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NIENTE AUGURI, MOLTO DI PIU’

Una preghiera e non un augurio; un proposito e non un desiderio; un’intenzione e non una promessa. In questa fine d’anno…

A TE, con affetto e gratitudine

– Che il bavaglio rafforzi il tuo pensiero, affinché raggiunga le cime degli alberi;
– Che il tuo silenzio sia più potente di ogni replica;
– Che ai tuoi piedi spuntino le ali della tua anima e tu possa raggiungere i confini estremi della tua vita;
– Che il mondo nuovo entri in empatia con te, perché tu non odi più nessuno, nemmeno te stesso;
– Che chi ti vuol male capisca che è inutile, tu sei inarrivabile, come la sorgente del sole;
– Che chi ti ama davvero, sappia, che ogni tua cellula ne avrà memoria, per sempre;
– Che il coraggio ti aiuti a colmare le lacune della vita e ti renda libero dal gioco subdolo dell’ombra;
– Che il sonno depuri la tua anima, quand’è stanca, e sciolga per te i dubbi amari;
– Che tu comprenda che i conti tornano sempre, ma la matematica dell’Universo esige cuori addestrati;
– Che la leggerezza e la gioia scendano su di te, come pioggia di stelle, perché se brillerai, il cielo, tutto, ne sarà inebriato e avrai fatto ciò che dovevi, in questa dimensione e nell’altra.

L’inifinito ti chiama, per andare sempre più lontano…scegli! L’anno non conta.

L’AUGURIO SPECIALE DEGLI ALBERI

Non possono certo mancare gli auguri in questa fine d’anno martoriata, ma preferisco affidarmi alla saggezza degli alberi per un auspicio saggio e un incoraggiamento sincero, con la speranza di raggiungere tutte e tutti, cari amici di blog, con la mia più completa gratitudine per quest’anno passato insieme.

E così, forti e delicati, il frassino, l’olmo e il salice ci invitano a rafforzare noi stessi indipendentemente dagli altri. Loro lo sanno, perché vivono spesso in luoghi impervi, al limitare d’argini e corsi d’acqua, perciò curiamoci da soli e contiamo, come loro, sulle nostre forze, insospettabili risorse quando la vita si fa difficile;

il noce approva e ci invita ad affrontare il non-detto con coraggio e determinazione, là s’annida la paura che ci paralizza. Una volta per tutte, allora, diciamoci la verità e la palma, col suo ciuffo scarmigliato, aggiunge un po’ di gioiosa follia al proposito, incitandoci ad essere fieri della nostra unicità e a osare, perché niente è prestabilito e tutto può cambiare se cerchiamo la nostra versione di felicità;

ulivo e quercia invitano alla resilienza, perché niente può essere fatto in un baleno, il nuovo dev’essere attratto con energie fresche e pure, e costruito passo dopo passo;

il pino sa che con l’impegno tutto è possibile e non bisogna avere sensi di colpa nel lasciare il vecchio che non ha più ragion d’essere;

e il pioppo s’arrabbia un po’ a sentirglielo dire, ma sa che ha ragione e ci vuol tempo per guarire le ferite e rinascere con l’entusiasmo della fanciullezza;

il ciliegio avvolge tutti con la sua bellezza fragile e pura e ci ricorda che chi ci ama davvero non strapperà i nostri fiori, li raccoglierà con cura, anzi, quando si staccheranno dal ramo e li amerà ancora di più quando galleggeranno sul filo dell’acqua, come ninfee in un quadro di Monet;

il bambù si commiata con un inchino flessuoso, ma sorride perché sa che non è un piegarsi servile, ma un gesto di pace, coraggio e intelligenza: unire la forza tranquilla del tiglio e la capacità del cipresso di perseguire i propri sogni fino in fondo, questo il suo consiglio e l’augurio degli alberi tutti…

Vi abbraccio. E… restate curiosi…!!

IL SEGRETO PIU’ GRANDE DI ANNE

Non sarà mai un Natale come gli altri, questo Natale, ma perché non trasformarlo in una nuova esperienza, a contatto con le piante delle nostre case addobbate a festa?

Se cominciassimo davvero a comunicare con loro, gli alberi e le piante ci farebbero capire quanto questo periodo dell’anno sia prezioso per la Natura, una sorta di laboratorio attivo per prepararsi alla stagione dei nuovi inizi.

L’invisibile energia della Madre Terra veglia su di noi ed è là, a nostra disposizione, in ogni momento della vita, come scopre Anne, la protagonista del mio nuovo romanzo, alle prese con nuove peripezie e scoperte sul mondo delle piante e della loro spiritualità.

E’ con l’augurio di un bellissimo viaggio iniziatico nella dolcezza della Natura, che invito tutte le mie lettrici e i miei lettori a visitarmi in Amazon.it per leggere la scheda del mio nuovo romanzo. Chi ha conosciuto Anne in “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” potrà seguirla nel nuovo e nei nuovi capitoli della sua vita,  fra nuovi amori e passioni, nelle terre di Francia, Italia e Messico. Per il link diretto clicca qui :

https://amzn.to/39aR7im

Per un Natale di viaggi, anche solo con la fantasia…

Vi abbraccio! E aprite le ali!!!

EVENTO ANNULLATO! ENTRIAMO NELLA MAGIA DELLE PIANTE

Ci spiace informarvi che l’evento non avrà luogo a causa delle norme anti COVID-19

Le piante ci assomigliano, perché non dovrebbero rispondere alle nostre domande, specie in un momento cosi’ difficile per l’umanità?

Per capire, quale meraviglioso viaggio ci possano far fare, quali insegnamenti possiamo trarre dal loro modo di affrontare la vita, terro’ un workshop: ‘Entriamo nella magia delle piante’, domenica 8 novembre presso la sede di Harmonia Mundi a Roma.

Con tutte le cautele di distanziamento sociale e protezione, lavoreremo su noi stessi, sui 12 Insegnamenti e con gli alberi, comunicheremo con le nostre piantine, alternando momenti anche ludici ad approfondimenti e curiosità.
La guarigione del mondo passa attraverso un ritorno alla Natura che possiamo attuare da subito, nella nostra casa e a livello personale.

Per saperne di più e iscriversi: https://www.harmonia-mundi.it/eventi/entriamo-nella-magia-delle-piante_2020-11-08

Per l’occasione e in anteprima, possibilità di acquistare sul posto il nuovo romanzo “Le mie piante e il segreto più grande”

 

 

PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO DI UN’ECOLOGIA COMPLETAMENTE NUOVA

C’è chi protesterà e porterà esempi virtuosi. Ma la verità è che la Terra è al collasso.

Ci sono inquinamenti definitivi di fiumi, aree del mondo invivibili; abbiamo creato un intero, nuovo continente di plastica; bruciamo foreste che non hanno il tempo di ricrescere; sfruttiamo risorse minerarie a un ritmo tale che le stiamo esaurendo; lo spreco dell’acqua non accenna a diminuire.

Eppure il messaggio ecologico non è recente. Movimenti di tutti i tipi sono nati già dagli anni settanta, Il Partito Verde d’Europa o Unione dei Partiti verdi europei è stato fondato nel 2004.

Se una sorta di disneyana sensibilizzazione è stata sparsa nel mondo, poco o nulla è stato fatto nella concretezza. A fronte di una tecnologia ormai da anni in grado di sostituire la plastica con similprodotti naturali e innocui, di riciclare l’acqua, di desalinizzare il mare dove necessario, di fornire energia pulita, di creare barriere vegetali alla progressiva desertificazione, al livello globale non si è cambiato senso di marcia. A riprova, oggi stiamo coprendo la Terra di mascherine non biodegradabili per salvarci la pellaccia dal Covid.

Allora, mi chiedo, cosa non ha funzionato? La risposta che constato nei miei seminari è sempre la stessa: il messaggio ecologico, contaminato dalla politica (perchè non si tratta d’essere di destra o di sinistra) non ha integrato la vera essenza del discorso, il segreto della vita.

Il 70% del nostro DNA è lo stesso di piante e animali, bruciare un bosco dovrebbe farci l’effetto di danneggiarci un rene. La sacralità della vita è la stessa, la sorgente della vita è la medesima. La Terra Madre si comporta come un organismo vivente costituito da materia, energia e spirito, le stesse componenti del corpo umano. La vita di una cellula, di qualsiasi cellula, è compromessa dall’inquinamento e tutte le forme di vita sono collegate. Il nostro sistema immunitario sta diminuendo d’efficacia. Inseguiamo vaccini, perché conosciamo la nostra debolezza, perché i nostri bambini non crescono più a contatto con la Natura, perché abbiamo perso sapienze antiche che trovavano rimedi nelle piante.

Qualcosa nella coscienza collettiva si sta smuovendo. È tardi, ma molto si può ancora salvare per almeno una buona fetta di future generazioni. Cosa aspettiamo? Ogni cambiamento comincia da se stessi, nei comportamenti individuali.

Irrisorio? No, l’effetto moltiplicatore è la chiave del cambiamento. Come dico sempre, se ognuno tenesse una piccola pianta sul balcone, domani, l’Italia, avrebbe un polmone verde in più, 60 milioni di piante nuove a filtrare l’aria che respiriamo.

QUELLO CHE LE PIANTE CI DICONO: DISPONIBILE ON-LINE

Magnifica accoglienza venerdi’ 11 settembre scorso per il mio primo incontro dedicato al mondo delle piante presso Harmonia Mundi a Roma.
Nel ringraziare Marina e Paolo, le due colonne portanti di questo centro olistico speciale, a due passi dal Colosseo, e il pubblico straordinariamente sensibile alla vastità dell’argomento trattato, desidero condividere il video della serata a disposizione da oggi nel canale You Tube di Harmonia Mundi.

Era un primo assaggio, in vista di un seminario interattivo di life strategies e percorso spirituale, una sorta di degustazione per comprendere l’immenso beneficio che possiamo trarre dal mondo delle piante, in termini di conoscenza, benessere, energia e spiritualità.
“Loro sanno…” come dico sempre, “…e cio’ che sanno è a nostra disposizione, è li’ per aiutarci ad affrontare i tempi difficili che stiamo vivendo, per permetterci di vivere in armonia con noi stessi e gli altri”

Per vedere il video, clicca qui :

 

SEI PRONTO PER IL MONDO NUOVO?

Potrei dividere la gente che incontro in due grandi gruppi: quelli che si augurano che presto tutto torni come prima del Covid, perché non sanno immaginare niente di diverso; e quelli che sperano che il mondo rifletta e cambi, gli idealisti.

