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NIENTE AUGURI, MOLTO DI PIU’

Una preghiera e non un augurio; un proposito e non un desiderio; un’intenzione e non una promessa. In questa fine d’anno…

A TE, con affetto e gratitudine

– Che il bavaglio rafforzi il tuo pensiero, affinché raggiunga le cime degli alberi;
– Che il tuo silenzio sia più potente di ogni replica;
– Che ai tuoi piedi spuntino le ali della tua anima e tu possa raggiungere i confini estremi della tua vita;
– Che il mondo nuovo entri in empatia con te, perché tu non odi più nessuno, nemmeno te stesso;
– Che chi ti vuol male capisca che è inutile, tu sei inarrivabile, come la sorgente del sole;
– Che chi ti ama davvero, sappia, che ogni tua cellula ne avrà memoria, per sempre;
– Che il coraggio ti aiuti a colmare le lacune della vita e ti renda libero dal gioco subdolo dell’ombra;
– Che il sonno depuri la tua anima, quand’è stanca, e sciolga per te i dubbi amari;
– Che tu comprenda che i conti tornano sempre, ma la matematica dell’Universo esige cuori addestrati;
– Che la leggerezza e la gioia scendano su di te, come pioggia di stelle, perché se brillerai, il cielo, tutto, ne sarà inebriato e avrai fatto ciò che dovevi, in questa dimensione e nell’altra.

L’inifinito ti chiama, per andare sempre più lontano…scegli! L’anno non conta.

TUTTI I SEGRETI DI ANNE…

LE MIE PIANTE E IL SEGRETO PIU’ GRANDE  La recensione del Prof. Giovanni Incorvati

prof. di Filosofia del Diritto alla Sapienza di Roma, docente di Bioetica Univ. di Camerino

Il nuovo romanzo di Francesca, prosecuzione del suo precedente Cosa fanno le mie piante quando non ci sono, si presenta esattamente all’altezza delle promesse. La risposta al titolo della prima opera è al fondo del titolo della seconda. La figura centrale di Anne e quelle delle sue piante (tra cui le care Giò e Maria Juana, nel frattempo “defunte”) mantengono la loro posizione nel titolo, con in più l’arrivo tra di loro di due new entry. Ma nell’espressione “le mie piante” ci sono diverse interpretazioni dell’aggettivo “mie”, tra cui occorre distinguere: piante di chi esattamente? Nell’appartamento di Parigi esse continuano tutte a convivere insieme con il lascito di Julien, l’amato artista, compagno di Anne, scomparso tragicamente un anno prima. Dipinti da lui, alle pareti ci sono evidentemente i ritratti di Anne nelle sembianze di ciascuna di loro, e sia gli uni che le altre presenziano, come “testimoni oculari” o “immaginari”, alle nuove notti di Anne, quando la memoria di Julien vorrebbe colmare quei vuoti che continuamente si riaprono in lei.
Le potenzialità di una simile assemblea in miniatura rispetto a questo senso acuto della mancanza sono anche più profonde. Sotto il profilo formale della scrittura, vi corrisponde un’invenzione originalissima. Il cosiddetto “io narrante” non appare più singolare e compatto nella sua apparente identità con l’“io narrato”, come vorrebbe un’affermata consuetudine letteraria, ma tende a identificarsi con un soggetto collettivo a cui fa da portavoce. D’altra parte, l’“io narrato” di Anne impara a conoscere il proprio “sdoppiamento” e l’esistenza di un “terzo occhio”, di un “noi” più vasto, che ha, sì, il compito di prendere con le pinze le idee e i comportamenti di Anne, ma non si limita solo a questo.
In effetti, l’identificazione è non solo con le piante di appartamento, ma anche con gli alberi del mondo: sia con alcuni di quelli tra i più comuni nel paesaggio europeo, sia con altri assai diffusi in America Latina. Ad essi. nel titolo di ciascun capitolo, si accompagnano specie diverse di sensazioni. Al termine del viaggio dentro di sé, alla fine del primo capitolo dal titolo “Sentirsi il noce”, Anne abbraccia questo albero in segno di congedo. Ma, al suo ritorno dal viaggio nel Messico, dopo un lungo trascorrere dal frassino al bambù, al banano e alla palma, l’assemblea narrante la mette di fronte, come recita il titolo dell’ultimo capitolo, al “sentirsi la quercia” e a qualcosa di molto nuovo, al “sogno di costruire”, di abbracciare in grande.
Il climax è raggiunto esattamente al centro del viaggio in Messico e del romanzo stesso, con l’innesto, all’interno del racconto di quel paese e delle sue meraviglie, di un pezzo di realismo documentario à la Flaubert. È il reportage fedele, in parte già apparso sul blog dell’autrice, di un incontro avuto effettivamente da lei diversi mesi prima, che provoca un fulminante corto circuito con l’io narrante e con quello di Anne. Il racconto della visita a Gudelia, la curandera, esperta professionista del prendersi cura di sé e del mondo esterno attraverso antichissime strutture che li interconnettono, annulla immediatamente ogni distanza. All’improvviso i diversi segreti disseminati qua e là sul percorso del romanzo sembrano riunirsi in un punto in cui credi di riconoscere il segreto più grande. La scossa della scoperta ti raggiunge immediata e ti lascia lì, “strabiliato”.
Il flusso di corrente alternata si ristabilirà subito dopo, al rinnovarsi delle esperienze sentimentali di Anne, il cui quadro complessivo, secondo la diagnosi di Gudelia, “era un disastro”. L’abbraccio che conclude l’incontro con lei, con la prognosi dell’importanza crescente della segunda vista, del terzo occhio, avrà ricadute definitive anche in questo campo. La fugace figura messicana di Arnulfo, accompagnatore che è una sorta di “cavaliere inesistente”, farà eco alle persistenti, ma caduche controfigure parigine, quella di Jean, aduso a stringerla con mani “di ghiaccio”, e quella di Marc, evanescente manager in ars amatoria, di cui è solo un praticone. Questo preteso Apollo, sempre pronto a “passare” da Dafne” per strimpellare anche lui qualcosa sulle sue corde, e sempre “senza domande, senza risposte”, si rivela totalmente incapace di recarsela in braccio con vero desiderio. Lei infine si libera, si libra. Ha diritto al futuro.

