantes che già vagolano sugli Oceani.

Nel frattempo, il clima impazzisce, le api muoiono, il Pando (o trembling giant) la pianta che si autoclona da 80.000 anni, da più di 30 ha smesso di espandersi.

Per carità, sono fra quelli che postano su Fb tutte le buone notizie che riescono a scovare in giro per il mondo. Ne ho bisogno, per non vedere morire ogni giorno di più la speranza di lasciare una Terra abitabile ai nostri figli e nipoti –  e in molti hanno compreso e agito per un cambiamento – ma in tempi pre-elettorali europei stupisce la sostanziale indifferenza dei vari partiti politici nei confronti di un allarme rosso che sta lampeggiando da almeno quattro anni.

Insomma la casa è in fiamme e noi, giulivi e contenti, ci scattiamo un selfie con Gretina, facciamo pipì senza tirare l’acqua, fieri – fieri! – d’aver gettato ancora una volta la nostra immondizia in strada, ma rigorosamente in borse di plastica biodegradabile!

OLIMPIA ATTANASIO E I SUOI PESCI OUT OF WATER

Non è facile delineare un ritratto dell’artista Alice Olimpia Attanasio (in Mostra a Venezia dal 6 maggio al 16 giugno Hotel Savoia & Jolanda Riva degli Schiavoni 4187). Forse perchè le donne, da sempre, debbono comporre e ricomporre diversi aspetti della propria personalità e per natura sono portate a una molteplicità di modalità espressive.

Dopo studi artistici all’Istituto Europeo di Design, i primi lavori di pittura esposti nelle gallerie milanesi, le installazioni in resina e caramelle che le valsero una curiosa notorietà negli ambienti artistici d’avanguardia, Olimpia sembra tornare all’artigianalità di materiali semplici, duttili al tocco delle dita. Quasi un ritorno contro corrente a un’arte fruibile. Un coraggio tutto femminile, aggiungerei, in un mondo artistico che cavalca sempre più il meccanismo dello stupore e dell’evento appariscente. “Ed è molto più difficile vendere una donna che un uomo” aggiunge a chiosa di una nostra riflessione, in tono spiccio ed efficiente, da milanese doc.

O forse è complesso parlare di lei, perchè, da matura trentenne, Olimpia appartiene ad una generazione nata nei favolosi anni ’80 e immediatamente “tradita” dall’evolvere deludente di un mondo in affanno.
Non a caso la sua Mostra s’intitola Out of water e colleziona in forma di pittura e – ancor più felice – di scultura, tutta una serie d’animali marini “pesci fuor d’acqua” agonizzanti e sorprendenti.

Forme primitive in argilla e cemento, o ceramica e cemento, sembrano provenire dalle origini primordiali della Terra ed essere mal evolute a causa d’inquinamento e trasformazioni climatiche, costrette a fuggire dal loro stesso habitat, a combattere contro l’invasione della plastica in una lotta che è anche contro il tempo.

“Sono francamente preoccupata – conferma Olimpia – per temperamento e con l’esperienza ho imparato a lasciar scorrere le cose – ma il tema dell’ecologia mi preme”.
Bella, la grande pacifica tartaruga bianca che reca sulla corazza la scritta fighting; struggenti i pesci spiaggiati, catturati in un momento di trapasso fra vita e non-vita, come calchi di Pompei.

 

Con candore, Olimpia sembra ondeggiare fra l’ingenua bellezza della sua gioventù, protratta e sublimata dalla sua esistenza libera d’artista e l’inquietudine di fondo riflessa e testimoniata da una generazione che tende a rimandare scelte definitive, cogliendo la singola esperienza nella sua preziosità, senza inserirla per forza in una strategia di vita o di carriera under control.