Per me il problema si pone diversamente, anzi, non si pone affatto. Non siamo di fronte ad alternative, il mondo è già cambiato, il portale è già stato varcato. La Natura si è già mossa, ha dato allarmi di tutti i tipi; in certe zone del mondo, in certi fiumi, l’inquinamento è irreversibile. Intere specie di piante e animali si stanno spostando, cercando nuovi habitat (sì anche le piante si spostano!) altre soccombono irrimediabilmente.

Courtesy of Victoria Schaal

Nei rapporti umani, durante il lockdown, abbiamo toccato con mano le nostre verità. Spesso amare, talvolta sorprendenti, ma sempre dolorosa necessità di fare il punto sulla nostra vita.

Parlo spesso con giovani di tutte le età, mi piace ascoltare le riflessioni degli adolescenti e dei più grandi, di quelli già entrati nel mondo del lavoro, un lavoro magari già anche perso, per effetto del Covid. Li trovo molto preoccupati, amareggiati e spaventati dal futuro. Tanti dicono di non volere figli, di non avere sogni. Li scopro molto sensibili ai temi legati all’ecologia, ma anche, purtroppo, persuasi che sia tutto inutile, che sia troppo tardi. Li sento interrogarsi sulla direzione da prendere nella loro vita: grandi certezze universitarie sono cadute, i luoghi “culto” della carriera non garantiscono più il futuro né la felicità.

Già la felicità, perché di questo si tratta nel nuovo mondo: osare, trovare la libertà di riformulare – ognuno di noi, a tutte le età – la nostra personale definizione della felicità. Tutte le ricette dei nostri genitori sembrano vetuste, sorpassate da una realtà cambiata per sempre. Ma è proprio in questo vuoto, che bisogna cercare. Ogni distruzione offre spazi di ricostruzione.

E questa volta, ragazzi, sarà una costruzione libera! Niente più obblighi morali di ripercorrere i passi di chi ci ha preceduto, se non ci sentiamo davvero chiamati a farlo, niente più pregiudizi fra lavoro manuale e intellettuale, il nuovo può rivisitare l’antico e assaporarlo con occhi diversi e competenze più alte. I soldi non saranno più il solo criterio per le nostre scelte.

Nella Torah si dice: Tutto in Natura nasce da un atto di rottura. Allora davvero, scegliendo di vibrare in modo diverso, possiamo cambiare il corso dell’umanità, di quella fetta d’umanità, perlomeno, disposta a reinventarsi con generosità, a cedere il passo ai giovani più capaci, a riscoprire l’autenticità, il rispetto per l’Ambiente, la gioia d’appartenere ad una comunità che possieda le nostre stesse vibrazioni alte.
Ce la faremo? Dipende da noi. Il primo passo è crederci. Perché per quanto possa sembrare improbabile o presuntuoso, come il mio Maestro mi ripete sempre: “Tutto ciò che fai, è per tutta l’umanità”

QUELLO CHE LE PIANTE CI DICONO…

La Terra è un organismo pulsante, fatto di materia, energia e spirito. Ogni cosa vivente possiede questi elementi. E’ questo il punto di partenza della mia ricerca a tutto tondo sul mondo delle piante.

Attraverso uno workshop che alterna riflessione e ascolto a momenti interattivi e di meditazione collettiva, desidero aprire le coscienze ad un nuovo impegno ecologico, più coerente, spirituale e integrato alla nostra vita. Vi aspetto…

Venerdi’ 11 settembre
19h00 – 21h00
Harmonia Mundi
Via dei Santi Quattro,26
Roma 00184
(Prenotazione obbligatoria, distanze di sicurezza garantite, mascherina obbligatoria)

 

 

MESSAGGIO PER IL NOVILUNIO

Molte persone non sanno che il Novilunio è importante per il loro destino. È un portale energetico molto forte. Apre sempre a novità nella tua vita. Ma devi essere capace di notarle.
Può essere importante eliminare cose vecchie o cose simboliche di un tempo passato, da lasciar andare. Nello stesso modo, nuotare o immergersi nell’acqua, fare abluzioni per liberare corpo e mente, sarà benefico.
Il punto essenziale, tuttavia, è non abituarsi a fare le stesse cose, nello stesso modo. Non devi lamentarti se poi, non ti accade nulla.
Così, un giorno, mi disse una curandera. Aggiungendo che per Novilunio (e Plenilunio) s’intendono, da sempre, 2/3 giorni prima e 2/3 giorni dopo, la data esatta. E precisando altresì che nell’arco di un anno, ci sono noviluni e pleniluni più o meno determinanti e carichi d’energia.

Nella tradizione druida, ad ogni Novilunio, si organizzavano meditazioni collettive, accompagnate dalla “Musica del Vuoto” ottenuta con il flauto, in grado di portare benessere, visioni interiori e percezione della Coscienza Superiore. A queste occasioni, si credeva partecipassero anche i Maestri Segreti della luna, con lo scopo d’infondere nuove conoscenze a chi vi prendeva parte. I cinque giorni simboleggiavano il percorso interiore di ogni persona, il cosiddetto “Sentiero dell’Oro”. La Luna rappresentava il Passato, e apriva il suo portale per solarizzare l’umanità, attraverso l’operato di energie superiori.

Al di là della poesia, delle tradizioni celtiche, simili in tutto il mondo, è dolce pensare ad un continuo, possibile inizio: ogni mese, sta soltanto a noi, iniziare il movimento per cambiare.


E mi piacciono sempre i versi di Fernando Pessoa:

“Per essere grande, sii intero: non esagerare e non escludere niente di te. Sii tutto in ogni cosa. Metti tanto quanto sei, nel minimo che fai, come la Luna in ogni lago tutta risplende, perché in alto vive.”

SHINRIN-YOKU o BAGNO DI FORESTA: UN PRIMO ESERCIZIO FACILE DA FARE

Il Forest Bathing sta diventando di moda, e questo in genere mi preoccupa, perché la mediatizzazione spesso rima con banalizzazione. Ma il fondamento della scoperta giapponese è serio: la pianta è benefica a livello elettromagnetico per la salute dell’uomo.

Una passeggiata nella foresta per 3/4 ore è in grado di modificare i parametri principali del nostro organismo e abbassa lo stress, con effetti misurabili sul sistema ormonale. Tre giorni nel bosco con 10-12 ore di cammino alternato a stazionamento regalano un rafforzamento del sistema immunitario del 50% per un mese.

Questo perché gli alberi emettono campi elettromagnetici (più o meno potenti a seconda della grandezza del tronco) biologicamente affini a quelli umani, che quindi interagiscono con il nostro. Ogni pianta sembrerebbe avere una sua specificità e influire particolarmente su certi nostri organi. Il faggio per esempio è molto benefico per sistema nervoso, linfatico, ovaie e prostata.

Ma attenzione! Dal come si va nel bosco, dipende molto l’efficacia dello shinrin-yoku. Lasciamo a casa la musica per favore, la radiolina con le partite di pallone, le discussioni di famiglia. La disposizione d’animo di chi va nella foresta, dev’essere quella di un ospite rispettoso.

Ecco un esercizio facile e iniziale da fare, meglio se da soli, allontanandosi un po’ gli uni dagli altri:

Trova un luogo, uno spiazzo, una cima…scegli un albero, d’istinto. Non per forza il più bello, il più maestoso. Fai due o tre respirazioni profonde, in silenzio, ad occhi chiusi. Poi aprili e scegli il tuo albero. Avvicinati, osservalo, sulle fronde, l’ampiezza delle radici, le chiome. Lasciati osservare da lui. Siediti, poggiando la schiena sul suo tronco. Resta. In meditazione, se puoi, o in completo riposo. Lasciati venire tutti i pensieri, piano piano sentirai che rallentano.
Quando ti senti pronto, alzati. Poggia le mani sul tronco dell’albero. Chiudi gli occhi. Preparati al passo successivo: abbracciarlo con tutto te stesso. E’ un atto coraggioso, non sarà facile. Ti sentirai ridicolo, avrai il timore d’essere giudicato da possibili testimoni, ma se vinci la prima ritrosia, accadrà qualcosa di bello. Abbraccia il tronco dell’albero e chiudi gli occhi. Ti sentirai accolto – ad alcuni sembra di riabbracciare un padre o una madre o un essere caro che non c’è più, ad altri di riappacificarsi con qualcuno – poco a poco le tue barriere di difesa cadranno, ti lascerai andare alla pace o a un’emozione che ti opprimeva il cuore. Se vuoi, puoi affidare un pensiero, un dolore, una preoccupazione al tuo albero. Gli Aborigeni lo facevano durante tutta la vita. Avevano un loro albero e al momento della morte lo raggiungevano, quando era possibile venivano sepolti ai suoi piedi. Quando ti senti pronto a tornare alla tua vita, congedati, ringraziandolo.

Tu non lo sai, ma hai assorbito il campo magnetico del tuo albero e gli hai dato il tuo. Una piccola parte della sua pace e armonia è dentro di te. Fanne buon uso.

MISURINA,LE DOLOMITI E IL PREZZO PAGATO A CHERNOBYL

Il lago di Misurina è sempre stato uno scrigno nel cuore delle Dolomiti, lontano dal turismo di massa e dal vippame griffato. Di recente è spesso nominato in tv dallo scrittore Mauro Corona, ma la comunità che ci vive è rimasta la stessa.

Una cinquantina d’abitanti stabili (altri vivono fra il lago e Auronzo), devastata dieci/quindici anni fa da una vera e propria strage di morti per tumore.

Inspiegabile, in apparenza, perché non c’è luogo più sano al mondo! Il lo frequento da quarant’anni, d’inverno come d’estate, dopo la fuga familiare da una Cortina divenuta troppo città. Il lago di Misurina è talmente salubre che dal secolo scorso ospita un Centro di cura per l’asma, poche le costruzioni alberghiere e i ristoranti. Di notte posso andare nel bosco in pigiama!


Come mai allora, in questo Paradiso, quasi ogni famiglia ha perso qualcuno, anche giovane e giovanissimo?

La risposta la evochiamo spesso, quando salgo ai rifugi o incontro gli abitanti locali. Sospirando, evochiamo i mancati. La nube di Chernobyl nel 1986 ha preso in pieno il Nord-Est d’Italia senza che nessuno all’epoca desse un allarme davvero adeguato alla sua gravità. La radioattività ha agito silente nel tempo, causando, dieci-quindici anni dopo, cancri alla tiroide, polmone, cervello, mammella.

