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SEI PRONTO PER IL MONDO NUOVO?

Potrei dividere la gente che incontro in due grandi gruppi: quelli che si augurano che presto tutto torni come prima del Covid, perché non sanno immaginare niente di diverso; e quelli che sperano che il mondo rifletta e cambi, gli idealisti.

Per me il problema si pone diversamente, anzi, non si pone affatto. Non siamo di fronte ad alternative, il mondo è già cambiato, il portale è già stato varcato. La Natura si è già mossa, ha dato allarmi di tutti i tipi; in certe zone del mondo, in certi fiumi, l’inquinamento è irreversibile. Intere specie di piante e animali si stanno spostando, cercando nuovi habitat (sì anche le piante si spostano!) altre soccombono irrimediabilmente.

Courtesy of Victoria Schaal

Nei rapporti umani, durante il lockdown, abbiamo toccato con mano le nostre verità. Spesso amare, talvolta sorprendenti, ma sempre dolorosa necessità di fare il punto sulla nostra vita.

Parlo spesso con giovani di tutte le età, mi piace ascoltare le riflessioni degli adolescenti e dei più grandi, di quelli già entrati nel mondo del lavoro, un lavoro magari già anche perso, per effetto del Covid. Li trovo molto preoccupati, amareggiati e spaventati dal futuro. Tanti dicono di non volere figli, di non avere sogni. Li scopro molto sensibili ai temi legati all’ecologia, ma anche, purtroppo, persuasi che sia tutto inutile, che sia troppo tardi. Li sento interrogarsi sulla direzione da prendere nella loro vita: grandi certezze universitarie sono cadute, i luoghi “culto” della carriera non garantiscono più il futuro né la felicità.

Già la felicità, perché di questo si tratta nel nuovo mondo: osare, trovare la libertà di riformulare – ognuno di noi, a tutte le età – la nostra personale definizione della felicità. Tutte le ricette dei nostri genitori sembrano vetuste, sorpassate da una realtà cambiata per sempre. Ma è proprio in questo vuoto, che bisogna cercare. Ogni distruzione offre spazi di ricostruzione.

E questa volta, ragazzi, sarà una costruzione libera! Niente più obblighi morali di ripercorrere i passi di chi ci ha preceduto, se non ci sentiamo davvero chiamati a farlo, niente più pregiudizi fra lavoro manuale e intellettuale, il nuovo può rivisitare l’antico e assaporarlo con occhi diversi e competenze più alte. I soldi non saranno più il solo criterio per le nostre scelte.

Nella Torah si dice: Tutto in Natura nasce da un atto di rottura. Allora davvero, scegliendo di vibrare in modo diverso, possiamo cambiare il corso dell’umanità, di quella fetta d’umanità, perlomeno, disposta a reinventarsi con generosità, a cedere il passo ai giovani più capaci, a riscoprire l’autenticità, il rispetto per l’Ambiente, la gioia d’appartenere ad una comunità che possieda le nostre stesse vibrazioni alte.
Ce la faremo? Dipende da noi. Il primo passo è crederci. Perché per quanto possa sembrare improbabile o presuntuoso, come il mio Maestro mi ripete sempre: “Tutto ciò che fai, è per tutta l’umanità”

SCUSI LEI E’ FELICE?

 

In questi tempi di grandi migrazioni per una vita migliore, di crisi economica e ambientale, diffusa spiritualità o pseudo-spiritualità, intelligenza artificiale e grandi tuffi in mari di oblio, come la droga o l’alcool, mi sembra interessante dedicare una breve riflessione al senso della vita.
Per la verità ho sempre avuto la tentazione di andare in giro per il mondo a chiedere alla gente se è felice. Lo faccio molto spesso in realtà, in tutti i Paesi, dove mi capita. Se la conversazione s’allarga un po’, la butto là: ”Ma lei è felice?” “E tu? Sei felice?” A tutte le latitudini la reazione è sempre di grande sorpresa, larvato imbarazzo:

”Come felice?”
“Sì, felice”
“…così a bruciapelo…”
“Sì, così, d’istinto! Non si può rispondere alle domande più importanti riflettendoci”

È come chiedersi lo/la amo? Dev’essere un’evidenza. Il sì. Infatti spesso non arriva. Nella maggioranza dei casi, la testa ondeggia di qua e di là, s’attorciglia in modo complicato per dire e non dire:
”Mah, beh… – e poi per sottrazione – non mi lamento, ho questo e quest’altro…Felicità è una parola grossa!”
Grossissima, ne convengo. Ma semplice. E a forza di complicarci la vita su tutto, non siamo quasi più in grado di pronunciarla. Ne abbiamo un sacro terrore, roba da scemo del villaggio!

“Il fatto di progettare come arrivare a una meta, ci fa vedere il sentiero diritto, pieno di curve” dice il saggio. E certo ha ragione: primo ostacolo alla felicità è voler controllare tutto. La felicità ci sorprende se le lasciamo un po’ di spazio per respirare, liberare, rischiare delle gaffes, altrimenti è come pretendere di vincere alla lotteria senza comprare un biglietto”

Ma a questo punto si pone un altro problema: quanto chiedere alla vita (e a noi stessi)? Io le ho sempre chiesto moltissimo, lasciarmi soddisfare le mie passioni, i viaggi, lo scrivere, le case, d’amare e d’essere amata di vero amore…
Se si è esigenti, le delusioni sono sempre dietro l’angolo. La vita ha un peso, ma ti sorprende. L’altra è la soluzione buddhista, spesso genericamente riassunta e banalizzata nella frase “Non aspettarsi nulla”.

“No, per bacco! Se sono qua io mi aspetto, mi aspetto moltissimo! Se sono qua io ci provo a volare alto, senza contare che la felicità s’irradia, condivide, è utile a tutti – difficilmente un felice fa del male agli altri. E poi, che fine ha fatto la legge dell’attrazione?” ribattevo con la mia solita irruenza a José Alberto, un noto antropologo shamano di Mexico City. Lui si era limitato ad abbracciarmi forte e sorridere. Lo divertivo.
“Feliz? La questione non diventa più in questi termini, abbiamo diversi strati di coscienza, lo sai Francesca”

Lo sapevo certo, è più complesso. Ma anche un po’ inutile, come quando ti dicono che l’Universo è in continua espansione. Ok. Ma – continuo a abiettare – se tutto ciò che è, esiste in virtù dell’energia creatrice d’Amore, allora mi spiace miei guru, ma il problema della felicità umana resta.

Il Buddhismo più profondo invita in realtà a entrare in uno stato di non-mente, separato da passato e futuro, concentrato solo nel presente “mente vuota e cuore pieno” e li’ che si trova la felicità. Vero. Ma anche qui, ammettiamolo, la felicità su questa Terra si nutre di proiezioni sul divenire, progettualità. Come separare i sogni dalla nozione stessa di futuro?  

 

 

E allora? Allora, non si danno risposte in un blog, io mi limito a suggerire esplorazioni. E mentre scrivo, mi perdo in altre congetture, letterarie questa volta, penso a quella frase di Amos Oz in “Tocca l’acqua, tocca il vento”: “Cose sottili e sorprendenti succederanno presto” Ecco, sì, questa potrebbe essere una delle mie definizioni di felicità.

LO SCULTORE G.M.POTENZA E L’ARTE D’ESSERE FELICE

E’ difficile tratteggiare in poche righe il ritratto di un artista vero, i blog sono uno strumento di divulgazione efficace ma, si sa, concedono poco spazio. Tuttavia credo che il Maestro Gianmaria Potenza non se ne offuscherà troppo, è raro trovare un artista tanto in linea con il nostro tempo, tanto in armonia con un se stesso costruito in decenni d’attività, attraversando gran parte del ‘900 e un ventennio del nuovo millennio con la propria arte.