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PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO DI UN’ECOLOGIA COMPLETAMENTE NUOVA

C’è chi protesterà e porterà esempi virtuosi. Ma la verità è che la Terra è al collasso.

Ci sono inquinamenti definitivi di fiumi, aree del mondo invivibili; abbiamo creato un intero, nuovo continente di plastica; bruciamo foreste che non hanno il tempo di ricrescere; sfruttiamo risorse minerarie a un ritmo tale che le stiamo esaurendo; lo spreco dell’acqua non accenna a diminuire.

Eppure il messaggio ecologico non è recente. Movimenti di tutti i tipi sono nati già dagli anni settanta, Il Partito Verde d’Europa o Unione dei Partiti verdi europei è stato fondato nel 2004.

Se una sorta di disneyana sensibilizzazione è stata sparsa nel mondo, poco o nulla è stato fatto nella concretezza. A fronte di una tecnologia ormai da anni in grado di sostituire la plastica con similprodotti naturali e innocui, di riciclare l’acqua, di desalinizzare il mare dove necessario, di fornire energia pulita, di creare barriere vegetali alla progressiva desertificazione, al livello globale non si è cambiato senso di marcia. A riprova, oggi stiamo coprendo la Terra di mascherine non biodegradabili per salvarci la pellaccia dal Covid.

Allora, mi chiedo, cosa non ha funzionato? La risposta che constato nei miei seminari è sempre la stessa: il messaggio ecologico, contaminato dalla politica (perchè non si tratta d’essere di destra o di sinistra) non ha integrato la vera essenza del discorso, il segreto della vita.

Il 70% del nostro DNA è lo stesso di piante e animali, bruciare un bosco dovrebbe farci l’effetto di danneggiarci un rene. La sacralità della vita è la stessa, la sorgente della vita è la medesima. La Terra Madre si comporta come un organismo vivente costituito da materia, energia e spirito, le stesse componenti del corpo umano. La vita di una cellula, di qualsiasi cellula, è compromessa dall’inquinamento e tutte le forme di vita sono collegate. Il nostro sistema immunitario sta diminuendo d’efficacia. Inseguiamo vaccini, perché conosciamo la nostra debolezza, perché i nostri bambini non crescono più a contatto con la Natura, perché abbiamo perso sapienze antiche che trovavano rimedi nelle piante.

Qualcosa nella coscienza collettiva si sta smuovendo. È tardi, ma molto si può ancora salvare per almeno una buona fetta di future generazioni. Cosa aspettiamo? Ogni cambiamento comincia da se stessi, nei comportamenti individuali.

Irrisorio? No, l’effetto moltiplicatore è la chiave del cambiamento. Come dico sempre, se ognuno tenesse una piccola pianta sul balcone, domani, l’Italia, avrebbe un polmone verde in più, 60 milioni di piante nuove a filtrare l’aria che respiriamo.

LA MONTAGNA: IL POTERE DIMENTICATO DEI MINERALI

Dici montagna e pensi “verde” dei boschi. Non sempre, per la verità, molti visitatori occasionali del nostro Lago di Misurina, in questi giorni mi sembrano più esperti di speck che di foreste!

Ma è sul mondo minerale e delle rocce (aggregato naturale di minerali, cristallini o meno) che vorrei soffermarmi oggi. Considerate immutabili, le montagne non lo sono affatto. Le Dolomiti (I Monti Pallidi per i Ladini) ad esempio, si stanno muovendo e lentamente sgretolando. Continue impercettibili modificazioni, producono variazioni d’altezza di certe vette. I vecchi ricordano varchi, ghiaioni, passaggi, vie d’ascesa sulla roccia, mutati nell’arco di soli cinquant’anni. I cristalli crescono, si trasformano e adattano il loro reticolo cristallino alle condizioni chimico-fisiche nelle quali si trovano, ricristallizzandosi e risanando fratture, secondo cicli geologici, certo, molto lenti.

In media per aumentare di 5 cm, una pietra ha bisogno di circa 1200 anni, a seconda della concentrazione di sali minerali contenuti nell’arenaria che la forma.

Relegato all’ultimo livello dell’erronea piramide aristotelica della vita – piramide ormai riveduta e corretta in altra forma, con l’aggiunta di funghi e batteri ad esempio – il mondo minerale è tutt’altro che non-vivente. L’energia di pietre e minerali è fondamentale per l’equilibrio di quell’organismo palpitante che è il nostro Pianeta Madre. La ricerca della pietra filosofale, d’altronde, ha sempre evocato la segreta corrispondenza fra Cosmo e Terra.

Non solo, minerali e cristalli hanno sempre avuto la proprietà di potenziare la struttura energetica umana e ristabilire disarmonie dei vari corpi sottili di cui è formato il nostro corpo fisico. Nell’antico Egitto si usava polverizzare minerali per curare, in India si battezzavano i bambini con pietre, scegliendo quella che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.

Per gli Esseni tutto ciò che esiste in Natura possiede energie angeliche (nel Vangelo Esseno della Pace si parla proprio di energie elettromagnetiche della luce, dell’aria, della terra, dell’acqua e del sé) con le quali si mettevano in contatto e che usavano anche per guarire.

Nella loro raffigurazione della vita, un cerchio attraversato dalla croce di tempo/spazio, i minerali, al pari degli altri, occupano uno dei quattro spicchi perfettamente simmetrici, corrispondente all’elemento Terra. (Le piante erano associate all’elemento Acqua, l’uomo al Fuoco, gli animali all’elemento Aria).

I minerali rappresentavano l’equivalente del primo chakra indiano, di colore rosso, profondamente ancorato alle radici della vita e alle forze primordiali della terra.