I vecchi ricordano sconsolati d’aver continuato a lavorare l’orto, bere l’acqua, mangiare l’insalata, raccogliere funghi.

“Ma le piante…” obietto.
“Non è colpa loro! C’hanno provato, sai? – mi rispondono spesso – i pini hanno assorbito il più possibile”

“Si’ le conifere hanno una grande capacità di stoccare ermeticamente veleni in una parte del loro tronco” confermo.
“Lo hanno fatto, sai, fin che hanno potuto, ma era troppo forte la radioattività. Hanno tenuto il più possibile per proteggerci, poi hanno dovuto mollare…”
“Già, e negli anni, la vita ha continuato ad evolversi, rinnovarsi, ricordando chi non ce l’ha fatta e ripartendo”

C’è sempre chi fra noi un po’ si commuove. Poi, lo sguardo si apre sui boschi, tutto è di nuovo sano, nuovo di zecca e qualcuno ripete:
“Non è colpa loro!”

MA CHE MONDO TROVEREMO QUANDO USCIREMO?

L’urgenza è per la vita. La vita è la cosa più preziosa. Certo, ma, mi chiedo: quale vita reintegreremo una volta fuori, tornati alla cosiddetta “normalità”?
Mentre, distratti dal bollettino quotidiano – e quantomai aleatorio – dei contagiati e deceduti, ci applichiamo a mantenere la calma e coccolare virtualmente chi amiamo e non possiamo abbracciare, mentre ci sforziamo di conservare quei quattro risparmi che vediamo assottigliarsi giorno per giorno, là fuori, un certo tipo di mondo ha continuato a girare, senza porsi problemi di sorta.

In mezza Italia, ad esempio, si stanno abbattendo alberi per far posto alle antenne del famigerato 5G. In barba allo “stay home” universale, ci sono operai che continuano a lavorare. (La cosa è spesso denunciata sui social e regolarmente censurata!) Poco importa se migliaia di uccelli cadono stecchiti nelle zone limitrofe alle nuove antenne, poco importa se molti cittadini insorgono e a livello internazionale si moltiplicano gli studi e gli appelli degli scienziati sui rischi cancerogeni della nuova tecnologia, poco importa se molti Paesi e città hanno detto già no al 5G. Di questo non si parla, non si vuole parlare e anzi, che fortuna avere il rumoroso Covit a coprire ogni voce con la sua tragicità!!

Tutti a esortare a mangiare italiano poi! Ma di fatto, dall’inizio della quarantena, siamo stati spinti a spendere nelle grandi catene di supermercati dove certo non vengono venduti i frutti del lavoro del piccolo produttore! E quando usciremo, il negozietto d’angolo sarà ancora vivo? In grado di resistere alle tasse, alle spese, alla competizione naturale del mercato già messo a dura prova?

Si progettano APP telefoniche che dovrebbero monitorare la nostra saluteper il nostro bene – ma pochi riflettono davvero sul pericolo-certezza che i nostri spostamenti e la nostra vita privata futura non avranno più segreti, perché nessuno sarà in grado di garantirci il rispetto della nostra privacy!

Insomma IO HO PAURA. Non della solitudine e dell’urgenza, mi preoccupa il DOPO, quel dopo amaro che nessuno sembra avere interesse a raccontarci.

Chi ci proteggerà, se non ci prepariamo da soli? Se il cucciolo innocuo sarà diventato una belva senza che ce ne accorgessimo? Perché dovremo stare attenti a ciò che ci racconteranno. Perché ci sarà da combattere purtroppo contro decisioni in parte già prese e avviate sotto il nostro naso. E ci diranno: “E’ stato fatto tutto alla luce del sole!”.

Ma noi, quel sole, ce lo siamo persi. Eravamo chiusi in casa, ricordate? Per il nostro bene, per il bene di tutti… FORSE!

UN NUOVO MODO DI LEGGERE AL TEMPO DEL CORONA VIRUS

So già che molti lettori, quelli veri come me che divorano anche cinque/sei libri in un mese, avranno da obiettare. Il libro è un incontro anche tattile: la grammatura della carta, l’odore, la copertina (un tempo, anche per noi scrittori era un vanto averne una rigida!) e poi la possibilità di sottolineare, scribacchiarci a latere… in un rapporto quasi intimo. Un libro ti accompagna, per un po’ diventa quasi un diario. Una cosa tua.
Poi i tempi sono cambiati.

Abbiamo cominciato a viaggiare con bagagli microscopici. Nei voli law cost, come tanti, ho elaborato tecniche da spia per evitare di metterli nella valigina che ospita già a malapena un cambio e due mutande. Misteriose tasche interne che ti fanno assomigliare all’omino Michelin, volumi incastonati sotto le ascelle mentre passi il check in, false buste duty free con rivista esplicativa di come fare una tovaglia all’uncinetto mi hanno permesso il trasporto clandestino di una piccola scorta di libri in ogni parte del mondo. Ma ora il virus… cosi’ abile da insinuarsi anche fra le pieghe di un pacco postale, sembra averci momentaneamente fregati tutti.

È per questo che ho ceduto anch’io. Ho pensato di aprirmi all’e-book, sia come fruitore che come scrittore. In un istante lo compri ed è tuo, in tablet/cellulare/computer. E per dimostrare che comprendo che non è la stessa cosa, ho voluto offrire il mio romanzo a soli 2.99 Euro !!!

Mi piace pensare che nessuno rischierà la vita per recapitarlo e riceverlo; mi piace pensare che accompagnerà le giornate tutte uguali di qualcuno in questa quarantena sempre più lunga; mi piace pensare che forse la mia storia arriverà alla persona che senza saperlo l’attende, perché come scrive Gabrielle Zevin “Bisogna incontrare le storie al momento giusto (…) Questo è vero nei libri e anche nella vita”; mi piace pensare che un racconto d’amore, di piante e Natura possa distrarre dai bollettini plumbei dei tg e trasportarci già a domani, a quando vivremo tutto di persona e ancora meglio, meglio e di più… molto di più…

Buona lettura e buona vita !

QUELLO CHE LE PIANTE CI DICONO… Roma 6 Marzo

Francesca Schaal Zucchiatti
QUELLO CHE LE PIANTE CI DICONO…
Workshop interattivo e meditazione dell’albero
ROMA 6 marzo 2020 ore 19.00 – 21.00
LIBRERIA HARMONIA MUNDI

via dei Santi Quattro,26A http://www.harmonia-mundi.it

Prenotazione obbligatoria – in regalo ad ogni partecipante il romanzo
“Cosa fanno le mie piante quando non ci sono”

“Se solo potessero parlare, chissà cosa ci racconterebbero” sento spesso dire, ma non è esatto. Le piante ci parlano già, comunicano già con noi e fra di loro, prendono continue decisioni per il bene comune, soffrono e gioiscono, partecipano alle nostre gioie e alle nostre pene e ci possono insegnare come vivere…

Attraverso mille curiosità scientifiche e non, visitando il racconto di cosmogonie antiche legate alla Madre Terra, esploreremo alcune delle 12 Regole di vita delle piante, insegnamenti saggi, pervasi di spiritualità ma applicabili anche alle nostre scelte di vita quotidiana. Riconoscendo ed affidandoci al nostro “personale albero” impareremo a comprendere il legame straordinario e profondo che ci lega al mondo vegetale, a quello dei boschi e delle foreste, ma anche a quello più comune che vive con noi tutti i giorni, nelle nostre case, nelle nostre città.

E sarà più facile allora, eseguire la meditazione dell’albero ( https://www.youtube.com/watch?v=TMyofTe3U1g ) in modo collettivo, lasciando che il nostro respiro accolga, nel rallentamento, la serenità delle piante, liberandoci dalle emozioni e dall’aggressività che dominano il nostro Ego e inaugurando così un modo consapevole di vivere – in coscienza piena – con gli esseri viventi più antichi e saggi del Pianeta.
Vi lascio con una sura del Corano che mi ha fatto molto riflettere. Attraverso la bocca del Profeta così recita:

Noi abbiamo proposto il nostro segreto al cielo,
alla terra e alle montagne;
tutti hanno rifiutato di farsene carico; hanno tremato all’idea di riceverlo.
L’Uomo l’ha accettato. È un incosciente e un violento. (33,72)

 

 

https://www.harmonia-mundi.it/eventi/quello-che-le-piante-ci-dicono_2020-03-06%20prenotazione%20obbligatoria

SULLA MEDITAZIONE: LE VOSTRE DOMANDE…

È meraviglioso constatare quanto il concetto e, in molti casi, la pratica della meditazione siano entrati a far parte della nostra cultura. Ringrazio di cuore chi mi ha scritto e/o sperimentato LA MIA MEDITAZIONE DELL’ALBERO. Più si entra in questo mondo più si moltiplicano le domande e le curiosità sull’argomento. Difficile, naturalmente, nella brevità di un articolo di blog rispondere in modo approfondito. (Per questo posso solo invitare chi sarà a Roma il 6 Marzo a partecipare all’evento che terro’ alla Libreria Harmonia Mundi alle ore 19.00 http://www.harmonia-mundi.it/eventi/quello-che-le-piante-ci-dicono_2020-03-06   (prenotazione obbligatoria)

Tuttavia proverò a rispondere a qualche quesito proponendo alcuni elementi di riflessione:

La meditazione si fonda sul concetto che il corpo e lo spirito siano inseparabili.

Per curare l’uno è necessario curare l’altro. Nel 1979 Jon Kabat-Zinn decise di laicizzare la meditazione buddista per farla entrare nel mondo della medicina, in ospedale. Di qui il grande successo della pratica negli Stati Uniti, la cosiddetta Mindfulness con effetti misurati concretamente in termini di riduzione dello stress, cura della depressione e del dolore. L’associazione della tecnica semplice allo yoga, alle pratiche di body scan, debriefing etc. hanno dato risultati eccezionali confermati da studi tra l’altro sull’amigdala, la zona del cervello responsabile del comportamento impulsivo e della paura.

