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23 APRILE GIORNATA DEL LIBRO. HA SENSO?

Ammettiamolo, queste “Giornate Mondiali di qualcosa” sono spesso di una sconcertante retorica! Ce n’è per tutti i gusti: dell’acqua, della terra, della felicità, del bacio, del sonno, del silenzio, del fiore… Ce n’è persino una del Rutto Libero (il 15 settembre) ma credo sia sponsorizzata da qualche Festival della Birra. Mi meraviglio che ancora non ne esista una dello sputo, ma oggi forse sarebbe considerata troppo sovversiva. Le Giornate “serie” vengono tutte da quella grande fucina di idee teoriche e pressochè inapplicabili che dovrebbe garantirci la pace e che chiamiamo O.N.U. nelle sue diverse varianti.

La Giornata del Libro ad esempio è nata nel 1996 dalle frenetiche attività dell’Unesco. Quel giorno, in ufficio doveva esserci una maggioranza di funzionari spagnoli perchè scelsero la data del 23 aprile, nota per essere il giorno della morte di Miguel de Cervantes, de Garciloso de la Vega e del solito evergreen William Shakespeare. Avrebbero potuto scegliere il 14 settembre quando morì Dante Alighieri, poeta di gran lunga superiore a de la Vega (e nato tra l’altro – come me! – il 29 maggio) invece no, quel giorno all’Unesco era giornata di paella.

Comunque va detto che alle Nazioni Unite sono stati lungimiranti: devono aver previsto già molti anni fa che avremmo avuto bisogno di idee per scrivere dei post sui Social e che grandi multinazionali ne avrebbero tratto occasioni per vendere ogni sorta di prodotto, foto, disegni etc… Beninteso non c’è niente di male in questo. Tutt’altro! Fa girare l’economia.

Va tutto benissimo appunto, ma per favore smettiamo di credere che stiamo cambiando il mondo, militando utilmente per una causa, convincendo gli scettici, aprendo una breccia nel cuore degli indifferenti. La Giornata della Terra non incide sull’inquinamento più di quanto la Festa della Donna non impedisca agli uomini violenti d’essere violenti. Né, mi sembra, induca profonda riflessione per un cambiamento reale nei nostri comportamenti.

La Lettura è una forma d’educazione, un esercizio, un’abitudine che alcuni di noi hanno imparato fin da bambini e che si può praticare a qualsiasi età. Leggere è un modo di sfuggire alla vita con altre vite, per comprenderle, approfondirle, imitarle se sono fonte d’ispirazione. Leggere permette conoscenza e ragionamento, dà uno scopo, appaga l’animo. Quante volte, leggendo un romanzo ci siamo detti che avremmo voluto un amico così, un viaggio così, un amore così, un Maestro così!
C’è davvero bisogno della retorica didattica delle celebrazioni e indire una Giornata del Libro per rammentarcene?
Mi fa pensare alla reazione di certi genitori, quando mia figlia era al Liceo: “A scuola se la cava bene – si lamentavano spesso – ma non legge!” E io mi mordevo le labbra per non rispondere: “Ma scusa, a casa, vi vede mai con un libro in mano?

Ecco, sospetto che la Giornata del Libro sia un po’ così, lo specchio di una società che non legge più, ma erige monumenti… il 23 aprileGiornata della paella!

NOTRE-DAME: LA RABBIA SENZA L’ORGOGLIO

Mentre come tutti, quel maledetto lunedì 15 aprile, incollata alla tv, cercavo di capire cosa stava accadendo a Notre-Dame, la rabbia mi cresceva dentro, una rabbia mista a dolore profondo.
Non mi interessa se si stabilirà che è stata una fatalità, un errore umano. Che peccato – si dirà – che quel giorno non piovesse, aveva fatto brutto il resto della settimana, meritevoli certo i quattrocento pompieri intervenuti… etcetera, etcetera. Chiacchiere.

La mia Notre-Dame è stata distrutta

il punto di riferimento della mia vita parigina, quando incinta di pochi mesi fui portata d’urgenza per complicazioni all’ospedale Hôtel Dieu sulla piazza della cattedrale, non c’è più. Il giardinetto dietro l’abside col suo recinto di sabbia era il teatro di giochi di mia figlia Victoria, sufficientemente vicino casa per poterla cambiare in fretta quando con gli altri bambini del quartiere si rovesciava secchielli di sabbia in testa. In quel giardinetto, la protagonista del mio libro. Cosa fanno le mie piante quando non ci sono verifica alcune teorie sulle api impollinatrici e raccoglie i pensieri, guardando la Senna, come io ho fatto decine e decine di volte, triste o allegra, preoccupata o sollevata, sentendomi ogni volta un po’ meno sola, a casa.

 

No, non m’interessa neanche sapere che fra un certo numero d’anni verrà ricostruita – Nuova! Come Venezia in Cina! – sono furiosa perchè appartengo a una civiltà decadente, indegna, che non sa preservare la bellezza, che sottovaluta il valore di ciò che ha ereditato. Una società insulsa e superficiale, ipocrita, umorale, litigiosa, arrogante per via della tecnologia, distratta da sciocchezze, prostituta per meri interessi economici.

 Il teatro Petruzzelli a Bari, la Fenice a Venezia, Palmira, Torino col salvataggio in extremis della Sacra Sindone… quanti precedenti… Poco importa perchè è successo, non sappiamo preservare il patrimonio dell’umanità dai più svariati pericoli, siano essi legati a guerre e terrorismo, all’avidità o alla stupidità umana; non siamo degni della responsabilità di mantenerlo vivo per le generazioni future, esattamente come stiamo distruggendo la Natura. Eterni bambini viziati passiamo dall’esaltazione per un oggetto del desiderio – che infiocchettiamo con tutta la retorica dei buoni sentimenti e della cultura – all’indifferenza di chi dà per scontato il privilegio di godersi un’opera d’arte, un tramonto sul mare pulito o una passeggiata nel bosco.
Quando è crollata la flèche ottocentesca, il parafulmine che protegge Parigi, è crollato un po’ del mio ottimismo, della mia fiducia nella nostra civiltà. Quelle fiamme segnano la fine di un’era. Giusto che sia così, non ci meritiamo ciò che altri, migliori di noi, hanno saputo lasciare di sé.

Per aiutare a ricostruire ogni gesto è importante:

https://don.fondation-patrimoine.org/SauvonsNotreDame/~mon-don?_cv=1