Se all’uomo era attribuito il pensiero, alle piante il desiderio e la volontà, agli animali l’istinto e i sentimenti, ai minerali gli Esseni legavano il concetto d’azione. Può sembrare un paradosso che l’elemento più lento e antico e imperituro della vita sia associato all’azione, ma esso era considerato in collegamento diretto con la Coscienza, libero dalle resistenze dei binomi “mentale-uomo” e “istinto-animale”. Come a dire che il pensiero dell’uomo, limita e blocca l’accesso alla Coscienza Universale, vera sorgente energetica della vita.

Allora, se ti capita d’andare in montagna, fermati e guarda. Siediti su una roccia, con la consapevolezza di Hermann Hesse.
“Un albero sotto i raggi del sole, un sasso segnato dalle intemperie, un animale, una montagna: tutti hanno una vita, una storia, vivono, soffrono, affrontano i pericoli, godono, muoiono. Ma non sappiamo il perché”.

SHINRIN-YOKU o BAGNO DI FORESTA: UN PRIMO ESERCIZIO FACILE DA FARE

Il Forest Bathing sta diventando di moda, e questo in genere mi preoccupa, perché la mediatizzazione spesso rima con banalizzazione. Ma il fondamento della scoperta giapponese è serio: la pianta è benefica a livello elettromagnetico per la salute dell’uomo.

Una passeggiata nella foresta per 3/4 ore è in grado di modificare i parametri principali del nostro organismo e abbassa lo stress, con effetti misurabili sul sistema ormonale. Tre giorni nel bosco con 10-12 ore di cammino alternato a stazionamento regalano un rafforzamento del sistema immunitario del 50% per un mese.

Questo perché gli alberi emettono campi elettromagnetici (più o meno potenti a seconda della grandezza del tronco) biologicamente affini a quelli umani, che quindi interagiscono con il nostro. Ogni pianta sembrerebbe avere una sua specificità e influire particolarmente su certi nostri organi. Il faggio per esempio è molto benefico per sistema nervoso, linfatico, ovaie e prostata.

Ma attenzione! Dal come si va nel bosco, dipende molto l’efficacia dello shinrin-yoku. Lasciamo a casa la musica per favore, la radiolina con le partite di pallone, le discussioni di famiglia. La disposizione d’animo di chi va nella foresta, dev’essere quella di un ospite rispettoso.

Ecco un esercizio facile e iniziale da fare, meglio se da soli, allontanandosi un po’ gli uni dagli altri:

Trova un luogo, uno spiazzo, una cima…scegli un albero, d’istinto. Non per forza il più bello, il più maestoso. Fai due o tre respirazioni profonde, in silenzio, ad occhi chiusi. Poi aprili e scegli il tuo albero. Avvicinati, osservalo, sulle fronde, l’ampiezza delle radici, le chiome. Lasciati osservare da lui. Siediti, poggiando la schiena sul suo tronco. Resta. In meditazione, se puoi, o in completo riposo. Lasciati venire tutti i pensieri, piano piano sentirai che rallentano.
Quando ti senti pronto, alzati. Poggia le mani sul tronco dell’albero. Chiudi gli occhi. Preparati al passo successivo: abbracciarlo con tutto te stesso. E’ un atto coraggioso, non sarà facile. Ti sentirai ridicolo, avrai il timore d’essere giudicato da possibili testimoni, ma se vinci la prima ritrosia, accadrà qualcosa di bello. Abbraccia il tronco dell’albero e chiudi gli occhi. Ti sentirai accolto – ad alcuni sembra di riabbracciare un padre o una madre o un essere caro che non c’è più, ad altri di riappacificarsi con qualcuno – poco a poco le tue barriere di difesa cadranno, ti lascerai andare alla pace o a un’emozione che ti opprimeva il cuore. Se vuoi, puoi affidare un pensiero, un dolore, una preoccupazione al tuo albero. Gli Aborigeni lo facevano durante tutta la vita. Avevano un loro albero e al momento della morte lo raggiungevano, quando era possibile venivano sepolti ai suoi piedi. Quando ti senti pronto a tornare alla tua vita, congedati, ringraziandolo.

Tu non lo sai, ma hai assorbito il campo magnetico del tuo albero e gli hai dato il tuo. Una piccola parte della sua pace e armonia è dentro di te. Fanne buon uso.

TUTTI PAZZI PER LORO! LA BIOFILIA

Sembrerà relativo e minuscolo nella situazione mondiale che stiamo vivendo, di fronte a prospettive future sempre più catastrofiche, eppure sono certa che ha un peso. La percezione della realtà, sta cambiando. Eduard Wilson parla di biofilia sempre più diffusa, perché l’amore per la vita e la Natura è un’ esigenza neurologica dell’uomo.

Di recente, a una cena, un signore che conoscevo per la prima volta, mi ha raccontato che dovendosi assentare per due mesi, aveva affidato la sua pianta – appartenuta alla madre che non c’è più – a un amico, vicino di casa. Al suo ritorno, l’amico in questione tergiversava, cercando di persuaderlo a lasciargliela: “Guarda come sta bene qui!” diceva. Per il mio commensale pero’ quella pianta aveva un valore affettivo. Allora era andato a comprarne un’altra della stessa specie per il vicino e tutto contento, si era riportato a casa la sua. “Dalle un nome” mi ero limitata a consigliargli, pensando un secondo dopo che tutto questo, solo qualche anno fa, sarebbe stato impensabile.

Mia figlia in Martinica ha una grande kenzia che ha chiamato in mio onore Francesca. Appena comprata, era già molto bella, ma a distanza di sei, sette mesi è diventata magnifica. Tanto che un giorno, una signora in visita, se n’era talmente innamorata da chiederle se gliela voleva vendere. Mia figlia aveva risposto: “No, non la venderò mai! La prova, la chiamo per nome, Francesca” La signora, per nulla scandalizzata, aveva reagito perfettamente in linea con lei: “Capisco benissimo, la mia si chiama Monique”

In Asia, non avendo molto a disposizione, mi hanno insegnato a nutrire e riparare la mia pelle dal sole, con il gel ottenuto da una foglia di aloe vera. Molti dunque si tengono una di queste piante a casa. Oggi a Venezia, ALOA, la mia aloe vera, mi consente di fare una buona maschera per viso e capelli appena ne ho bisogno (bisogna prendere la foglia più esterna, quando ne spunta una piccola e nuova, al centro). La pelle è rigenerata, compatta e i capelli, specie le punte, hanno più consistenza.