Personalmente, tuttavia, sono d’accordo con chi ricorda come lo sviluppo personale implichi un risveglio spirituale, proprio per realizzare quella completezza in grado di garantire il nostro equilibrio psicosomatico. Una filosofia di vita insomma che abbracci la “grande Vita” con “la nostra piccola Vita” in un Tutto che abbia un senso. Per questo dico:

“L’energia si trasmette per vibrazione e si misura in frequenza vibratoria. Siediti o distenditi. Respira. Escludi tutto il rumore, scarica il tuo sistema di pensiero e la tua energia, sospendili. E allora vedrai che subentra la conoscenza liquida, o l’accesso alla coscienza eterna dell’universo fuori dallo spazio e dal tempo, una coscienza che è al tempo stesso coscienza di sé”

Ma attenzione! La meditazione non è un lavoro d’introspezione. Per questo ci concentriamo sulla respirazione, per restare ancorati alla realtà. Per questo la meditazione non risolve i nostri problemi. Essa crea le condizioni di chiarezza, di silenzio, di limpidezza, tali da permetterci di “guardare le cose come sono e con benevolenza”.
In un certo senso questa è la base, il punto di partenza da cui si diramano i vari tipi di meditazione che alcuni di voi hanno evocato nei loro messaggi. Pratiche zen, d’ipnosi regressive, autoipnosi, di visita dei campi akashi, meditazioni per entrare in contatto con angeli, esseri di luce, guide o defunti sono alcune della tante forme assunte per aprire canali di comunicazioni ancestrali e invisibili.
La meditazione con le piante o nella foresta come il shinrin-yoku, molto praticato in Giappone, ha la funzione di riconnetterci con la sacralità della Natura, la sua profonda spiritualità nella semplicità. Restituire alla Terra il ruolo di Madre significa ridare alla nostra vita le giuste proporzioni, il modo migliore per me, di realizzare ciò che il poeta mistico Rumi scriveva in versi:

Il mio occhio viene da un altro universo.
Un mondo da questo lato, uno dall’altro: io siedo sulla soglia.

photos by courtesy of Victoria Schaal

2020 ANNO DEL TOPO, MA NOI NON SIAMO TOPI, PURTROPPO…

Per l’oroscopo cinese il 25 gennaio comincia l’anno del Topo di Metallo.

Una storiella che mi hanno raccontato in Asia racconta che tutti gli animali più belli e importanti erano stati convocati per simboleggiare i 12 simboli dell’oroscopo. Il topo ovviamente era stato escluso. Ma ebbe l’idea di riferire l’indirizzo sbagliato al gatto e così si presento’ al suo posto e divenne uno dei segni zodiacali.

E non uno qualsiasi! Ma il primo! Ad indicare dunque l’inizio di un nuovo ciclo dell’umanità, ricco d’opportunità e di potenziali grandi cambiamenti. Naturalmente starà a noi uomini farne buon uso e prendere le giuste direzioni, cosa poco scontata a giudicare dalle nefandezze cui assistiamo dalla fine dell’anno scorso: i megafuochi ovunque nel mondo, il crescendo delle conflittualità internazionali, la stupidità nelle politiche nazionali dei singoli Paesi… a voler metter il naso e approfondire c’è di che cominciare ad avere il mal di pancia. Ma speriamo che tutto cambi dal magico 25 gennaio. Speriamo di diventare un po’ topi !

 

Eh sì, TOPI! Einstein diceva che se i ratti fossero più grandi sarebbero i padroni del mondo. Infatti pare che abbiano il più veloce ciclo riproduttivo di qualunque altro animale del pianeta. Quindici/diciotto ore dopo aver partorito una cucciolata, la femmina è di nuovo ricettiva e torna feconda. Una vera active female!

I nidi sono molto complessi, comprendono tante camere, un magazzino per il cibo, una latrina. I ratti spesso si dedicano a lavori di ammordenamento della tana, scavano nuove gallerie.
Possiedono un’ottima memoria e sono considerati fra i pochi animali (come loro solo alcuni primati e i delfini) metacognitivi, possiedono cioé la percezione del sé. Sono in grado di percepire gli ultrasuoni e hanno un olfatto prodigioso.

Sono anche molto responsabili nelle relazioni interpersonali: infatti non uccidono mai nessuno della propria famiglia! Cosa che ha fatto dire al nostro bravo Einstein: “L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”

Insomma, non sarebbe male quest’anno diventare un po’ TOPO ! E a chi torce il naso inorridito al solo pensiero delle pantegane, ricordo che l’anno scorso non stavamo messi tanto meglio… era l’anno del PORCO!

LA MIA MEDITAZIONE DELL’ALBERO

Da più di qualche anno, mi dedico alla pratica della meditazione. Dapprima con qualche difficoltà – ho un temperamento impaziente, ipersensibile, iperattivo e scettico su tutto ciò che è vagamente modaiolo – poco a poco ho appreso la pratica del rilassamento ed ora, in tutta spontaneità, la faccio ogni volta che ne sento il bisogno.

Spesso partecipo a meditazioni di gruppo, mi serve per “fare il punto” in un certo senso e rineallinearmi all’energia universale. Altrettanto spesso mi chiedono di guidare una meditazione. Le meditazioni collettive sono molto intense, specie se le persone sono già aperte a questo tipo di esperienze: gli effetti sono molto forti in termini energetici, ma anche la pratica individuale apporta rilassamento e calma interiore.

Per questo, ho voluto condividere la mia personale meditazione dell’albero via You Tube. È semplice, breve (un quarto d’ora circa) ideale per chi s’avvicina per la prima volta a questa pratica, ed efficace per chi, avendo già una sua tecnica, vuole sperimentarla con questa chiave di lettura. Due precisazioni importanti, tuttavia:

1. Contrariamente a quanto si possa pensare, la meditazione àncora alla realtà. Il distacco indispensabile al rilassamento non obnubila la visione del nostro presente, al contrario la integra, la osserva, l’accetta. Non ha l’effetto di una droga insomma, neanche quando si pratica una meditazione di autoipnosi. Nel caso della meditazione dell’albero inoltre, io conduco la persona ad ancorarsi alla terra tanto quanto al Cosmo, seguendo l’insegnamento dei Maestri legati al credo delle civiltà precolombiane che avevano una visione spirituale strettamente legata alla Natura.
2. La meditazione non ha nulla di paranormale, né è legata alla religione. Non è roba da sette sataniche e guru demenziali. Se avete un vago sentore di tutto questo, allontanatevi da chi ve la propone. La meditazione è un modo di allineare le nostre energie, di calibrare il dispendio delle nostre forze e non farsi sopraffare dalle proprie emozioni. È uno stato di rilassamento profondo che alza le nostre vibrazioni energetiche e può portare all’incontro con il nostro Io Interiore. Talvolta ci sono persone che scoprono di poter andare oltre, ma nella maggioranza di noi, produce semplicemente una sensazione di benessere e di pace che ci permette di affrontare meglio una giornata o una notte di riposo.

Come spesso dico a chi comincia: “È come se fuori dalla tua stanza facessero un gran chiasso e tu chiudi la porta”
Hai sempre questo potere nella vita, tutti i giorni!

Provarci non costa nulla. All’inizio potresti restare perplesso, ma come in tutte le cose, ci vuole un po’ di pratica e di approfondimento. Per quelli che già fanno meditazione, sarà uno strumento utile per collegarsi più profondamente alla Natura, la fonte prima, secondo me, dell’armonia interiore. Allora coraggio!

Prenditi qualche minuto… Non pensare, medita!

LA VOCE DEGLI ALBERI E I BAMBINI

Domenica 29 settembre ho avuto il privilegio di animare un workshop con una nidiata di bambini ( Health Academy for Kids dai 6 agli 8/9 anni) al Parco Naturale delle Risorgive di Codroipo. Si trattava di scegliere in ultima analisi il proprio albero amico. E come fra esseri umani, per farlo, bisogna conoscersi, confrontarsi, piacersi.

Sì perché – come spiegavo – gli alberi hanno una loro personalità, frutto della loro stessa fisicità, delle abitudini, modo di vivere e persino della loro storia.

Il frassino si porta sulle spalle una reputazione simbolica pesante che lo vede asse dell’Universo che lega Terra, Cielo e mondo sotterraneo; l’edera, accusata d’essere una parassita “scroccona” è al contrario, un’amica fedele di tutti, perché fiorendo tardi, offre polline alle api prima dell’inverno, agisce contro l’inquinamento, e protegge la corteccia degli alberi da gelo, fuoco, animali, eccesso d’umidità; e che dire del pratico, chiacchierone pioppo che, per la tradizione, tiene lontani i ladri e le dicerie… Il salice è stato adottato da qualche bambina dolce perché è malinconico, lunatico e tende a buttarsi giù. Nessun effetto traumatico nei bambini, nell’apprendere che il ciliegio era scelto per fare harakiri dai Samurai.

Imperturbabili, i piccoli non hanno pregiudizi né grande compassione. Sono come noi, ma senza filtri, senza ipocrisie e atteggiamenti di circostanza.
La magia, in giovanissima età, è assoluta normalità e la realtà è magica.

La meraviglia dei genitori era superiore alla loro, quando toccando Plaguita, la piantina di mimosa pudica, questa ha ritratto immediatamente le foglie per proteggersi. Dopo un OHHHH con le bocche a cuore, i bambini erano già pronti a tentare di fermare le rapide acque di un ruscello con semplici rami.

La forza creatrice del pensiero è una qualità innata nell’uomo, “vedere e immaginare” sono due doni limitrofi, in un sistema di vasi comunicanti che purtroppo tendiamo a perdere crescendo.

Ricordarci come eravamo può aiutarci a integrare quelle parti di noi ancora disposte a credere nei sogni e nella poesia, ad essere genitori meno apprensivi e più magici, ad accettare la personalità dei nostri figli così com’è, pur insegnando loro educazione e rispetto degli altri.

E se non funziona, possiamo sempre chiedere aiuto agli alberi! Un rametto di ontano in casa allontanerà l’ansia, la salvia scaccerà gli incubi, e se avete un bulbo d’asfodelo piantatelo davanti casa, vi proteggerà dai sortilegi maligni!

“Solo i bambini sanno quello che cercano” Le Petit Prince (Antoine de Saint-Exupery)

AMBIENTE=NATURA+SPIRITO

Si parla spesso di crisi di valori, disamore per la vita, abbandono delle grandi religioni monoteiste, tramonto delle idologie, degrado delle relazioni umane, materialismo…tutto vero, sebbene non siano sempre condivisibili le analisi che ne individuano le cause. Tutto fisiologico anche, in una società che corre, evolve, procede, inciampa, facendo i suoi sbagli.

Ciò che sorprende però è l’assoluta, sostanziale cecità dei potenti di fronte ai problemi ambientali. Un’ottusità, non soltanto figlia dell’avidità, della sete di potere, ma anche frutto di profonda ignoranza, quasi un non rendersi conto che, oltre all’oggettivo rischio d’estinzione della nostra civiltà, sono i bisogni intimi dei singoli individui ad essere cambiati.