 


Non sorprende dunque che il percorso di questa ragazza minuta e sorridente, calma e decisa si dipani fra Mostre in mezzo mondo a Milano, Roma, Berlino, Shangai, San Pietroburgo e torni placidamente a parlarmi del giardino d’affaccio del suo studio milanese. “Non pensavo mai, è mia madre la grande esperta di piante in famiglia, ma ora mi è scattata una nuova sensibilità. Quando rientro, la prima cosa che faccio è andare fuori, nel verde. E noto i minimi cambiamenti degli alberi, i fiori, la singola gemma…” confida.
E mentre l’ascolto, m’accorgo di guardare i suoi pesci agonizzanti con un briciolo di fiducia in più per il futuro del mondo, per i giovani che ne avranno la cura e la responsabilità.

STOP ALL’AMBIENTALISMO ASSURDO!

Mi è proprio piaciuta la parola scritta a lettere cubitali nello spazio conferenze del Flormart di Padova lo scorso 20 settembre: Innovation.

Innovazione, rinnovamento… da invocare in tutti i modi, in tutte le salse (anche nella mia, cucinata con gli ingredienti del romanzo “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” presentato in quell’occasione) da modulare in una pluralità di voci che andavano dal campo prettamente commerciale del vivaismo (vera vocazione della Fiera) a quello dell’architettura, dall’arte alla cultura.

Rinnovamento quindi, anche del concetto stesso d’impegno ambientalista. Basta con le battaglie inutili e contraddittorie. Basta con l’ecologia insulsa e di facciata. Basta con la passione verde fanatica, gridata e modaiola. Basta alla violenza verbale e talvolta fisica nei confronti di questo o quello stile di vita. Basta all’ecologia inutilmente costosa e controproducente, infantilmente legata ad un passato irrecuperabile.

Il mondo è cambiato, demograficamente esploso, profondamente inquinato, desertificato, illuminato 24h su 24h, immerso nel rumore costante, soffocato dai rifiuti, ma anche tecnologicamente avanzato, capillarmente connesso, velocizzato in tutti gli aspetti della sua vita.

Il punto dunque è un altro: CONOSCERE, studiare le potenzialità e le qualità naturali dell’universo vegetale, l’unico presente sulla terra da 750 milioni d’anni, l’unico sopravvissuto a cataclismi epocali, alterazioni elettromagnetiche, stravolgimenti climatici. E la scienza sta approfondendo finalmente, ponendosi le domande giuste, studiando come vivono le piante, anche le più comuni. Oggi si è finalmente capito quanto le culture tradizionali, le spiritualità più libere e il buon senso vanno ripetendo da secoli: tutto ciò che esiste pulsa, emette energia. Gaia, la terra, si comporta come un immenso circuito elettrico. L’Universo è fatto della stessa sostanza.

Le piante comunicano fra loro e con noi, alleandosi, proteggendosi reciprocamente, garantendo (almeno fin’ora) che l’ecosistema regga ai sussulti dei cambiamenti provocati dall’incuria e dall’ignoranza dell’uomo. Ma è ora di prendere coscienza che un nuovo modo di rispettare l’ambiente deve imporsi su scelte impulsive e utililitaristiche.

Tutto si tiene, e il mozzicone di sigaretta gettata distrattamente nel fiume o in mare finirà per uccidere la balena, quella stessa balena che attivisti militanti (spesso sponsorizzati da forze economiche tutt’altro che limpide) strappano col clamore di campagne mediatiche ad uno dei tanti pescherecci giapponesi. Tutto è utile – si dirà – certo! Ma cos’è più utile fare? Cosa possiamo fare adesso?

Il rispetto per l’ambiente comincia dalla nostra casa, la nostra strada, piazza, città. Esattamente come ogni cambiamento vero inizia da noi stessi, dalla nostra famiglia, il nostro entourage.

Il mondo è un organismo unico, tutto ciò che vive, pulsa, è connesso. Soltanto l’esempio quotidiano, il gesto virtuoso reiterato nel tempo, l’adozione di un nuovo stile di vita potranno fare la differenza e dare una chance di salvezza alla nostra vita sulla Terra. Basterà? Non lo so. PROVIAMOCI!