Il riavvicinamento alla Natura, all’attività fisica è un fenomeno largamente riscontrato. Una nuova spiritualità, come esigenza di prestare attenzione a sé, agli altri esseri viventi – siano animali, piante, persone – si sta diffondendo silenziosamente.

Molte sono state le circostanze, in questi ultimi due anni, in cui gente “insospettabile” mi ha chiesto di provare a fare meditazione: spesso, senza accorgersi che già la fanno, in tanti modi, camminando nel parco, correndo, dipingendo, giardinando, nuotando e facendo yoga.

Sta cambiando il modo di nutrirsi, per lo meno cominciamo a porci le giuste domande e a usare nuovi vocaboli, per abbracciare un concetto più ampio di comunicazione. Soprattutto, forse, cominciamo a comprendere ciò che Leonardo da Vinci andava ripetendo: “Scruta la Natura, là c’è il tuo futuro”
Ancora poco, si dirà, ma avanziamo. Avanti tutta!

LA MIA MEDITAZIONE DELL’ALBERO

Da più di qualche anno, mi dedico alla pratica della meditazione. Dapprima con qualche difficoltà – ho un temperamento impaziente, ipersensibile, iperattivo e scettico su tutto ciò che è vagamente modaiolo – poco a poco ho appreso la pratica del rilassamento ed ora, in tutta spontaneità, la faccio ogni volta che ne sento il bisogno.

Spesso partecipo a meditazioni di gruppo, mi serve per “fare il punto” in un certo senso e rineallinearmi all’energia universale. Altrettanto spesso mi chiedono di guidare una meditazione. Le meditazioni collettive sono molto intense, specie se le persone sono già aperte a questo tipo di esperienze: gli effetti sono molto forti in termini energetici, ma anche la pratica individuale apporta rilassamento e calma interiore.

Per questo, ho voluto condividere la mia personale meditazione dell’albero via You Tube. È semplice, breve (un quarto d’ora circa) ideale per chi s’avvicina per la prima volta a questa pratica, ed efficace per chi, avendo già una sua tecnica, vuole sperimentarla con questa chiave di lettura. Due precisazioni importanti, tuttavia:

1. Contrariamente a quanto si possa pensare, la meditazione àncora alla realtà. Il distacco indispensabile al rilassamento non obnubila la visione del nostro presente, al contrario la integra, la osserva, l’accetta. Non ha l’effetto di una droga insomma, neanche quando si pratica una meditazione di autoipnosi. Nel caso della meditazione dell’albero inoltre, io conduco la persona ad ancorarsi alla terra tanto quanto al Cosmo, seguendo l’insegnamento dei Maestri legati al credo delle civiltà precolombiane che avevano una visione spirituale strettamente legata alla Natura.
2. La meditazione non ha nulla di paranormale, né è legata alla religione. Non è roba da sette sataniche e guru demenziali. Se avete un vago sentore di tutto questo, allontanatevi da chi ve la propone. La meditazione è un modo di allineare le nostre energie, di calibrare il dispendio delle nostre forze e non farsi sopraffare dalle proprie emozioni. È uno stato di rilassamento profondo che alza le nostre vibrazioni energetiche e può portare all’incontro con il nostro Io Interiore. Talvolta ci sono persone che scoprono di poter andare oltre, ma nella maggioranza di noi, produce semplicemente una sensazione di benessere e di pace che ci permette di affrontare meglio una giornata o una notte di riposo.

Come spesso dico a chi comincia: “È come se fuori dalla tua stanza facessero un gran chiasso e tu chiudi la porta”
Hai sempre questo potere nella vita, tutti i giorni!

Provarci non costa nulla. All’inizio potresti restare perplesso, ma come in tutte le cose, ci vuole un po’ di pratica e di approfondimento. Per quelli che già fanno meditazione, sarà uno strumento utile per collegarsi più profondamente alla Natura, la fonte prima, secondo me, dell’armonia interiore. Allora coraggio!

Prenditi qualche minuto… Non pensare, medita!

LA VOCE DEGLI ALBERI E I BAMBINI

Domenica 29 settembre ho avuto il privilegio di animare un workshop con una nidiata di bambini ( Health Academy for Kids dai 6 agli 8/9 anni) al Parco Naturale delle Risorgive di Codroipo. Si trattava di scegliere in ultima analisi il proprio albero amico. E come fra esseri umani, per farlo, bisogna conoscersi, confrontarsi, piacersi.

Sì perché – come spiegavo – gli alberi hanno una loro personalità, frutto della loro stessa fisicità, delle abitudini, modo di vivere e persino della loro storia.

Il frassino si porta sulle spalle una reputazione simbolica pesante che lo vede asse dell’Universo che lega Terra, Cielo e mondo sotterraneo; l’edera, accusata d’essere una parassita “scroccona” è al contrario, un’amica fedele di tutti, perché fiorendo tardi, offre polline alle api prima dell’inverno, agisce contro l’inquinamento, e protegge la corteccia degli alberi da gelo, fuoco, animali, eccesso d’umidità; e che dire del pratico, chiacchierone pioppo che, per la tradizione, tiene lontani i ladri e le dicerie… Il salice è stato adottato da qualche bambina dolce perché è malinconico, lunatico e tende a buttarsi giù. Nessun effetto traumatico nei bambini, nell’apprendere che il ciliegio era scelto per fare harakiri dai Samurai.

Imperturbabili, i piccoli non hanno pregiudizi né grande compassione. Sono come noi, ma senza filtri, senza ipocrisie e atteggiamenti di circostanza.
La magia, in giovanissima età, è assoluta normalità e la realtà è magica.

La meraviglia dei genitori era superiore alla loro, quando toccando Plaguita, la piantina di mimosa pudica, questa ha ritratto immediatamente le foglie per proteggersi. Dopo un OHHHH con le bocche a cuore, i bambini erano già pronti a tentare di fermare le rapide acque di un ruscello con semplici rami.