Ci sono voluti i mega incendi di quest’estate perché il Papa invocasse il rispetto della Natura (peraltro con enfasi diversa a seconda che si tratti di fuochi di Bolsonaro o di Maduro!) appellandosi tuttavia a un Dio Creatore sempre posto in alto, da qualche parte, a guardarci da spettatore. Dall’altra parte i giovani di tutto il mondo scendono in piazza “contro i cambiamenti climatici” come fossero la scelta di qualcuno.

Io non sono totalmente d’accordo: i cambiamenti climatici sono anche parte dell’evoluzione della Terra, un organismo vivo, pulsante, cosciente (“respira come un essere umano, dicono i miei amici sciamani, e segue il proprio ciclo di vita”) messo a dura prova, certo, dall’azione scellerata dell’uomo.

E il problema è proprio questo: non riconosciamo più alla Terra Madre la valenza spirituale che tutte le grandi civiltà del passato le accordavano. Se non ripartiamo dalla sacralità della Natura nel suo complesso e nelle sue singole componenti – piante, animali, pietre – ciascuna con un proprio spirito come affermava Gustavo Rol, nessun movimento ambientalista, per quanto agguerrito e ben nutrito dalla paura, riuscirà davvero a cambiare il nostro modo di vivere sul Pianeta.


Se non riconosciamo nel singolo albero la manifestazione piena della matrice stessa dell’Universo, non scatterà la molla dell’Amore, il vero motore di questa rivoluzione. Ma ciò significa tornare anche a un modello di spiritualità individuale, libera, sganciata da dogmi, filtri e gerarchie ecclesiastiche, una religione del cuore che rispetti e ponga sullo stesso piano, corpo, mente, energia, spirito.

Accedere a un livello di coscienza superiore, questo ci riallineerà al movimento del cuore della Terra e modificherà davvero il nostro modo di vivere.

LA NATURA…NON AMATELA GRAZIE, RISPETTATELA

L’estate che sta finendo è stata terribile per la Terra. Il fuoco imperversa ancora in tutti i Continenti (eccetto l’Antartide, i cui ghiacci stanno peraltro fondendo) in Amazzonia, in Siberia, a Giava, a Sumatra, in Congo, in Angola etc.

Flames burning wood in the night on blue (byVictoria Schaal)

Intanto le nostre comode vite continuano a girare: Di Caprio offre 5 milioni di dollari per l’Amazzonia e riprende a svolazzare nel suo inquinante jet privato. Come biasimarlo? Siamo tutti in contraddizione, siamo tutti “impegnati a metà”: adoriamo i nostri animali e buttiamo la cicca della sigaretta per terra; vogliamo mari puliti per nuotarci d’estate e compriamo detersivi sempre più potenti da riversarvi dentro; aderiamo alla moda dei “bagni di foresta”, ma beninteso ci andiamo in suv!

Amiamo la Natura. Ne siamo convinti tutti. Ma la realtà è che l’amiamo a pezzi, a episodi, a zona (come la famosa dieta!) identificandola di volta in volta con un’emozione precisa, definita. Solo per noi, naturalmente!
ERRORE! La Natura, né buona né cattiva, ci rispetta. Non ci ama, non ci odia, semplicemente vive. E preservando se stessa, ci aiuta. O meglio, ci aiutava! Perchè ora qualcosa è cambiato: la Terra si sta trasformando energeticamente (la risonanza Schuman registra un nuovo picco, con ennesimo indebolimento dei campi magnetici e conseguenze climatiche gravi).


Poco le importa se non abbiamo capito e continuamo a non capire. Soccomberemo se non sapremo trovare un equilibrio, una coerenza seria, una maturità nuova nella gestione della nostra vita.
No, Niente amore, per favore! Il rispetto autentico, umile e costante sarebbe già un grande risultato!

IL CONTAPASSI,LO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE E DEI GHIACCIAI

Ieri una signora seduta su una panchina contava tutta fiera i passi che aveva “coraggiosamente” compiuto intorno al Lago di Misurina. Io stavo leggendo dello scioglimento delle Camere e dei ghiacci, dell’Amazzonia, il polmone del mondo, drammaticamente in fiamme, scuotendo la testa disperata. La scena mi sembrava surreale.

courtesy by Victoria Schaal

Hill with trees about to burn in red, orange wildfire (V.Schaal)

Io non voglio contare i passi. È terribile tener conto dell’avanzare. Specie quando è illusorio. Quale malefica forza ci spinge a tenere la contabilità di tutto ciò che facciamo, diamo, riceviamo?

Signora, l’energia va spesa, il corpo usato, il cervello impiegato, il cuore donato, l’anima coltivata. Il tempo rielabora e comunque divora, allora perchè contare?

La combustione triste dei nostri giorni (contati, quelli Sì!) sembra la foresta amazzonica che brucia. Nessuno ci restituirà quei passi, ma non vanno nemmeno contati, sono stati un piccolo viaggio. Memorizziamo quello, invece della cifra delle calorie spese, delle scarpe consumate. Impariamo invece a distinguere la gravità irrimediabile di ciò che ci accade intorno.

 

Signora, conti le stelle, conti i governi “del cambiamento” che si susseguono senza una minima visione di futuro, conti gli alberi che non ci sono più, l’ossigeno che diminuisce, conti i ghiacciai che scompaiono, che i nostri figli e nipoti non vedranno mai, conti il tempo che ha perso a contare… e a far finta che è una bella giornata soltanto perchè lei ha bruciato le calorie di una fetta di torta.

FORZE DIVERSE PER COMBATTERE IL FUOCO DI SIBERIA

È notizia di poco tempo fa: gli sciamani di Siberia si sono riuniti per mettersi in contatto con la Madre Terra e con le energie dell’Universo e invocare il loro aiuto in modo da fermare l’apocalittico incendio che sta divorando le foreste.

Anche i Buddisti hanno annunciato di voler pregare le forze della Natura, chiedendo a tutti d’inviare le coordinate geografiche delle centinaia di focolai che si sono scatenati in pochi giorni.

Un pezzo di Siberia, grande quanto il Portogallo è già andato in fumo. Il grido di dolore degli alberi è avvertito da tutte le forze spirituali del Pianeta, mischiato al solito drammatico balletto di notizie che denuncia la fusione dei ghiacciai del Polo Nord, le contaminazioni nucleari nel mar del Giappone e in Russia, le ondate di caldo record nel mondo, il super tifone in Cina, l’aumento della presenza di tonnellate di plastica nei mari, l’epidemie di malattie negli alberi. Insomma l’Apocalisse delle Sacre Scritture.

Ai più scettici può sembrare un’ingenuità, personalmente sono fra quanti si rallegrano di constatare una certa evoluzione da parte dell’Umanità. Parlo di evoluzione perchè finalmente l’uomo comincia a capire che può/deve riappropriarsi delle proprie capacità ancestrali.

“Tutti i problemi nascono dalla perdita di frammenti d’anima, anima intimamente connessa con le forze della Natura” mi hanno spesso detto gli sciamani di mezzo mondo. La causa di questa perdita è sempre la paura, la conseguente arroganza del controllo, la volontà di dominio. La nostra società nella sua totalità ha perso il contatto con la propria parte invisibile, divina, spirituale. La preghiera, la pratica dei mantra, la meditazione individuale e collettiva, altro non sono che un’attivazione di energie “alte” proprie a tutti noi.

“Le nostre certezze mentali in verità sono le nostre più grandi bugie” sosteneva F. Nietzsche. Ed è sulla base di queste certezze che deprediamo e avveleniamo il Pianeta.

È interessante notare come in questi riti ci sia sempre una nozione di purificazione. Gli sciamani aiutano a cacciare gli spiriti malvagi cioè le idee negative. Potentissime, perchè (come le positive) “creatrici della realtà che viviamo”. Queste idee non sono nostre, sono ciò che già la tradizione greca antica cosiderava “Idola” forze spirituali, il Male.

Nell’attuale visione sciamanica del mondo, queste energie negative e basse hanno preso il sopravvento perchè abbiamo tradito il patto con la Natura, abbiamo interrotto la pratica di tradizioni ancestrali e dimenticato l’umiltà (di qui il ruolo delle offerte simboliche alla Madre Terra).

Ora la buona notizia è che una sempre maggior fetta di popolazione sta riaprendo le porte di un invisibile che è già dentro di noi, connesso al cosmo, causa-effetto assieme, perchè privo del dualismo che permea il mondo materiale e mentale. Basterà a fermare la corsa alla catastrofe? Di sicuro c’è la certezza che ognuno di noi può e deve fare la sua parte. Sì ciascuno, con le proprie forze e capacità. Come insegna la Natura in ogni sua minima, perfetta manifestazione.

ORRORE NAZISTA E POESIA: L’ALBERO DI GOETHE

Avete presente il campo di concentramento di Buchenwald in Thuringia? Qualcuno forse, come me, lo avrà visitato con la scuola, di certo in molti lo hanno visto in film e documentari…

Si trovava sul fianco di una collina brulla, sferzata dal vento che d’inverno era glaciale. Ovunque filo spinato elettrificato. Le baracche allineate in un tetro ordine da avenue si mescolavano a caseggiati più grandi: quello della sala delle docce per la disinfestazione e l’ampio edificio del cosiddetto “servizio di patologia” con l’infermeria e i laboratori. Su tutto svettava il forno crematorio.

In mezzo a questo inferno, pochi sanno che vicino alle cucine, c’era un albero, un grande faggio. Fu pietosamente conservato perchè Goethe era solito venire a passeggiare da queste parti, nei dintorni di Weimar, per pensare e scrivere.

E’ difficile immaginare due momenti della storia tanto lontani e inconciliabili. Eppure quell’albero è stato testimone di atrocità e orrori quanto della più alta forma di creatività dell’uomo.

La morte per genocidio e l’immortalità dell’arte hanno alimentato il silenzio interiore di quel faggio e sarebbe bello potergli chiedere, a questo punto: “Qual è il significato della vita?” Probabilmente risponderebbe come il monaco buddhista Mumon Yamada “La vita non ha nessun significato e nessun non-significato, bisogna viverla!”

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L’ARTE DI AMARE IL LUOGO DOVE SI VIVE

Continuo a scrivere. Non saprei smettere neanche se lo volessi, ma presentare i miei libri, incontrare la gente è una pausa necessaria, un piacere autentico, mi nutre, m’insegna, mi è indispensabile per non inaridire l’inchiostro che conduce per mano le mie frasi.