Il suo volto è un riassunto perfetto della sua personalità: un incrocio fra il Michelangelo ritratto sulle vecchie banconote da 50.000 Lire e la maschera bonaria di un Geppetto che, in pace con se stesso e il mondo, crede in un bambino di nome Pinocchio. Sarà perché questo enfant prodige (nipote di razza di ben due zii, uno pittore, l’altro scultore) è stato sempre un artista imprenditore (ha fondato La Murrina punta di diamante nell’arte del vetro), uno che con la dissolutezza dell’artiste maudit non ha mai avuto a che fare. Sveglia presto, duro lavoro quotidiano con i materiali più diversi, una compagna di vita, conosciuta giovanissimo, purtroppo recentemente scomparsa, Madama Rossana, la sua intelligenza tutta racchiusa nella frase che amava ripetere: ”Dietro un grande uomo, c’è una (grande) donna stanca”.

Gli incontri decisivi della sua biografia – con l’architetto Marini a Venezia, con Joe Ponti a Milano – sono arrivati come un dolce naturale divenire della vita, perché “Ho sempre creduto nel futuro – dice – tutti i giorni mi sveglio allegro”. Liberando la figura dell’ARTISTA dalla retorica dei falsi miti e cliché, Potenza ha costruito pezzo per pezzo la sua arte, che ora vorrebbe racchiudere in un piccolo Museo per la posterità, accanto alla casa di fiaba dove è nato e vissuto nel cuore di Dorsoduro a Venezia. “Mi considero un artista del ‘500. Sono stato protetto dai miei committenti, architetti, Banche, Cantieri Navali…” afferma col piglio dell’uomo d’affari che è stato sempre, da quando prese in mano anche le redini dell’impresa di famiglia.

Sul mondo dei galleristi surfiamo insieme, con un sospiro mesto. Ma non c’è la minima rassegnazione nella sua analisi: guai a usare le derive negative della nostra società per giustificare l’abbandono dei propri sogni e progetti! Ci sono tante opportunità per i giovani, ma devono essere decisi, generosi, capaci d’attaccarsi al dente della ruota della fortuna, perché passa – è sicuro – e porta il nome di ognuno di noi.

Le sue parole, senti che sono autentiche:

“Io cerco l’emozione, lavoro con il cuore”

il segreto di Pulcinella di qualsiasi successo in fondo. Guardo il paravento che dipinse quando aveva dodici anni, evoco Matisse, Miro’ “Ma io non sapevo neanche chi fossero a quell’età” precisa; stesso scambio di fronte a certe sue sculture lucide e dorate “Pomodoro!” l’inutile esercizio di trovare paralleli nel mondo dell’arte  “Lo stimo – aggiunge – ma c’è differenza fra me e lui”.

Natura, Architettura, fonti costanti d’ispirazione, Venezia come Bisanzio, evocata dai suoi mosaici, ma i simboli  ripetuti ossessivamente come geroglifici sono il retaggio di reminiscienze ancor più primitive, vaste, oscure o marziane. La sua opera da decenni viaggia nel mondo, è internazionale, indecifrabile, contemporanea, antichissima. I suoi gufi porta-fortuna ci fissano dalle mensole del suo atelier.

La lunga, vaporosa barba bianca  ne accompagna il sorriso, gli occhi s’accendono quando confida:

“Ho partecipato a un concorso. Sono arrivato tra i sei finalisti! Aspetto risposte…”

Sorrido anch’io pensando a tutte le volte che ha esposto le sue opere alla Biennale di Venezia, ai riconoscimenti inanellati, alle consacrazioni di Istanbul, Hong Kong, New York e in Russia, in Lituania e negli Emirati Arabi…

Ma è il futuro ad interessarlo, un’altra sfida lo attende e una prossima Mostra a febbraio… E in quell’entusiasmo di fanciullo che ha già varcato la soglia della grande età, scopro la via della vera Saggezza e l’eterno segreto della Felicità.

(http://Gianmaria Potenza “Alfabeti sconosciuti e linguaggi simbolici” Editoriale Giorgio Mondadori)