La forza creatrice del pensiero è una qualità innata nell’uomo, “vedere e immaginare” sono due doni limitrofi, in un sistema di vasi comunicanti che purtroppo tendiamo a perdere crescendo.

Ricordarci come eravamo può aiutarci a integrare quelle parti di noi ancora disposte a credere nei sogni e nella poesia, ad essere genitori meno apprensivi e più magici, ad accettare la personalità dei nostri figli così com’è, pur insegnando loro educazione e rispetto degli altri.

E se non funziona, possiamo sempre chiedere aiuto agli alberi! Un rametto di ontano in casa allontanerà l’ansia, la salvia scaccerà gli incubi, e se avete un bulbo d’asfodelo piantatelo davanti casa, vi proteggerà dai sortilegi maligni!

“Solo i bambini sanno quello che cercano” Le Petit Prince (Antoine de Saint-Exupery)

AMBIENTE=NATURA+SPIRITO

Si parla spesso di crisi di valori, disamore per la vita, abbandono delle grandi religioni monoteiste, tramonto delle idologie, degrado delle relazioni umane, materialismo…tutto vero, sebbene non siano sempre condivisibili le analisi che ne individuano le cause. Tutto fisiologico anche, in una società che corre, evolve, procede, inciampa, facendo i suoi sbagli.

Ciò che sorprende però è l’assoluta, sostanziale cecità dei potenti di fronte ai problemi ambientali. Un’ottusità, non soltanto figlia dell’avidità, della sete di potere, ma anche frutto di profonda ignoranza, quasi un non rendersi conto che, oltre all’oggettivo rischio d’estinzione della nostra civiltà, sono i bisogni intimi dei singoli individui ad essere cambiati.

Ci sono voluti i mega incendi di quest’estate perché il Papa invocasse il rispetto della Natura (peraltro con enfasi diversa a seconda che si tratti di fuochi di Bolsonaro o di Maduro!) appellandosi tuttavia a un Dio Creatore sempre posto in alto, da qualche parte, a guardarci da spettatore. Dall’altra parte i giovani di tutto il mondo scendono in piazza “contro i cambiamenti climatici” come fossero la scelta di qualcuno.

Io non sono totalmente d’accordo: i cambiamenti climatici sono anche parte dell’evoluzione della Terra, un organismo vivo, pulsante, cosciente (“respira come un essere umano, dicono i miei amici sciamani, e segue il proprio ciclo di vita”) messo a dura prova, certo, dall’azione scellerata dell’uomo.

E il problema è proprio questo: non riconosciamo più alla Terra Madre la valenza spirituale che tutte le grandi civiltà del passato le accordavano. Se non ripartiamo dalla sacralità della Natura nel suo complesso e nelle sue singole componenti – piante, animali, pietre – ciascuna con un proprio spirito come affermava Gustavo Rol, nessun movimento ambientalista, per quanto agguerrito e ben nutrito dalla paura, riuscirà davvero a cambiare il nostro modo di vivere sul Pianeta.


Se non riconosciamo nel singolo albero la manifestazione piena della matrice stessa dell’Universo, non scatterà la molla dell’Amore, il vero motore di questa rivoluzione. Ma ciò significa tornare anche a un modello di spiritualità individuale, libera, sganciata da dogmi, filtri e gerarchie ecclesiastiche, una religione del cuore che rispetti e ponga sullo stesso piano, corpo, mente, energia, spirito.

Accedere a un livello di coscienza superiore, questo ci riallineerà al movimento del cuore della Terra e modificherà davvero il nostro modo di vivere.

LA NATURA…NON AMATELA GRAZIE, RISPETTATELA

L’estate che sta finendo è stata terribile per la Terra. Il fuoco imperversa ancora in tutti i Continenti (eccetto l’Antartide, i cui ghiacci stanno peraltro fondendo) in Amazzonia, in Siberia, a Giava, a Sumatra, in Congo, in Angola etc.

Flames burning wood in the night on blue (byVictoria Schaal)

Intanto le nostre comode vite continuano a girare: Di Caprio offre 5 milioni di dollari per l’Amazzonia e riprende a svolazzare nel suo inquinante jet privato. Come biasimarlo? Siamo tutti in contraddizione, siamo tutti “impegnati a metà”: adoriamo i nostri animali e buttiamo la cicca della sigaretta per terra; vogliamo mari puliti per nuotarci d’estate e compriamo detersivi sempre più potenti da riversarvi dentro; aderiamo alla moda dei “bagni di foresta”, ma beninteso ci andiamo in suv!

Amiamo la Natura. Ne siamo convinti tutti. Ma la realtà è che l’amiamo a pezzi, a episodi, a zona (come la famosa dieta!) identificandola di volta in volta con un’emozione precisa, definita. Solo per noi, naturalmente!
ERRORE! La Natura, né buona né cattiva, ci rispetta. Non ci ama, non ci odia, semplicemente vive. E preservando se stessa, ci aiuta. O meglio, ci aiutava! Perchè ora qualcosa è cambiato: la Terra si sta trasformando energeticamente (la risonanza Schuman registra un nuovo picco, con ennesimo indebolimento dei campi magnetici e conseguenze climatiche gravi).


Poco le importa se non abbiamo capito e continuamo a non capire. Soccomberemo se non sapremo trovare un equilibrio, una coerenza seria, una maturità nuova nella gestione della nostra vita.
No, Niente amore, per favore! Il rispetto autentico, umile e costante sarebbe già un grande risultato!

FORZE DIVERSE PER COMBATTERE IL FUOCO DI SIBERIA

È notizia di poco tempo fa: gli sciamani di Siberia si sono riuniti per mettersi in contatto con la Madre Terra e con le energie dell’Universo e invocare il loro aiuto in modo da fermare l’apocalittico incendio che sta divorando le foreste.

Anche i Buddisti hanno annunciato di voler pregare le forze della Natura, chiedendo a tutti d’inviare le coordinate geografiche delle centinaia di focolai che si sono scatenati in pochi giorni.