Il 29 Maggio scorso ero ospite di un’iniziativa organizzata dall’Ing. Giovanni Cecconi di Wigwam Venezia (Associazione Nazionale Protezione Ambiente) nella bella costruzione a colonne bianche della Ricevitoria di San Giuliano, sulla laguna, sede, non a caso del Circolo Canottieri di Mestre. Erano previsti un certo numero d’interventi su temi molto vasti quali il turismo ecosostenibile, l’agriturismo (con testimonianze dalla splendida Maremma) l’inquinamento lagunare, lo studio delle antiche carte cinquecentesche e settecentesche riguardandanti la zona di Porto Marghera, Mestre, con tanto di mappatura di canali ormai scomparsi o mutati nel corso dei secoli.

Ero prevista anch’io, o meglio, io “con le mie ragazze” di “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono”  a dare un tocco di fantasia (si fa per dire perchè l’intelligenza e la capacità di comunicare del mondo vegetale è appurata ormai scientificamente) una ventata d’allegria ad una serata funestata da un maltempo che a Venezia trova un precedente soltanto nel maggio 1958.

A conclusione di una serata conviviale, allegra e interessante, più d’ogni altra cosa mi sono portata via l’impressione che tutte queste persone possedessero l’arte d’amare realmente la propria casa d’elezione. Che il segreto di un’autentica sensibilità ecologica fosse tutto in quel senso d’appartenenza a una comunità, una terra, spesso maltrattata e vilipesa, ma sempre incondizionatamente amata. Una sorta di spiritualità laica, trasversale e poliedrica, un senso di continuità col passato che dev’essere una missione nel presente, sembra davvero essenziale per assicurare una prospettiva a chi verrà dopo.

E tornando a casa, sotto la pioggia, mi è venuta in mente una diffusa pratica buddista che si chiama “Toccare la terra” e consiste nel chinarsi 6 volte per sfiorararla con fronte, gambe e mani “per entrare – come dicono – nel mondo delle cose cosi’ come sono”, per dissolvere cioè ogni sentimento di separazione e di distinzione dalla Madre Terra.

Nulla e nessuno puo’ esistere di per se stesso: ogni cosa nell’Universo deve inter-essere con tutte le altre. E queste persone, nella loro semplicità o erudicità, producendo olio d’oliva biologico o allevando animali in modo corretto, cercando di gettare le basi per un turismo compatibile con l’ambiente o battendosi per l’uso di barche elettriche a Venezia e per il rispetto del fragilissimo ecosistema lagunare, parevano aver ben recepito che amare significa non fuggire quel legame d’appartenenza che il destino ci ha affidato. Amare la propria casa è essere quella casa, riconoscere l’inscindibile trama della vita che a lei ci lega.

GIUSEPPE VERRI: COME ESSERE ARTISTI OGGI?

Non lo immagineresti mai, quando lo vedi impastare quattro farine diverse per preparare la Maza, la sua famosa pizza nel forno a legna, o quando ti spiega come fa crescere il luppolo della sua birra artigianale, per trasformarsi, cinque minuti dopo, nel “re della brace” facendoti gustare una costata da far invidia alla forentina più verace. Ma poi, basta farsi un giro nei terreni attorno al casolare per accorgersi che il suo gettonatissimo agriturismo (il Casale della Mandria tel. 06 93748540) a mezz’ora da Roma, è in realtà un museo a cielo aperto, una fucina d’idee e un alveo di creatività allo stato puro perchè, oltre alle sue gigantesche sculture disseminate qua e là, possiede un piccolo rudimentale anfiteatro in legno dove organizza serate e spettacoli, un punto energetico dove si raduna un gruppo di appassionate di yoga (una grande statua della fertilità ne segnala il centro esatto) e campi di grano, olivi… in un guazzabuglio disordinato e allegro di attività.

Eh già, perchè come me, anche Giuseppe crede che “Tutto è possibile”

 

D’altra parte lui ne è la dimostrazione vivente: la laurea in ingegneria era stata il suo destino fin da quando la madre lo aveva in grembo. Terzo di quattro figli, ma primo maschio di casa – “Gli amici mi chiedevano: quando nasce l’ingegnere?” racconta divertita mamma Verri che ancor oggi lo aiuta in cucina – quest’omone imponente dal sorriso aperto, fino a qualche anno fa, lavorava a Roma con giacca e cravatta.

“L’arte è sempre stata presente nella mia vita però, ad oggi avrò fatto più di 700 sculture” precisa. Fin da adolescente, l’amore per la natura e la scultura occupavano parte delle sue giornate e dei suoi sogni per il futuro. Più che di sogni, forse dovrei dire “visioni” perché in lui c’è una qualche veggenza, mescolata a ricordi dell’infanzia più remota. Mi fa pensare al desiderio di Picasso sul letto di morte di saper dipingere come un bambino: la gigantesca statua della figliolina Viola in mezzo ai papaveri; la mega-tromba; la porta glicine intitolata “Open” mi fanno ammirare la sfrontatezza monella di questo Oliver Twist con la barba.

Magnifiche – indizio di vero artista non sfuggito a critici d’arte e curatori – le sculture con materiale di recupero e in ferro “ Il bufalo” “La donna”… e i grandi totem disseminati in giardino, nei materiali più diversi, ad evocare mondi antichissimi, forme catalizzatrici d’energia e misteri insolubili.

D’altra parte siamo sui colli Albani, Lanuvio (l’antica Lanuvium, uno dei 30 populi della Lega Latina che nel 338 a. C. fu sconfitta da Roma) è a pochi passi da qui. E qualche kilometro appena ci separa dal sito archeologico del Santuario di Giunione Sospita, con la famosa grotta dove era custodito il serpente sacro alla dea, a cui, in primavera, venivano offerte focacce da giovani fanciulle. Sospetto che Giuseppe si sia propiziato i favori di tutti gli dei dell’Olimpo mentre divoro uno dei suoi memorabili carciofi, ma poi torno seria, perchè questa faccenda di vivere in luoghi tanto pregni di storia remota non può non intaccare l’ispirazione e la sensibilià di un artista come lui, prototipo vivente di una nuova, moderna stirpe di creativi a tutto tondo, duttili agli stimoli più diversi, ancorati al passato e alla realtà, senza snobismi, ma con un senso profondo d’eternità.

Rimaniamo in silenzio a respirare l’aria umida di pioggia, c’è una luce bellissima che sfugge alle nuvole scure, disegna i contorni dei pini ad ombrello – quelli che ti confermano che sì, ti trovi nel Lazio!! – e non c’è verso, torniamo a parlare d’energia. “Non so come… le cose che mi accadono, vengono a me, da sole. Le attiro”
Qualcosa vibra, lo so molto bene, e concordo: intercettare quell’invisibile legame che ci lega tutti, l’energia stessa che veicoliamo, dentro e fuori dal tempo, è la base d’ogni vera comunicazione possibile, nell’arte come nella vita.

DELL’ARTE DI PARLARE ALLE PIANTE

Ogni volta che presento il mio libro Cosa fanno le mie piante quando non ci sono e mi ritrovo a dire che, come la protagonista del romanzo, gli parlo regolarmente chiamandole per nome, nell’auditorio noto che serpeggia una perplessa ilarità. Approfitto allora di questo blog per entrare un po’ nel vivo dell’argomento.
Premesso che parlare da soli è assolutamente benefico, perché ci obbliga a rallentare e ad ascoltarci – lo stesso Einstein ammise di ripetersi spesso le cose lentamente e a bassa voce – tengo a precisare che dialogare con le piante è cosa diversa e più profonda, perchè si tratta di un vero scambio fra esseri viventi che entrano in una sorta di armonica alleanza di energie. Chi ha l’abitudine di passeggiare da solo nel bosco, sa bene che in realtà penetra in un mondo che palpita e vive e comunica con il suo corpo energetico.

Negli anni ’70, l’agricoltore messicano Don José Carmen Garcia Martinez, trovatosi nell’urgenza di escogitare soluzioni per salvare il suolo sterile del suo terreno, si mise a parlare tutti i giorni con la Madre Terra, ottenendo, dopo pochi mesi, con un utilizzo irrisorio di fertilizzanti e senza pesticidi, degli ortaggi di dimensioni straordinarie, capaci di resistere alle malattie. La sua fama crebbe rapidamente in tutto il Messico, tanto che l’Università di Agronomia di Chapingo cominciò a studiare il fenomeno.

Don José sosteneva che il suo metodo in realtà era assolutamente semplice: comprendere le piante, trattarle con dolcezza, creare affinità, fare conversazione. “La vita delle piante è tale e quale a quella di ogni essere vivente” scrive nel suo libro El hombre que habla con las plantas.

Non solo, Don José usava nuovi alberi per attirare la pioggia, selezionandoli accuratamente e piantandoli secondo un tracciato poligonale.

L’Università di Chapingo eseguì allora tutta una serie di esperimenti nel deserto del Vizcaino dove non pioveva da 6 anni e nello Stato di Oaxaca (la patria della mia curandera Gudelia vedi art. di questo blog) seguendo alla lettera le indicazioni di Don José. Dopo aver piantato i nuovi alberi, nello stupore generale, sui due siti in questione iniziò a piovere a dirotto su una superficie di terreno pari a 30 km attorno alle zone rimboschite.

Per spiegare il fenomento si evocarono ipotesi legate alla fisica quantistica, riti già praticati dai Maya legati all’attivazione di circuiti elettromagnetici e quant’altro… mentre il buon Don José, divenuto un attivista ecologico, continua a predicare di piantare alberi nel mondo. Certo, non tutti possono ottenere cavolfiori di 45 kili come lui, ma perché non provare a salutare le vostre piante domattina con un bel BUONGIORNO?!

AL ROTARY CLUB PER PARLARE D’AMBIENTE E INTELLIGENZA DELLE PIANTE

Si parla molto d’impegno ecologico in questo periodo, lo constato continuamente quando presento il mio libro “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono”.
Il 18 Marzo scorso ho avuto l’opportunità di farlo al Rotary Club di Pordenone, (che ringrazio per l’accoglienza squisita) un appuntamento cui tenevo molto per l’affetto che mi lega alla mia città d’origine e per i ricordi cari legati all’infanzia, ai mei genitori, alle scuole, agli amici. In questa occasione ho potuto notare come i cinquantenni e oltre si riavvicinino alla Natura, riappropriandosi al contempo del proprio corpo, praticando sport che li portano a fruire dell’Ambiente in territorio friulano-veneto e all’estero, come forse mai prima nella loro vita. Questo li conduce alla consapevolezza nuova e autentica dell’urgenza di preservare un Pianeta che mostra visibili segni di cambiamento e sofferenza.

