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CHI ERA SAI BABA?

Ci sono molti modi di comprare i libri e sono tutti buoni. Dall’ordine su Amazon, quando so cosa voglio (e spesso non trovo più nelle tanto osannate librerie che tengono sempre gli stessi autori e le insulsaggini d’attualità!) alle bancherelle, ai tradizionali punti vendita, anche second hand. Ciò che mi esalta, ad ogni modo, è lasciarmi trasportare dal Caso o piuttosto dal Destino (per me il Caso non esiste) perché i libri sono incontri, come le persone.
Ecco. Fu così che mi sono imbattuta in Sai Baba.

La foto sepia (di un piccolo libro in copia unica The incredible Sai Baba di Arthur Osborne) che lo ritrae in India, a Shirdi, luogo dove visse gran parte della sua vita, era ipnotizzante, un invito per me ad approfondire. Ma le fonti attendibili in Occidente sono rare, benché Sai Baba nel suo Paese sia considerato un Santo (Sai è santo in persiano e baba è padre in hindi) e il suo ritratto troneggi dappertutto sugli altarini dei devoti.

Di famiglia bramina e cultura indù, viveva poveramente in una Moschea fatiscente, ai piedi di un albero di Nim (che chiamava “the guru place”) perchè dava eguale validità a tutte le religioni, non prescriveva rituali e mantra, non approvava gli estremismi dell’ortodossia, non chiedeva ai suoi adepti di rinunciare al mondo o di vivere in povertà (come faceva Lui). Sosteneva che la Conoscenza Divina, deve essere realizzata non insegnata, che dobbiamo liberarci dal giogo della dualità che ci tiene in scacco e ci impedisce l’accesso ad uno stato Superiore di Coscienza.

Mi è piaciuto subito.

Prima ancora che il devoto gli esponesse il suo problema, Lui dimostrava di sapere i suoi pensieri, il passato recente e remoto, il presente e il futuro. Compì una quantità di prodigi e miracolose guarigioni ma precisava: “Posso fare soltanto ciò che il Fachiro (così chiamava Dio con notevole sens of humor) mi ordina”. E talvolta quindi era costretto a dire ai diretti interessati che la morte di un loro caro era per il meglio “perché quell’anima ha bisogno di un altro corpo per fare il lavoro cui é chiamata”.

La prima cosa che colpiva di lui erano gli occhi – dicono numerose testimonianze – avevano un tale potere di penetrazione che non potevi sostenere il suo sguardo a lungo. Ma non si divertiva ad abusarne o a fare il guru. Tutt’altro. Il suo messaggio era semplice: “Resta con me e stai tranquillo. Io farò il resto” diceva, perché la nostra continua attività mentale (“Il cavallo impetuoso dell’Ego”) con le sue autoconsapevolezze e autoaffermazioni è un impedimento. Tutto ciò che dobbiamo fare è astenerci dall’ostruirlo, avere fede e lasciarlo agire “internamente e segretamente”.

Sai Baba non entrava in trance, non ne aveva bisogno, era costantemente connesso a Prema, l’Amore Divino e diceva di attrarre a sé le persone in sogno, con visioni e percorsi vari, al di là dei confini spazio-temporali. “Attiro a me la mia gente da lontano in molti modi. Sono io che la cerco e la porto a me; non viene spontaneamente. Anche se sono lontani migliaia di miglia, io li attiro a me come uccelli con una corda legata alla zampa”.

Non so, se quel giorno, alla libreria, io sia stata l’uccellino che Sai Baba ha inteso tirare per la zampa. Ma ho voluto condividere questo incontro con le qualche migliaia di persone che ogni settimana seguono il mio blog, sentendo un grande calore nelle parole di questo Padre Spirituale, così simile a Gesù: “Dovunque voi siate, pensate a me e io sarò con voi”. Tali esempi di vita, al di là d’ogni credo, sono fonte d’ispirazione e incoraggiamento magnifico e profondo, anche se non ci è dato di comprendere tutto:
“Io do alle persone ciò che vogliono nella speranza che cominceranno a desiderare ciò che io voglio dar loro veramente”.

P.S. Prima di pubblicare quest’articolo, of course, ho chiesto il permesso a Sai Baba!

PER L’ANNO PROSSIMO: CHIEDI LA LUNA!

È la fine dell’anno. Tempo di propositi e speranze. E puntuale l’orologio mediatico e semplificatore di un certo tipo di comunicazione pseudo-esoterica ripropone suggerimenti in versione new age, come la Legge dell’Attrazione. Ma certo in una versione talmente banalizzata da risultare francamente incomprensibile. Ci viene detto infatti, che basta desiderare fortemente qualcosa perché si realizzi. Il campo quantico ricreerebbe la realtà invocata.

Obiezione logica e invincibile, come un teorema: se A esprime il desiderio opposto di B, per uno dei due la legge non funzionerà.
Chiaro. Evidente. L’Ego non può condizionare il campo quantico.

Allora facciamo un passo indietro. L’Universo vibra costantemente, nel vuoto del quantum le onde elettromagnetiche sono in continuo movimento. La legge di risonanza regge l’Universo. Esattamente come nella chimica, una tale vibrazione ha un tale effetto e degli effetti modificatori. Il campo quantico quindi risponde a come siamo, alle energie che emettiamo. Quindi, se pensiamo, sentiamo che una cosa è possibile, non la determiniamo, ma vibriamo alla buona frequenza per intercettarla fra le possibili evoluzioni di quella situazione.

La richiesta – se vogliamo chiamarla così – dev’essere fatta dunque in un stato di coscienza alterato (tipico della meditazione profonda ad esempio), per non limitarsi ad emettere un semplice desiderio (frutto dell’Ego), ma per provare l’emozione di quella realtà, anticiparla come già avvenuta.
In altre parole, si tratta di stimolare l’immaginazione ma un’immaginazione senza confini, perché siamo capaci di censurarci persino quando sognamo. Dobbiamo fare dei nostri sogni una scelta agita, non un desiderio!
E come sempre i poeti ci arrivano prima, con la scorciatoia dell’intuizione magica.

 

“Dimentica la sicurezza. Vivi dove temi di vivere.
Distruggi la tua reputazione. Sii famoso.”
(Gialal al-Din Rumi)