Un pezzo di Siberia, grande quanto il Portogallo è già andato in fumo. Il grido di dolore degli alberi è avvertito da tutte le forze spirituali del Pianeta, mischiato al solito drammatico balletto di notizie che denuncia la fusione dei ghiacciai del Polo Nord, le contaminazioni nucleari nel mar del Giappone e in Russia, le ondate di caldo record nel mondo, il super tifone in Cina, l’aumento della presenza di tonnellate di plastica nei mari, l’epidemie di malattie negli alberi. Insomma l’Apocalisse delle Sacre Scritture.

Ai più scettici può sembrare un’ingenuità, personalmente sono fra quanti si rallegrano di constatare una certa evoluzione da parte dell’Umanità. Parlo di evoluzione perchè finalmente l’uomo comincia a capire che può/deve riappropriarsi delle proprie capacità ancestrali.

“Tutti i problemi nascono dalla perdita di frammenti d’anima, anima intimamente connessa con le forze della Natura” mi hanno spesso detto gli sciamani di mezzo mondo. La causa di questa perdita è sempre la paura, la conseguente arroganza del controllo, la volontà di dominio. La nostra società nella sua totalità ha perso il contatto con la propria parte invisibile, divina, spirituale. La preghiera, la pratica dei mantra, la meditazione individuale e collettiva, altro non sono che un’attivazione di energie “alte” proprie a tutti noi.

“Le nostre certezze mentali in verità sono le nostre più grandi bugie” sosteneva F. Nietzsche. Ed è sulla base di queste certezze che deprediamo e avveleniamo il Pianeta.

È interessante notare come in questi riti ci sia sempre una nozione di purificazione. Gli sciamani aiutano a cacciare gli spiriti malvagi cioè le idee negative. Potentissime, perchè (come le positive) “creatrici della realtà che viviamo”. Queste idee non sono nostre, sono ciò che già la tradizione greca antica cosiderava “Idola” forze spirituali, il Male.

Nell’attuale visione sciamanica del mondo, queste energie negative e basse hanno preso il sopravvento perchè abbiamo tradito il patto con la Natura, abbiamo interrotto la pratica di tradizioni ancestrali e dimenticato l’umiltà (di qui il ruolo delle offerte simboliche alla Madre Terra).

Ora la buona notizia è che una sempre maggior fetta di popolazione sta riaprendo le porte di un invisibile che è già dentro di noi, connesso al cosmo, causa-effetto assieme, perchè privo del dualismo che permea il mondo materiale e mentale. Basterà a fermare la corsa alla catastrofe? Di sicuro c’è la certezza che ognuno di noi può e deve fare la sua parte. Sì ciascuno, con le proprie forze e capacità. Come insegna la Natura in ogni sua minima, perfetta manifestazione.

L’ARTE DI AMARE IL LUOGO DOVE SI VIVE

Continuo a scrivere. Non saprei smettere neanche se lo volessi, ma presentare i miei libri, incontrare la gente è una pausa necessaria, un piacere autentico, mi nutre, m’insegna, mi è indispensabile per non inaridire l’inchiostro che conduce per mano le mie frasi.

Il 29 Maggio scorso ero ospite di un’iniziativa organizzata dall’Ing. Giovanni Cecconi di Wigwam Venezia (Associazione Nazionale Protezione Ambiente) nella bella costruzione a colonne bianche della Ricevitoria di San Giuliano, sulla laguna, sede, non a caso del Circolo Canottieri di Mestre. Erano previsti un certo numero d’interventi su temi molto vasti quali il turismo ecosostenibile, l’agriturismo (con testimonianze dalla splendida Maremma) l’inquinamento lagunare, lo studio delle antiche carte cinquecentesche e settecentesche riguardandanti la zona di Porto Marghera, Mestre, con tanto di mappatura di canali ormai scomparsi o mutati nel corso dei secoli.

Ero prevista anch’io, o meglio, io “con le mie ragazze” di “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono”  a dare un tocco di fantasia (si fa per dire perchè l’intelligenza e la capacità di comunicare del mondo vegetale è appurata ormai scientificamente) una ventata d’allegria ad una serata funestata da un maltempo che a Venezia trova un precedente soltanto nel maggio 1958.

A conclusione di una serata conviviale, allegra e interessante, più d’ogni altra cosa mi sono portata via l’impressione che tutte queste persone possedessero l’arte d’amare realmente la propria casa d’elezione. Che il segreto di un’autentica sensibilità ecologica fosse tutto in quel senso d’appartenenza a una comunità, una terra, spesso maltrattata e vilipesa, ma sempre incondizionatamente amata. Una sorta di spiritualità laica, trasversale e poliedrica, un senso di continuità col passato che dev’essere una missione nel presente, sembra davvero essenziale per assicurare una prospettiva a chi verrà dopo.

E tornando a casa, sotto la pioggia, mi è venuta in mente una diffusa pratica buddista che si chiama “Toccare la terra” e consiste nel chinarsi 6 volte per sfiorararla con fronte, gambe e mani “per entrare – come dicono – nel mondo delle cose cosi’ come sono”, per dissolvere cioè ogni sentimento di separazione e di distinzione dalla Madre Terra.

Nulla e nessuno puo’ esistere di per se stesso: ogni cosa nell’Universo deve inter-essere con tutte le altre. E queste persone, nella loro semplicità o erudicità, producendo olio d’oliva biologico o allevando animali in modo corretto, cercando di gettare le basi per un turismo compatibile con l’ambiente o battendosi per l’uso di barche elettriche a Venezia e per il rispetto del fragilissimo ecosistema lagunare, parevano aver ben recepito che amare significa non fuggire quel legame d’appartenenza che il destino ci ha affidato. Amare la propria casa è essere quella casa, riconoscere l’inscindibile trama della vita che a lei ci lega.