 

Anche i giovani, sulla scia della piccola Greta tanto alla ribalta sui media, incominciano – pare – ad appassionarsi alla causa e a scendere in piazza. Ma in che modo?

 

Non posso evitare d’esprimere un certo scetticismo dinanzi all’ignoranza che spesso constato in tema d’ecologia. Alcuni ragazzi intervistati durante una delle ultime manifestazioni a Roma, citavano addirittura lo SPREAD come concausa dei cambiamenti climatici; sul buco dell’ozono avevano idee vaghe, ripetevano slogan brevi e superficiali, criticando – a giusto titolo, certo – le scelte dei governi.

Resto dell’idea che il cambiamento in tutti i campi sia possibile solo cominciando da se stessi e dalla conoscenza. Non si può parlare d’ambiente senza capire la complessità del tema, l’intricato legame fra le decisioni e le azioni, insomma non si può essere utilmente impegnati in questo campo senza approfondire i meccanismi che reggono l’intero ciclo naturale della Terra.

Capire che il pianeta si comporta come un immenso circuito elettrico, che il mondo vegetale fin dalle origini ha saputo creare un modello di società collettiva in cui ogni essere vivente ha una sua precisa collocazione e funzione significa incominciare a percepire la vastità del problema. Ottimizzare le risorse, evitare gli sprechi, stabilire alleanze e solidarietà proprio come fanno le piante che non si sacrificano beninteso – non s’immolano – ma calcolano l’aiuto che possono offrire alle loro simili e pretendono il rispetto d’accordi di reciproca collaborazione fra loro e con gli animali, può essere il vero modello di vita da cui partire per trasformare, senza sconvolgerla, l’esistenza dell’uomo sulla terra.

Non si tratta di tornare al medioevo – ricordate la folle proposta di Grillo, tempo fa, di rinunciare all’uso degli assorbenti igienici, lavandoci di volta in volta una protezione in cotone? Lo facesse LUI – né di tornare ad attingere l’acqua nei pozzi, ma di usare la tecnologia per trovare soluzioni ecocompatibili, di dirigere l’economia – che DEVE generare profitti – sfruttando le nuove esigenze ecologiche.

Oltre a manifestare per le strade dunque, abituamoci a osservare piante, alberi e coltivazioni, a riflettere sui nostri comportamenti quotidiani, ad approfondire l’effetto domino di qualunque decisione assunta, anche della più virtuosa. Perchè una cosa é certa: non é più tempo di atteggiamenti eco-modaioli, é tempo di salvarci o meglio di salvare il salvabile per le prossime generazioni.

“BROKEN NATURE” LA TRIENNALE DI MILANO S’INTERROGA…MA POI?

Broken Nature: Design takes on Human Survival così s’intitola la XXII Triennale di Milano (1-3/1-9 2019) e l’intento è evidente: indagare, nei modi più svariati, surfando fra passato e futuro avveniristico, sui legami dell’uomo con l’ambiente naturale, ambiente gravemente compromesso dalle decisioni scellerate della nostra civiltà. Architettura e design devono/dovrebbero (non riesco a decidere quale verbo usare e non sono la sola) reinterpretare il rapporto fra esigenze di vita di tutti noi e contesto in cui viviamo. Insomma l’eterno, insolubile dilemma fra ecosistema sociale e naturale è il punto di partenza per questa mia breve riflessione.

Sì, perchè siamo tutti dalla parte dell’ecologia, fino a quando in cima ad un vulcano non dobbiamo lavarci con un litro d’acqua gelata a testa; siamo tutti per la raccolta differenziata fino a quando “non ci scappa” in piena foresta pluviale; siamo tutti “due-cuori-e-una-capanna-basta-la-passione” fino a quando non passiamo l’inverno in tête à tête in una bicocca senza riscaldamento. Conosco coppie che dopo una simile esperienza si sono lasciate così duramente da non salutarsi più per le strade di Parigi.

Ci siamo abituati alle comodità e le nostre comodità costano caro all’ecosistema. Tornare indietro è molto difficile, pressochè impossibile. E poi, non so voi, ma a me, le soluzioni abitative che preservano l’ambiente appaiono sempre come strani incubi notturni, fantasie appunto. Le guardo, talvolta le ammiro, ma poi – mi dico – devo tornare a casa mia. E casa mia, a Venezia, ha circa 1570 anni. Il design flirta con lo spettacolo. Le sperimentazioni più svariate sono forme d’arte, poi c’è la vita reale e il problema della vivibilità su larga scala resta.

Certo possiamo evitare gli sprechi, bandire il più possibile la plastica dalla nostra vita (ricordandoci che non riguarda soltanto il supermercato dove facciamo la spesa), usare materiali naturali, fare la doccia anzichè il bagno, ma è difficile immaginare di vivere su un albero, nè facciamo tutti i guardaboschi come il signor Peter Wohllenben (autore di best sellers sulla vita degli alberi).

Può sembrare pericoloso ciò che affermo, ma non lo è. Secondo me, confrontarsi davvero con la realtà è il primo passo verso diverse possibili soluzioni al problema. Delirare sul futuro non serve, vivere come gli Hamish è ridicolo, diversificare le strategie invece, sarebbe, tanto per cominciare, molto più saggio.

Non è un caso che all’interno della Triennale ci sia la Mostra “La Nazione delle Piante” curata da Stefano Mancuso. Perchè è proprio da loro, dalle Piante, che può venire l’insegnamento vincente per un approccio utile alla creazione di soluzioni non-o-poco predatorie nei confronti dell’ecosistema. Non c’è problema in Natura che le specie non affrontino con strategie ad personam, o per meglio dire, ad plantam. Insomma per una volta, essere noi uomini ad adattarci alle diverse circostanze… un po’ come facevano i Maya che non rendevano santi, luoghi di loro scelta, ma eleggevano i siti sacri sulla base delle qualità energetiche specifiche del posto.

LA MEDITAZIONE FRA LE PIANTE? ECCO UN VIDEO PER ENTRARE IN MEDITAZIONE

Foto di Victoria Schaal (www.victoria-schaal.com)

Alzi la mano chi, fra quanti, intrapresa la difficile strada della meditazione, non ha mai desistito, sopraffatto dalla sfiducia e dallo scetticismo!
Io ci ho messo molto, lo confesso, a capire cosa fosse davvero. Il vuoto, l’assenza di un pensiero dominante – mi dicevano – l’osservazione pura e neutra, l’esserci hic et nunc, liberando i lacci della coscienza. Sì ok. Facile a dirsi!
Per settimane, mesi, cominciavo piena di buone intenzioni, ma finivo inesorabilmente per:
a. Riarredare tutta la mia casa, tinteggiatura dei muri compresa.
b. Programmare i viaggi dei prossimi dodici mesi, con tanto di prezzi e ore di volo.
c. Rintracciare ricordi assurdi dell’infanzia più remota, tipo l’orrida signora di una boutique del centro che mi chiedeva sempre se volevo più bene alla mamma o al papà, gettandomi in faccia la scioccante verità che in teoria si poteva amare di più uno dei due.
Non pensare è impossibile. Non sognare ad occhi aperti, altrettanto. Dovevo provare altri metodi. Ma accendere una candela da fissare per concentrarmi mi aveva rivelato – questo sì – che ero in grado di spegnerla con la mia irrequietezza, quella stessa che in teoria avrei dovuto saper zittire per almeno un quarto d’ora.

Alla fine, quando ormai avevo perso ogni speranza, provai a seguire un consiglio: concentrarmi fra due elementi, due punti, le mie sopracciglia (nel famoso terzo occhio dei chakra) le due mani, le due ginocchia. Per gli stressati cronici come me – quelli con il cervello-criceto che corre incessantemente sulla ruota senza fermarsi mai – vi assicuro, è il metodo giusto (un altro modo per cominciare è affidarsi alle meditazioni guidate on-line, io, ad esempio consiglio quella di Accademia Infinita https://www.youtube.com/watch?v=Y5cLxJGRDvQ )

E finalmente un bel giorno, ecco apparire per un istante il famoso vuoto, un luogo bizzarro dove la mia mente non aveva alcun ruolo da protagonista, niente da pensare, da formulare, organizzare, immaginare. E quell’istante in realtà non era stato un istante ma venticinque minuti. Quasi mezz’ora scappata al cane da guardia della mia coscienza. Un tempo sfuggito al mio orologio mentale. Il tempo-non-tempo, non-misurabile-perchè-chi-se-ne-frega- che con ogni probabilità le nostre piante abitano fin dall’inizio del mondo. Uno spazio neutrale di energia vibratoria, senza nome, ma con una frequenza che interagisce fra tutto ciò che vive.
I più recenti studi sull’intelligenza delle piante hanno rivelato con supporti scientifici che queste posseggono in un loro modo vegetale i cinque sensi, persino quello della vista, seppure meno sviluppato. Esimi studiosi affermano infatti che le nostre piante ci percepiscono come un bagliore. Ma il nostro muoverci nel tempo è talmente rapido che per loro siamo una sorta di lampo nella notte.

Allora perché non provare? Perché non associare alla meditazione anche le nostre piante? Dare loro l’opportunità di darci un’occhiata finalmente, con calma, in questa sospensione pacifica del divenire che conoscono così bene. Se la genetica ci ha confermato che non siamo poi tanto diversi (il genoma del riso ha poche migliaia di geni più di quello dell’uomo) se la memoria cellulare è la stessa, ciò che ci separa davvero è soltanto la nostra straordinaria irrequietezza. È l’animale, il fanatico dell’aggressività, l’insofferente alla propria provvisorietà, il prigioniero dei sensi e delle emozioni, il campione della fuga nell’altrove!

La meditazione, col suo piccolo regalo d’eternità può collegarci alla Natura profonda degli alberi e delle piante, contribuendo a quella connessione che, anche quando non ce ne accorgiamo, si crea nelle nostre case, nei nostri giardini o passeggiando in silenzio in un bosco.

E se invece finiamo col farci una risata, non è grave! Sono certa che le foglie e i rami e i fiori accoglieranno con simpatia il flusso limpido e argenteo d’energia che accompagna sempre un sorriso spontaneo.
Fatemi sapere!

Dal Messico: A SAN JUAN de CHAMULA (Chapas) LA POLIZIA NON ENTRA

Oscar, l’autista, mi raccomanda di far sparire il cellulare, la macchina foto e di farmi piccola quando entriamo nella chiesa di S.Juan.

