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LE DONNE FORTI NON SONO DELLE PIANTAGRANE

Si dice sempre che dietro un grande uomo c’è una grande donna. E forse sarebbe ora di piantarla, e mettergliela al fianco anche nel proverbio, perché di fatto lo è, da sempre. Accanto. O meglio, per conto suo.

E la cosa neanche la interessa poi tanto. “Le donne che cercano di essere uguali agli uomini, mancano d’ambizione” diceva Marilyn Monroe, la più incompresa delle donne forti. (A proposito sapete che fu lei ad ottenere il primo contratto al club di jazz Mocambo per la grande Aretha Franklin, snobbata perché di colore? L’amicizia fra le due fu tenuta segreta)

La donna forte non è immediatamente riconoscibile. È tutto fuorché uno stereotipo, un look, una posa, un femminismo gridato. Di certo, è una persona indipendente. Ma non solo economicamente, moralmente, intellettualmente.

La donna forte ha compreso che in realtà siamo tutti soli ed è questa solitudine che ci permette di amare gli altri, di dar loro qualcosa. Perciò s’accasa e tiene pronta la valigia. Perciò confida nel suo uomo, ma non si aspetta tutto. Da sempre ha capito che soltanto uscendo dalla categoria mentale del bisogno, potrà vivere completamente la sua vita, e dare. Da sempre ha compreso che i figli non le appartengono, che le cose sono soltanto cose, che la vita è uno scherzo molto serio.

La donna forte sorride. Molto, spesso, anche se ha il cuore in fiamme. Non per orgoglio, ma per forza di carattere, per modificare la realtà, piegandola. Non sbraita, non inscena pantomime, la donna forte non cade nel vittimismo, non si vendica. Sa che non serve. Serve piuttosto sfidare il vento per accogliere la vita, perché c’è un risvolto, almeno uno, in ogni situazione che le sarà favorevole.

La donna forte è segreta. Non per vezzo o per giocare con il mistero. Ma perché ha capito che nessuno può conoscere fino in fondo un altro essere umano. Ha compreso bene che neanche il compagno più fedele può vivere al posto suo, soffrire, gioire. Soprattutto ha verificato che di ognuno di noi si forma un’immagine nel mondo, incompleta, spesso falsa, a volte autentica ma sempre parziale. E va bene così. Lei lo sa d’essere molto di più, un uragano segreto, La vite su cui gira tutto come diceva Tolstoj.

La donna forte ha paura. Ma la scaccia e scaccia la paura della paura. È questo il suo coraggio. Sa che bisogna tenersi pronti a stracciare i propri piani per farne degli altri, seguendo il corso di un disegno occulto ma certo, per ognuno di noi. Per questo lei crede nei miracoli e nelle proprie forze.

Ragazze! C’è sempre tempo per diventare una donna forte, brillare di luce propria, ridere di tutto, facendo un passo indietro e più in alto. Da lassù gli uomini sono un po’ più piccoli, il cielo è più vasto, il panorama più ampio e c’è una striscia di mare all’orizzonte.

P.S. Piccolo consiglio agli uomini di Gustav Klimt
Non chiedere mai a una donna come fa ad essere così forte…
Forte non si nasce, lo si diventa… Non chiederle mai perché indossa ancora corazze con un uomo: forse ha combattuto troppo!
Non scavare dentro ai suoi ricordi…
Tienila stretta tra le braccia, ascolta i suoi silenzi…

LE DONNE, IL CLITORIDE E IL PREMIO NOBEL

C’è un libro che fa discutere in Francia, scritto da una storica e sociologa dell’Università di Ginevra, Delphine Gardey. S’intitola “Politique du clitoris” e traccia il primo studio storico, scientifico e politico di quest’organo femminile, il clitorideun’appendice inutile alla riproduzione ma molto utile al piacere della donna! – e quindi, nel corso dei secoli, considerato simbolo da affermare o combattere nel quadro della progressiva affermazione delle donne nella società.

“Una curiosità!” ha lanciato qualcuno – un uomo! – nel corso di un pranzo a Parigi, qualche giorno fa. Ma neanche tanto, ho precisato io, se perfino oggi, nella nostra scanzonata e disinibita società multiculturale, il clitoride viene disegnato col gesso fuori dalle università, esibito nelle manifestazioni femministe come simbolo del diritto al piacere sessuale della donna, fuori da ogni repressione e controllo maschile.

Ricordo che per più di un secolo, dal 1800 in poi, la masturbazione femminile era considerata sindrome di follia e isteria, e ancora negli anni ’20 e ‘30 del 1900 chirurghi reputati praticavano la clitoridectomia, completa di ablazione delle piccole labbra.

Quando ci indignamo sulle pratiche ancor oggi vigenti in molti Paesi dell’Africa o dell’Asia dovremmo ricordarci che la sessualità femminile è sempre stata ostaggio del controllo e del dominio maschile, anche nella nostra evoluta società. Non stupisce dunque, che oggi, proprio in virtù del nuovo multiculturalismo, il simbolo del clitoride torni fuori, e venga esibito come una provocazione che sciocca più di qualcuno. Tra parentesi, se sciocca, se rivolta, vuol dire che in qualche modo è ancora d’attualità.

Conoscere se stesse, il proprio corpo, i suoi desideri mette in causa la propria identità, la consapevolezza del proprio valore e dunque è una faccenda anche politica! Significa affermare che le donne possiedono una personalità completa, dove la testa fa i conti con il corpo e le sue esigenze, i suoi organi, tanto quanto gli uomini.
E siccome non credo alle coincidenze, ma al filo sottile che lega i pensieri, come tracce di riflessioni profonde, non ho potuto fare a meno di soffermarmi sul trafiletto di un giornale comprato all’areoporto per sconfiggere il solito ritardo del mio aereo, che riportava questo semplice dato:

Dal 1901, data della creazione del Premio Nobel, sono state ricompensate (in tutte le categorie) solo 53 donne a fronte di 866 uomini, premiati dalla prestigiosa Accademia.

Allora chiariamoci bene: la struttura cerebrale di partenza non è unica: il cervello maschile e quello femminile sono diversi per natura (come ricorda opportunamente Louann Brizendine nel bel libro “Il cervello delle donne”) esattamente come sono diversi i nostri corpi, fatti per essere complementari. È bene ricordare tutto questo, specie alle nuove generazioni, ribadendo tuttavia –  soprattutto per i più distratti lassù in Svezia! – che comunque, uomini e donne hanno lo stesso numero di cellule cerebrali.