DELL’ARTE DI PARLARE ALLE PIANTE

Ogni volta che presento il mio libro Cosa fanno le mie piante quando non ci sono e mi ritrovo a dire che, come la protagonista del romanzo, gli parlo regolarmente chiamandole per nome, nell’auditorio noto che serpeggia una perplessa ilarità. Approfitto allora di questo blog per entrare un po’ nel vivo dell’argomento.
Premesso che parlare da soli è assolutamente benefico, perché ci obbliga a rallentare e ad ascoltarci – lo stesso Einstein ammise di ripetersi spesso le cose lentamente e a bassa voce – tengo a precisare che dialogare con le piante è cosa diversa e più profonda, perchè si tratta di un vero scambio fra esseri viventi che entrano in una sorta di armonica alleanza di energie. Chi ha l’abitudine di passeggiare da solo nel bosco, sa bene che in realtà penetra in un mondo che palpita e vive e comunica con il suo corpo energetico.

Negli anni ’70, l’agricoltore messicano Don José Carmen Garcia Martinez, trovatosi nell’urgenza di escogitare soluzioni per salvare il suolo sterile del suo terreno, si mise a parlare tutti i giorni con la Madre Terra, ottenendo, dopo pochi mesi, con un utilizzo irrisorio di fertilizzanti e senza pesticidi, degli ortaggi di dimensioni straordinarie, capaci di resistere alle malattie. La sua fama crebbe rapidamente in tutto il Messico, tanto che l’Università di Agronomia di Chapingo cominciò a studiare il fenomeno.

Don José sosteneva che il suo metodo in realtà era assolutamente semplice: comprendere le piante, trattarle con dolcezza, creare affinità, fare conversazione. “La vita delle piante è tale e quale a quella di ogni essere vivente” scrive nel suo libro El hombre que habla con las plantas.

Non solo, Don José usava nuovi alberi per attirare la pioggia, selezionandoli accuratamente e piantandoli secondo un tracciato poligonale.

L’Università di Chapingo eseguì allora tutta una serie di esperimenti nel deserto del Vizcaino dove non pioveva da 6 anni e nello Stato di Oaxaca (la patria della mia curandera Gudelia vedi art. di questo blog) seguendo alla lettera le indicazioni di Don José. Dopo aver piantato i nuovi alberi, nello stupore generale, sui due siti in questione iniziò a piovere a dirotto su una superficie di terreno pari a 30 km attorno alle zone rimboschite.

Per spiegare il fenomento si evocarono ipotesi legate alla fisica quantistica, riti già praticati dai Maya legati all’attivazione di circuiti elettromagnetici e quant’altro… mentre il buon Don José, divenuto un attivista ecologico, continua a predicare di piantare alberi nel mondo. Certo, non tutti possono ottenere cavolfiori di 45 kili come lui, ma perché non provare a salutare le vostre piante domattina con un bel BUONGIORNO?!

IL RITO DEL TEMAZCAL: LA SPA FISICA E SPIRITUALE DEI PRECOLOMBIANI

“Sancisce una vera e propria rinascita fisica e spirituale” Mi ripetevano tutti gli amici messicani, senza averlo beninteso mai provato personalmente. Potevo perdermi questa ennesima esperienza? Certo che no!

Ed eccomi dunque sulla strada per Coatepec, con tanto di autista e guardia del corpo, perchè il posto è selvaggio, immerso nella foresta attraversata da un rio roccioso, fra casupole aggrappate alla collina come per miracolo e un buio totale appena scende il sole (Ci fermeranno persino dei soldati della Guardia Nacional intenti a fare controlli) Quando scopriamo la porticina alla quale suonare, Juliano, il bodyguard è perplesso. Non si aspettava un posto tanto modesto. “Restiamo qui fuori per ogni evenienza” dice, toccandosi la tasca. È armato.

Eppure Guadalupe, la donna che mi apre, ha l’aria gentile e frettolosa di chi si è ben organizzata. D’altra parte, l’assoluta essenzialità della sua casa non dà una gran varietà di soluzioni. Mi fa entrare in una specie di corte interna, in parte col tetto di lamiera, in parte en plain air. Al centro, una capannuccia cilindrica, alta un metro e venti, in muratura, con un buco sul tetto, tappato da coperte. Sembra una tenda mongolica, bassa, per le renne. Scoprirò a mie spese che anche la temperatura esterna richiama la tundra. Cosa preoccupante perchè dopo un rapido tè dolcissimo che getto via quando non mi vede, devo mettermi in costume da bagno per iniziare la purificazione che si svolgerà in tre fasi.

 

Per affrontare la prima, mi porge una coppetta con cioccolato caldo e sali minerali. “Spargitelo dappertutto, io ti aiuto dietro”. Ho talmente freddo, là in mutande, nella tundra, che accolgo la proposta con il più grande entusiasmo, me lo sarei bevuto il cioccolato a dir il vero, ma intanto spalmo. Sul viso mi mette una maschera d’argilla, forse per evitare qualsiasi domanda generata dalla mia perplessità, perché la sento solidificarsi rapidamente come una maschera funeraria. Intanto l’effetto cioccolata calda è finito, sono una gelida mummia da pasticceria! Guadalupe intuisce che qualunque altra spiegazione va data al caldo e quindi m’invita nella grotta mongolica, dove attiva un brasero acceso. È qui che inizia la sauna.

L’originalità della cosa è che dobbiamo farla al buio, meditando, recitando preghiere e invocazioni dedicate ai nahuales del fuoco, aria, acqua, terra. Non contenta di avvertire il mio imbarazzo, mentre la cioccolata mi si solidifica addosso tipo barretta di Cioccorì e ripeto mantra in spagnolo, Guadalupe mi sorprende con getti d’acqua gelida o agitando mazzetti d’erba (di ruta) di un odore molto strano. “Perdona, pero es necesario” dice, poi comincia con le domande: “Cosa vedi? Immagina d’abbracciare un albero… descrivimelo…” Ora devo dirle cosa voglio lasciare dietro di me. Questo è molto interessante: “I dolori” dico, scoprendo subito che non è così semplice, ci affezioniamo anche a quelli. Comincio a sentire caldo finalmente, anche se il Cioccorì mi va dappertutto, vorrei restare là dentro. E invece no, Guadalupe mi dice che è ora di uscire e azionare, solo con la mano destra, una delle docce all’aperto.