Una parola! In mezzo a gente alta un metro e cinquanta, capelli corvini e pelle color tabacco! Ma in realtà a me nessuno farà caso (e infatti qualche fotina l’ho scattata per voi he he…)

 

Questa follia è autentica e tutta loro: di una comunità che parla ancora un dialetto di derivazione Maya, figlia di gente che all’arrivo dei Conquistadores spagnoli, preferì il suicidio di massa.

L’interno della chiesa, priva d’altare ma consacrata cattolica a modo suo – un prete ogni tanto viene portato da San Cristobal a dir Messa per poi tornarsene via a far finta d’ignorare ciò che qui accade – è colorato e kitsch come un quadro di Frida Khalo: ai lati della navata centrale, una sfilza di statue di Santi e Sante rigorosamente separati, con altari e altarini pieni di fiori e festoni.

Ovunque candele in vetro e per terra, a steli lunghi e sottili consumate nei riti degli Shamani. Si cammina su un tappeto di aghi di pino continuamente raccolti e rinnovati, e tutto questo ammorba l’aria fumosa d’incenso, di profumo dolciastro di Natura che appassisce. 

La gente s’accalca ovunque, vestita in modo tradizionale: lunghe sottane nere per le donne e scialli ricamati a fiori sgargianti; gli uomini, col cappello da cowboy indossano cappotti e gilet di lana, pelosa come una pelliccia di fattura grezza, stretti da alte cinture. 

È così tutti i giorni. Intere famiglie s’accucciano per terra attorno al brujo. Sono venuti con il necessario, candele, uova, fiori, un gallo o una gallina.

 

Mi sistemo in un angolo alle spalle di una vecchia shamana. Da poco sono state ammesse anche le donne, ma è l’unica soddisfazione che avrò: in questo paese di 58000 abitanti, la donna deve servire l’uomo, camminargli un passo dietro.

A 13 anni è già sposa.

Vedo madri poco più che adolescenti, con bimbo stretto in una fascia sul ventre.

 

Il rito della bruja comincia.

Bisbiglierà orazioni per due ore, accendendo le candele in fila fino a consumazione. Sulla pozza liquida che si formerà, getterà Posh (un alcool a 60 gradi  che si passano anche per farsi un goccetto!) e Coca-Cola ( chissà perché).

La famiglia ha affidato la sua richiesta alla shamana, queste le prime offerte. Poi la vedo strofinare l’uovo su una donna che le sta accanto, forse malata, infine invoca l’aiuto divino agitandole addosso il gallo…È un attimo, con destrezza spezza il collo all’animale che non emette gemito. Apparentemente il rito è finito.

Oscar mi sussurra che ora andranno al fiume dove la malata, volgendo le spalle all’acqua, getterà il cadavere nella corrente. “Si porterà via il male”.

 

 

 

 

 

 

Mi sento in un posto molto lontano e senza tempo. Fuori, gli uomini “pelosi” mi guardano con arroganza un poco ostile. La mia amica Lucia mi raggiunge un po’ preoccupata:

“Vieni via, qui la polizia non ci prova neanche ad entrare”. “Ah! – lancio una seconda occhiata agli uomini di Neandertal – e se uno ha bisogno d’aiuto, chi chiama? Zorro???”

 

Dal Messico: IL BENE, IL MALE, LA CURA dell’ESPANTO

C’è una curiosa incongruità fra la semplicità genuina e un poco caciarona della gente nei paesi, il continuo Carnevale delle piazze e la profondità del pensiero che regge tutta la medicina tradizionale (precolombiana!). L’idea di armonia mente/anima/corpo per stare bene e la cura dei mali invisibili che ci portiamo dentro.

L’espanto, lo spavento ad esempio, può minare la salute di un individuo e frammentarne persino l’anima.

“Non lo curate in Europa?”. Gudelia è allibita, roba da terzo mondo!

Apparentemente io ne avevo molto bisogno. Nella cera rappresa del rito, la curandera ha letto una serie di traumi secondo lei ancora impressi nel mio subconscio e nel mio corpo cellulare. Alcuni non posso ricordarli, ma me li raccontò mia madre: ad esempio quando a un anno, per la distrazione della tata, caddi dal tavolo della cucina. “Fu più che altro un gran spavento per mia madre – precisai – e per la tata, conoscendo mia mamma deve aver passato un brutto quarto d’ora!”.

Gudelia scuote la testa: “È stato un espanto per te”. Mentre la guardo, ripenso al racconto di mia madre, alla sua paura perché per qualche minuto, come assente, non avevo neanche pianto.

 

Di traumi, ce n’è una serie, alcuni li avrei scritti anch’io in una mia ipotetica lista, altri per me erano minori. Superati.
“No, hanno condizionato la tua vita y el amor también”
“Anche l’amore?”
Gudelia sembra perfettamente al corrente del mio excursus sentimentale.
“Con la cura andrà meglio anche quello” afferma con la sicurezza di un cardiochirurgo.
“Ah sì? Meno male!” rispondo sollevata, mentre mi sdoppio per godermi la scena assurda di me, a diciassette ore di volo da casa, in un buco di villaggio sperduto nello Stato di Oaxaxa, intenta a discutere animosamente dei miei amori con una donna che li commenta senza sconti, come una zia.

 

 

“Ma ora i traumi sono risolti definitivamente Gudelia?”
È sempre il cardiochirurgo a rispondermi: “Si, terminado”

 

Per la prima volta mi sorride e io capisco perché in paese la chiamano segretamente la chimuela (la sdentata), ma guai a dirglielo -m’ha raccomandato il mio amico taxista- sennò s’offende!

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Alla prossima, dal Mexico!

Vuoi leggere altre storie dal messico? Dai un’occhiata ai miei articoli precedenti 🙂

Dal Messico: A TU PER TU CON LA CURANDERA

Gudelia è un personaggio da romanzo. Per quali complicate, misteriose vie del destino mi è stato dato il privilegio d’incontrarla, lo racconterò probabilmente nel prossimo libro. Resta nella mia mente, il piglio deciso e la calma monumentale di questa donna d’estrema povertà, alta una spanna e leggera come un giunco, che sa a malapena scrivere il suo nome, e quel modo di guardarti apparentemente senza intensità, mentre ti dice tutto di te. Tutto ciò che le interessa dirti… La sua storia è semplice e bella. Una nonna curandera dalla quale per 50 anni ha imparato tutto senza farci caso. Poi il grande dolore: la perdita del suo bambino di sette mesi e la “rivelazione” mentre pregava nella chiesa di Xoxocotlan:

“Devi aiutare gli altri, usare il dono per vivere, non per arricchirti” .    

Pero no soy bruja (shamana) soy curandera, practico las plantas y las flores “. Per “la limpia” il famoso rito di purificazione dai mali fisici e spirituali, usa un mix d’erbe che brucia ai tuoi piedi e uova crude, strumenti vivi che assorbono il male. Gudelia mi spiega, mi cura, non tenta di convincermi di nulla. La cosa sembra non interessarla affatto.

Ai miei tanti “perché ” risponde spesso:

“Non lo so, ma ha sempre funzionato”.

E in quel “sempre” io non ho difficoltà a immaginare le curandere delle antiche civiltà zapoteche lassù sulle montagne della Sierra che anche oggi si stagliano all’orizzonte sul cielo di un turchese invincibile.       

 

Ci diamo appuntamento per l’indomani mattina. Mi dirà tanto di più. “E tu mi scriverai il tuo nome per intero – mi dice – perché io continui la tua cura, pregando”.

Il quaderno che mi mostra è a pezzi, tutto sgualcito, perde le pagine. Leggo Paul S. Washington d.c. numero di telefono; Jane W. Ucla CaliforniaTerry S. Huston Texas… Il mio viso è tutta una sorpresa. “Si, sì vengono, mi chiamano anche al telefono!” “Come? Come fanno a conoscerti, Gudelia?” “Non so – risponde calma – ma funziona”.

INVOCAZIONE MAYA PER TUTTI

Cari amici di blog,
In quest’inizio d’anno tutto nuovo, spinta dal vivo interesse suscitato dal mio libro “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” m’accingo a dedicarmi a nuove ricerche. Se le più recenti scoperte scientifiche stanno ottenendo grandi risultati sulla conoscenza del mondo vegetale, non ho mai ignorato infatti, avendolo riscontrato in molti Paesi in Africa, Asia, Centr’America, che popoli molto antichi possedevano già saperi, intuizioni, tradizioni, spiritualità e cosmogonie, capaci di penetrare i segreti più profondi della Natura.

È con questa sete di conoscenza che parto per il Messico, negli stati del Chiapas, di Tabasco e dello Yucatan (culle della civiltà Maya-Tolteca) per apprendere da alcuni dei superstiti depositari di quei saperi qualcosa del senso profondo del nostro esistere in seno alla Pachamama, la Madre Terra. Per questi popoli, oggi come allora, per i curanderos e le curanderas (i guaritori e le guaritrici), gli Yerberos (gli erboristi), gli Hueseros (gli aggiusta-ossa), gli Hechiceros (gli spiritisti) noi tutti siamo parte della più ampia comunità della Natura. E soltanto con le piante, i minerali, gli animali, nella comunicazione con tutti questi elementi è possibile raggiungere quell’armonia necessaria al nostro benessere anche fisico.

Ognuno di noi rappresenta un filo nel grande tessuto della vita. Corpo, mente, energia, spirito dell’uomo sono intimamente connessi alla Terra, perché anch’essa è un organismo vivente cosciente, intelligente, fatto di materia, energia e spirito, capace di autoregolarsi. Le piante sono creature protette, significative, indispensabili, a loro volta nostre guide e nostre guaritrici.

La profondità di queste filosofie risiede tutta nella loro tradizione pratica, nell’educazione all’esperienza della percezione e nella serenità che esprimono anche questi pochi versi che riporto qui sotto, come augurio di semplicità felice per il nuovo anno a tutti noi….

 

 

INVOCAZIONE MAYA

In verità, due volte grazie, tre volte grazie!
Perché fummo creati, perché ci vennero date le bocche e i volti.
Parliamo, ascoltiamo, meditiamo e ci muoviamo.
Sentiamo molto bene, conosciamo ciò che è lontano e ciò che è vicino.
Così abbiamo visto ciò che è grande e ciò che è piccolo sotto il Cielo
e sopra la Terra.
Grazie a voi siamo stati creati, costruiti, formati, originati.
Nostro nonno! Nostra nonna*! ”

*Nella Cosmogonia Maya, Nonni e Nonne sono i grandi antenati, i Creatori-Formatori, il maschile e femminile della Creazione.