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A VENEZIA È LA SPERANZA CHE RISCHIA DI AFFONDARE!

In questi giorni, la grande cassa di risonanza mediatica del dopo alluvione del 12 novembre, ricomposta in una sbadata partecipazione alle recenti, parziali prove del Mose, ha salutato l’esito del Referendum sull’autonomia di Venezia – peraltro ignorato e boicottato – con un’asciutta presa d’atto che le cose sono andate come matematicamente previsto: la città resta legata mani e piedi a Mestre e alla Terraferma.

Pochi – si dirà – i Veneziani “di VeneziaVenezia” che hanno votato e giù a dire che ce la cerchiamo la decadenza della nostra città! Ma ai miei cari lettori che non sanno com’è viverci e a quelli che lo sanno fin troppo bene, io dico che invece li capisco, eccome!

Abitando Venezia da decenni, pur non essendoci nata, sento profondamente il senso di sfiducia e di abbattimento dei miei concittadini.

Spossati da quindici giorni consecutivi di acqua alta durante i quali hanno pulito senza sosta dopo ogni allagamento e subìto l’ennesima ondata e ripulito – perché il tempo incalza e i turisti di Natale arrivano e il salso si radica su tutto e il suo tanfo pure – dopo le promesse, la sfilata dei politici con gli stivali, i selfie divertiti di gente che non sa neppure quali monumenti visita, i Veneziani non ne possono più, non credono più, non sanno più cosa sperare, chi ascoltare. È questo l’affondamento più pericoloso della città!

Lo svilimento che ti prende in quest’arrabattarsi delle istituzioni, del grottesco corteo dei profeti di sventura, dei cosiddetti esperti “del senno del poi”, degli stranieri con le soluzioni di altri Paesi ben lontani dalla nostra laguna, è diventato parte della vita quotidiana di calli e campielli, un chiacchiericcio lontano, sussurrato, come una nebbia che ogni tanto si dirada.
Che fare? Se non resistere, riparare i danni, vivere, aiutarsi, commuoversi ogni volta che succede…


La speranza, l’utopia, sarebbe togliere Venezia all’inerzia e all’ipocrisia tutta italiana delle soluzioni univoche e miopi, ai “soliti” con le mani in pasta, trasformandola in un luogo protetto, super partes, con uno statuto speciale, internazionale che ne faccia un gioiello e una responsabilità di tutti… ma forse, questo, lo auspicavano anche gli abitanti di Atlantide.

CHI NON VIVE VENEZIA NON SA

Ne ho sentite tante in questi giorni su Venezia, povera icona di bellezza, emblema della caducità della nostra civiltà, trofeo kitsch per coppiette internazionali, grande nave alla deriva fra le navi crociera.
Quante ne ho sentite su cosa bisognerebbe fare, cosa si sarebbe potuto fare, non si doveva fare, cosa faremo o non faremo, cosa si potrà fare…
Ma in realtà, sono pochi quelli che sanno davvero cos’è vivere Venezia,

che conoscono l’angoscia delle sirene, mentre sei a letto e conti le note per sapere se casa tua andrà sotto;
sono pochi quelli che sanno come ci si sente fieri di questa città quando, certe notti tiepide si svuota di un po’ di turisti infestanti e ritrova la classe di uno scrigno di diamanti in mezzo al mare;
sono pochi quelli che sanno cosa significa portare i bambini all’asilo e fare la spesa, andare al mercato e in ufficio, accompagnare qualcuno in ospedale, un cane dal veterinario, traslocare, trasportare le piante, fare tutto questo a piedi, camminare con la pioggia e il vento, al caldo afoso con i turisti che ti stritolano in vaporetto, tirare il trolley, scendere dai ponti con il carrozzino, pulire i pianoterra dopo l’alta marea, percorrere i sestrieri per incontrare gli amici, sfidare la nebbia d’autunno, festeggiare il Redentore, mettere un cero per proteggere la famiglia alla Madonna della Salute, bersi uno spritz fra amici a fine giornata, il tutto senza macchina, moto, bicicletta, il tutto come un tempo, a piedi, in barca, incrociando lo sguardo di chi incontri nelle calli, agli imbarcaderi, in Palazzo, sui ponti…

sono pochi quelli che sanno come, per tutto cio’ che ho appena descritto, ci si senta fratelli nell’avversità, anche se non si è mai stati amici, anche se ci si diceva a malapena buongiorno, quando arriva una brutta piena, i veneziani si rialzano tutti insieme a pulire, sistemare e riprendere la vita;
perchè sono pochi quelli sanno che non puoi semplicemente parlarne come di una qualsiasi bella città. Venezia è una tentazione, un privilegio, uno sbaglio. Venezia è la vita che non ti garantisce nulla ma ricomincia sempre e ti offre tutto, purché tu sappia avere il coraggio di crederci.