“All’aperto???” Chiaro che non ce n’è altre. Le ho viste entrando, spartane, in fila, con le manopole di ferro arrugginite “E grida! Grida!” mi dice, mentre sono già piegata a 90 gradi per uscire dalla porticina della capanna. Chissà perché devo gridare… ho appena il tempo di pensare, mentre un violentissimo getto d’acqua gelata mi piove addosso. In effetti, grido.

“Insisti – dice Guadalupe – togli tutta la cioccalata”. È buio pesto nella tundra. Mi sbrigo, mi sciacquo e mi precipito nella capanna delle renne.“Come stai?” “Freddo” “ Perdona pero es necesario, sennò non urli fuori tutto ciò che hai dentro”

Siamo di nuovo al caldo e al buio e Guadalupe getta qualcosa nel brasero che fa un fumo strano che brucia gli occhi.”Ho preparato questo per te, con gli oli essenziali di cui necessiti, spargitelo su tutto il corpo usando i petali di rosa” Meno male che sono petali di rosa, al buio potrebbero essere anche lembi di pelle umana. “Spalmandoti questa pasta senza vederti, devi sentire le reazioni del tuo corpo” Effettivamente il mio corpo ha un sacco di domande, tutte riassumibili in una fondamentale: perché mi fai questo?

Le preghiere che Guadalupe recita sono molto poetiche semplici e antiche. Esprimono gratitudine alla Natura, umiltà, perdono. Ad un certo punto mi chiede di dedicarle a qualcuno. Le do il nome di mia figlia e la faccetta buffa della mia piccola inizia a rimbalzare fra le pareti della capanna. La rivedo a tutte le età. Devo essermi persa in una mia meditazione perchè ad un certo punto m’arriva una secchiata d’acqua fredda “Perdona, pero es necessario” la solita spiegazione “Devi chiedere cosa vuoi, ma non a voce alta. Perchè devi immaginare in grande” Altro punto interessante: sembra facile, ma messo di fronte all’urgenza della richiesta, ci devi pensare su!

Ormai lo so come va a finire. Mi aspetta la tundra, la doccia ghiacciata. “Grida!” figurati se non lo faccio! Devo eliminare ogni traccia di quella pasta su di me, fin nei capelli, altrimenti non posso tornare al caldo.

Terzo rientro. Altre erbe. Orazioni. Ringraziamenti. Secchiata d’acqua gelida in faccia, a tradimento. “No, non dirmelo, es necesario”.

Guadalupe prima di lasciarmi andare a fare la terza doccia siberiana, mi raccomanda di asciugarmi subito e vestirmi “Grazie tante, non intendevo tergiversare alla luce della luna” I miei vestiti sono dietro un paravento, umidi come funghi dopo la pioggia. Esplodo in uno starnuto, mentre mi porge il tè stomachevole di prima, ma adesso è caldo e ne bevo un po’ “Vedi ti stai aprendo, avevi un po’ di sinusite” Adesso mi verrà una broncopolmonite invece, penso fra me e me, mentre Guadalupe m’accoglie finalmente all’interno della casa. Accende una candela che mi dedica e finisce, anche lei, per raccontarmi la sua incredibile storia.

INVOCAZIONE MAYA PER TUTTI

Cari amici di blog,
In quest’inizio d’anno tutto nuovo, spinta dal vivo interesse suscitato dal mio libro “Cosa fanno le mie piante quando non ci sono” m’accingo a dedicarmi a nuove ricerche. Se le più recenti scoperte scientifiche stanno ottenendo grandi risultati sulla conoscenza del mondo vegetale, non ho mai ignorato infatti, avendolo riscontrato in molti Paesi in Africa, Asia, Centr’America, che popoli molto antichi possedevano già saperi, intuizioni, tradizioni, spiritualità e cosmogonie, capaci di penetrare i segreti più profondi della Natura.

È con questa sete di conoscenza che parto per il Messico, negli stati del Chiapas, di Tabasco e dello Yucatan (culle della civiltà Maya-Tolteca) per apprendere da alcuni dei superstiti depositari di quei saperi qualcosa del senso profondo del nostro esistere in seno alla Pachamama, la Madre Terra. Per questi popoli, oggi come allora, per i curanderos e le curanderas (i guaritori e le guaritrici), gli Yerberos (gli erboristi), gli Hueseros (gli aggiusta-ossa), gli Hechiceros (gli spiritisti) noi tutti siamo parte della più ampia comunità della Natura. E soltanto con le piante, i minerali, gli animali, nella comunicazione con tutti questi elementi è possibile raggiungere quell’armonia necessaria al nostro benessere anche fisico.

Ognuno di noi rappresenta un filo nel grande tessuto della vita. Corpo, mente, energia, spirito dell’uomo sono intimamente connessi alla Terra, perché anch’essa è un organismo vivente cosciente, intelligente, fatto di materia, energia e spirito, capace di autoregolarsi. Le piante sono creature protette, significative, indispensabili, a loro volta nostre guide e nostre guaritrici.

La profondità di queste filosofie risiede tutta nella loro tradizione pratica, nell’educazione all’esperienza della percezione e nella serenità che esprimono anche questi pochi versi che riporto qui sotto, come augurio di semplicità felice per il nuovo anno a tutti noi….

 

 

INVOCAZIONE MAYA

In verità, due volte grazie, tre volte grazie!
Perché fummo creati, perché ci vennero date le bocche e i volti.
Parliamo, ascoltiamo, meditiamo e ci muoviamo.
Sentiamo molto bene, conosciamo ciò che è lontano e ciò che è vicino.
Così abbiamo visto ciò che è grande e ciò che è piccolo sotto il Cielo
e sopra la Terra.
Grazie a voi siamo stati creati, costruiti, formati, originati.
Nostro nonno! Nostra nonna*! ”

*Nella Cosmogonia Maya, Nonni e Nonne sono i grandi antenati, i Creatori-Formatori, il maschile e femminile della Creazione.